Invasioni controllate è un libro ripubblicato ora e scritto a quattro mani nel 2007 da Emanuele Trevi e suo padre, Mario Trevi, il famoso psicanalista pioniere in Italia degli studi e della pratica junghiana.
Nel dialogo il padre fornisce una prospettiva che unisce la teoria psicoanalitica di orientamento junghiano e l’approccio terapeutico, mentre il figlio Emanuele, scrittore e critico letterario, arricchisce il testo con riferimenti alla letteratura e alla propria esperienza intima. Il dialogo tra i due, suddiviso in otto capitoli ognuno dei quali affidato a un esergo con una citazione che diventa centrale nel tema affrontato nel capitolo, crea una trama complessa, profonda in cui l’interazione tra psicoanalisi e letteratura diventa strumento per analizzare le relazioni umane in generale, il significato del dolore – con particolare attenzione alla figura di Giobbe – e il ruolo della memoria.
Nel libro viene detto più volte che Mario Trevi era un uomo estremamente riservato e schivo e certamente il dialogo fra padre e figlio riflette questa tonalità controllata; nessuno dei due uomini invade il territorio intimo dell’altro come se si tenessero rispettosamente sulla soglia al riparo della parola. L’opera esplora il concetto di “invasioni” nelle vite personali e nelle esperienze culturali, facendo riferimento a situazioni in cui emozioni, idee e memorie invadono e condizionano l’individuo, ma vengono “controllate” attraverso l’arte e la riflessione interiore. Eppure con delicatezza e attenzione il figlio cerca di comprendere meglio non solo l’aspetto professionale e intellettuale del padre, ma anche il suo lato umano, cercando di creare uno spazio in cui la barriera della riservatezza viene delicatamente esplorata e, in parte, superata. Sempre rimanendo tra il Qua e il Là che è una caratteristica precipua dell’ambiguità del simbolo, figura centrale in Jung.
Veniamo così a conoscere l’infanzia del padre negli stessi luoghi dove ha vissuto Fenoglio che era due anni avanti nella scuola elementare, i suoi rapporti con il Partito comunista durante la Resistenza e dopo, l’importante rapporto con la scrittrice Brianna Carafa (scrittrice oggi misconosciuta) prima di conoscere e sposare la madre di Emanuele e naturalmente le scelte professionali e i rapporti con importanti artisti. Risalta ancora una volta come la figura di un intellettuale del Novecento da una parte sia stato plasmato dalla storia che ha attraversato ma dall’altra, attraverso la sua opera e le sue scelte etiche e politiche, abbia potuto contribuire a dare forma a paradigmi interpretativi che hanno conferito intellegibilità e forma all’epoca che stavano vivendo. Da questo punto di vista al figlio, sebbene sia uno scrittore di talento, di necessità è riservato un posto “minore” socialmente e politicamente molto meno rilevante. Fa quasi tenerezza che il padre ricordi che a un certo punto della adolescenza abbia dovuto affrontare il figlio in un discorso che non sapeva bene come impostare per “proibirgli” di fumare hashish… I figli devono pur ribellarsi ai padri…
Il lettore di Invasioni controllate non può che mettere a confronto le figure e i rapporti fra i Trevi con quelli di un’altra celebre coppia di padri e figli più o meno delle stesse generazioni, il grande designer Enzo e lo scrittore Michele Mari. Il fantasma di due padri così ingombranti e così rivolti a se stessi, e al proprio sapere, aleggiano come enigmi nella scrittura dei figli. Tuttavia, Emanuele Trevi appare più riconciliato e meno conflittuale, mentre Michele Mari in particolare nel suo Leggenda privata (Einaudi, 2017) in una scrittura che mescola venerazione, ribellione e una sorta di fascinazione ossessiva per la figura del padre, rasenta l’apoteosi grottesca.
Due libri con due padri assolutamente affascinanti e irresistibili ma che – così mi sembra – mai hanno voluto cedere lo scettro ai propri figli dei quali pare non gli importi in fondo niente. E forse i figli manco si sognano di ucciderli. Il padre di Emanuele Trevi sembra scuotersi e provare una vera emozione solo quando a una domanda precisa del figlio sulla paternità risponde: “Tua sorella era incredibile […] è diventata una donna stupenda, completa.” Un lapsus vero e proprio. E dire che era uno psicanalista e sapeva tutto sulle relazioni e gli inganni delle parole.
A proposito di buffi lapsus Mario Trevi racconta un piccolo aneddoto di quando era piccolo e diceva le preghiere ma “invece di «liberaci dal male», alla fine del Padre Nostro, io avevo capito «liberaci dal mare». E mi dicevo che certo, il mare è terribile, ci si può annegare, ci sono le tempeste… eppure noi qualche volta ci andavamo, d’estate!”.