Michael Moorcock è uno dei più grandi scrittori inglesi del fantastico. La sua è una figura fondamentale nella cultura della fantasy e della fantascienza ma nello stesso tempo originale ed eccentrica. Un autore che ha pubblicato e venduto moltissimi libri, ma che, nello stesso tempo, ha mantenuto un’aura di culto. Moorcock, che compirà ottant’anni il 19 dicembre di quest’anno, è ancora in attività, ma in Italia mancava da tempo sui nostri scaffali. Oscar Draghi, l’ottima collana del fantastico che ha pubblicato con successo volumi cartonati e illustrati di H.P. Lovecraft, E. A. Poe e C. A. Smith, ci consegna ora, dopo anni di assenza, un’opera essenziale: la saga di Elric di Melniboné. In volume unico ritroviamo i primi sei libri della saga in cui l’autore ripercorre tutta la vita e i momenti essenziali del percorso di Elric. La traduzione è quella classica di Roberta Rambelli, pubblicata dalla Nord fin dal 1978, rivista e corretta, mentre il volume è curato da Massimo Scorsone. Le illustrazioni in bianco e nero nel testo sono di James Cawthorne, un autore che è stato molto legato al personaggio e all’opera di Moorcock in generale. Le suggestive tavole a colori, in carta lucida, sono di Piotr Jabłoński e Robert Gould.
Creato nel 1961 nel racconto “The Dreaming City” e sviluppato negli anni fino a oggi con aggiunte alla saga principale (qui presente integralmente), Elric è un grande personaggio tragico e di toccante fragilità, esempio di come la fantasy non intesa come favola edulcorata e ripetitiva possa raggiungere vette altissime di originalità. Questo anti-eroe pallido e dai capelli bianchi, sensibile, sofferente per il suo ruolo e pieno di dubbi angosciosi, minato da una malattia senza cura, dominato dalla spada Stormbringer che porta morte ovunque, coinvolto nell’eterna lotta tra il Caos e l’Ordine, conscio di essere solo una pedina mossa da forze cosmiche, è la reincarnazione della figura archetipica moorcockiana del Campione Eterno.
La particolare originalità e anomalia del personaggio di Elric non gli ha impedito di esercitare una grande influenza nella letteratura, nel fumetto (si vedano i bellissimi adattamenti di Philip Craig Russell), nei giochi di ruolo e addirittura nella musica rock.
Moorcock del resto non è stato solo scrittore, ma anche chitarrista e cantante. La sua carriera musicale è lunga, ma la sua opera si limita ad una manciata di album a proprio nome (ma ce n’è uno nuovo in arrivo per fine anno!) e ad alcune collaborazioni con band di culto come Blue Öyster Cult e Hawkwind. Questa grande e prolifica band inglese di space rock in cui militò anche Lemmy dei Motörhead, dedicò ad Elric ben due album: Warriors on the Edge of Time (1975), con la collaborazione dello stesso Moorcock, e Chronicles of the Black Sword (1985).
L’opera musicale del nostro autore intrattiene sempre uno stretto rapporto con le sue creazioni letterarie, basti citare due brani dei Blue Öyster Cult da lui scritti (Black Blade e Veterans of the Psychic Wars) che riprendono momenti e temi della saga del negromante albino.
Un ritratto dell’autore inglese non potrebbe essere completo senza citare anche il suo impegno come giornalista e caporedattore della rivista “New Worlds”.
Quel periodico seminale (diretto da Moorcock dal 1964 al 1973) ha operato una vera e propria rivoluzione nella letteratura di SF e Fantasy facendosi portatore di una nuova onda di scrittori pronti a sperimentare nuovi stili e temi nella letteratura fantastica. È proprio su “New Worlds” che viene pubblicato un seminale articolo di James Ballard (“Which way to inner space?”) che diventò ben presto un vero manifesto letterario. Lo scrittore inglese era convinto della necessità di abbandonare gli spazi esteriori, quelli delle banali space opera, per dedicarsi a esplorare quelli interiori, i meandri psicologici, l’inconscio e la mente dell’uomo. Questo saggio si rivelò di grande forza e influenza e diede impulso a numerosi nuovi autori facendo sì che su “New Worlds” venissero pubblicati più racconti premiati che in ogni altra rivista del periodo. Tra i grandi autori che emersero nella rivista, non possiamo non citare Brian Aldiss e Thomas M. Disch oltre, ça va sans dire, allo stesso Ballard.
Tornando al volume appena uscito, Oscar Draghi ha scelto di ripubblicare la saga classica ed è giusto così, anche perché è un’opera immancabile in una collana che voglia offrire i classici di questo genere. I fan dello scrittore, però, desidereranno leggere anche gli ulteriori romanzi, intermedi nella cronologia interna, che l’autore ha dedicato nel tempo al personaggio. Sto parlando di un dittico di romanzi degli anni Novanta e di una trilogia degli anni Duemila, mai pubblicata interamente in italiano. Insomma c’è materia per un altro volume, o forse addirittura due, dato che esistono anche una manciata di racconti e di novelle pubblicate solo su rivista in cui compaiono Elric o personaggi a lui legati. Ma come dicevo, ci sono decine di libri inediti di Moorcock, non solo i volumi finali di alcuni cicli (per esempio gli ultimi due de La grande storia della Runa magica) ma anche saghe interamente inedite o quasi (Jerry Cornelius, fondamentale personaggio di enorme influenza sull’opera a fumetti di Grant Morrison, Von Bek, A Nomad of the Time Streams, The Dancers at the End of Time, Between the Wars). Sarà il momento giusto per godere in lingua italiana di altri romanzi di questo scrittore così centrale? L’appassionato spera e noi con lui appassionatamente speriamo.