Emanuele Coen / la prima donna regista del cinema italiano

Emanuele Coen, La figlia del Vesuvio, SEM, pp. 176, euro 17,00 stampa, euro 8,99 epub

Potrebbe sembrare un personaggio minore, Elvira Notari. Per la storia del cinema italiano, in particolare per il cinema muto, è stata però una figura unica e irripetibile, pioniera di tante altre donne che hanno caratterizzato la produzione del nostro cinema, fino a oggi. Elvira Notari è stata la prima donna regista in Italia. I suoi primi passi professionali risalgono all’inizio del secolo scorso. Quando, nel 1902, da Salerno, dove era nata nel 1875, si trasferisce nella più dinamica città di Napoli. Elvira è una fanciulla di provincia, desiderosa di emanciparsi e, per questo, sensibile a ogni novità che le passa vicino. E le novità arrivano, per di più di grande suggestione e, in prospettiva, di grande importanza. Proprio in quegli anni i fratelli Lumière avevano inventato il cinematografo. A Napoli, “dritti dritti” da Parigi, arrivavano i loro primi film. Elvira, incantata, non se ne perdeva uno. Imparò a fare cinema guardando proprio questi film.

Con il marito Nicola, conosciuto poco tempo prima, dà vita a un laboratorio specializzato nella stampa, titolatura e coloritura delle pellicole. Nicola infatti è pittore, anche se non di grande successo e, all’epoca, la coloritura dei fotogrammi era l’unico metodo conosciuto per passare dal bianco e nero al colore. Ben presto su questo lavoro si innesca la creatività di Elvira, soprannominata “la marescialla” per il carattere risoluto e la capacità di mettere in riga molte persone. Inizia così la produzione di film e cortometraggi. A decine. La sua fama si diffonde in tutta Italia e attraversa l’Oceano. Tra gli emigrati italiani a New York è amatissima. Questo le verrà molto comodo quando deciderà di espatriare per evitare problemi di tasse e di censura. In quel periodo, i film venivano prodotti solo a Torino e Napoli. Roma esploderà solo nel dopoguerra per un primato che dura fino ai giorni nostri.

La critica torinese la attacca accusandola di fare film troppo vicini alla vita del popolo. La stessa censura aveva da dichiarare che i suoi film “offendono la dignità di Napoli”. Ma proprio qui sta uno degli indiscutibili punti di forza dell’energica regista salernitana. Prima di altri, “scopre” la vita vissuta. Racconta la gente dei vicoli. Gira film “veri”.

Tutto questo e molto altro viene raccontato da Emanuele Coen, scrittore e giornalista de “l’Espresso”: dal libro emerge uno spaccato quanto mai ricco della vita culturale che muoveva i primi passi nell’Italia unita. L’estro, il coraggio e l’avventura di certi imprenditori travalica l’idea che l’impresa nascesse solo per il profitto. Notari era profondamente affascinata dal mondo del cinema, dalle pellicole, dalle proiezioni. Chiamava tutto questo “l’imbroglio del lenzuolo”. Con l’avvento del colore anche il cinema di Notari smise di avere interesse e tutto finì: nelle sale, nei laboratori di coloritura, nei gusti dei suoi sostenitori, perfino per gli attori. Coen per ricostruire questa vicenda si impegna molto nella ricerca delle fonti. Scrive senz’altro un libro di narrativa ma con un forte ancoraggio ai documenti consultati. Purtroppo di Elvira Notari restano solo tre lungometraggi e la storia di un mito italiano di cui abbiamo perso le tracce.