Edgardo Cozarinsky / L’iniziazione è dark

Edgardo Cozarinsky, Dark, tr. di Alessandro Gianetti, Arkadia, pp. 84, euro 15,00 stampa

Se Dark (2016) è una delle ultime opere pubblicate in vita dallo scrittore argentino Edgardo Cozarinsky, morto nel giugno 2024, la continuità con il resto della sua opera letteraria – quantitativamente abbondante nel periodo che va dal 2001 fino, appunto, al 2016 – è evidente, tanto nella scelta della forma breve quanto nella pratica di una scrittura felicemente conturbante, inaugurata già nel suo primo romanzo, datato 1985, Vudú urbano, diventato di culto in Argentina, ma elogiato anche da prestigiosi lettori internazionali come Ricardo Piglia, Guillermo Cabrera Infante o Susan Sontag. Ed è, con una vaga analogia con l’opera di Marguerite Duras, l’opera di un autore di letteratura che nella prima parte della sua vita si è dedicato al cinema, durante il suo esilio parigino, più che quella di un cineasta imprestato alla letteratura.

Lo conferma, tra i vari possibili motivi, la ricorrenza di una scena madre in molti testi – come ad esempio “(Babylone Blues)” [sic] del 1979 o Dinero para fantasmas (2012) – nella quale un adolescente cerca di sfuggire dal proprio mondo monotono, perlopiù borghese, inseguendo la possibilità ammaliante (e, in molti modi, formativa) dell’avventura. Scena madre che ha molto a che fare con l’iniziazione alla letteratura, condita senz’altro da un chiaro bovarismo, e che infatti si ripresenta proprio come tale in Dark (proposto ora nella sempre puntuale e tersa traduzione di Alessandro Gianetti): Víctor è un adolescente attratto dalla possibilità di fare tutte le esperienze possibili nella Buenos Aires degli anni Cinquanta, allo scopo dichiarato, e inizialmente un po’ ingenuo, di poterne, scrivere.

Ad aprirgli alcune porte, mantenendo una certa ambigua ritrosia su altre, che restano chiuse, è Andrés, uomo adulto e dal passato oscuro tanto quanto il titolo del romanzo breve, all’interno di un rapporto pigmalionesco che assume occasionalmente i tratti dell’abuso. Se, però, Andrés intrattiene un rapporto con l’omosessualità, innanzitutto la propria, e quindi con lo spettro pedofiliaco assai contorto e che non sfocia mai nella violenza – pur fantasticandola nei confronti di terzi, in un inquietante rimando alla psicopatologia del suo passato, anche a livello politico – a riconoscersi come abusante è Víctor, che esce, nomen omen, vittorioso dal suo confronto con Andrés.

È Víctor, infatti, a crescere e a raggiungere la maturità, in un percorso di iniziazione che molti anni dopo lo porta, in effetti, a essere autore letterario, a prescindere dal numero di esperienze davvero vissute e sulla base, invece, di tutte quelle tentate o, appunto, fantasticate. È proprio l’intreccio tra la scoperta della sessualità e la scoperta della letteratura – con i fantasmi che esse comportano, a tutti i livelli, compreso, ancora una volta, quello politico – a costituire il nucleo incandescente, e inevitabilmente anche oscuro, di Dark.

Non può essere altrimenti, del resto, se si tenta una lettura del testo in chiave di biografismo e, al tempo stesso, di storia letteraria: e se Cozarinsky, in questa sua opera tarda, fosse risalito alle sue effettive esperienze del mondo letterario della Buenos Aires degli anni Cinquanta e Sessanta da lui conosciute, con la frequentazione di Jorge Luis Borges, Silvina Ocampo e Adolfo Bioy Casares? E se il racconto di Víctor contenesse, ben nascosta, anche qualche traccia di quel Borges al quale Cozarinsky dedicò il saggio Borges e il cinema, pubblicato in varie edizioni tra il 1974 e il 2022? Tutto tornerebbe, come tutto infatti torna, in controluce, nell’oscuro eppure chiarissimo racconto di Dark.