Il termine “pulp” rimanda a riviste di carta scadente e dalle copertine colorate, a storie di avventura, sport, fantascienza, western, esplorazioni e, soprattutto, le infinite varianti del racconto criminale, capace di violentare ogni punto di vista: di investigatori, vittime e “fuorilegge”. Il noir, l’Hard-boiled, il poliziesco, l’investigazione concettuale e tutte le classificazioni letterarie che hanno approfondito questo mondo a latere che incombe sull’American way of life, sono stati – assieme alla fantascienza – il motore creativo di un fenomeno gigantesco in cui la cultura popolare, con i suoi libri usa e getta da abbandonare sui sedili dei treni e delle metropolitane, ha rappresentato lo specchio oscuro di esistenze reali che si sono costantemente protese verso la letteratura, il cinema e il fumetto. Non si è trattato certo di un fenomeno solo statunitense (Francia e Gran Bretagna sono state la patria di autori e autrici straordinari), ma il gigantismo americano ha fatto sì che si creasse un’industria culturale a basso costo, una fabbrica diffusa della narrativa che vedeva come terminale della filiera lo scrittore mal pagato, seriale, flessibile. Il perfido successo del pulp è di fronte a noi nel constatare come, da Charles Bukowski a Quentin Tarantino, senza dimenticare la musica, l’aspirazione alla radicalità è elemento fondamentale anche estetico della fruizione di questi testi. Evitando di parlare del contrasto tra culture censorie e liberatorie, il racconto noir nella dimensione pulp ama e protegge i suoi stereotipi, in equilibro tra fantasie e realismo in cui il fallimento, la violenza e l’ingiustizia sono elementi chiave della vita come dell’immaginario.
Ed Brubaker, lo sceneggiatore, e Sean Phillips, il disegnatore, sono una coppia importante del fumetto noir, soprattutto per una scelta di campo che colloca le loro storie dalla parte degli sbandati, dei falliti, dei perdenti, degli sconfitti. L’assolutismo di questo punto di vista li colloca nella sfera di autori come Jim Thompson e di Joe Lansdale (anche se non hanno abbracciato il suo contrappunto grottesco) a cui una serie come Criminal si protende in molti degli episodi. L’ultima graphic novel della coppia è appunto Pulp, storia western, politica e sociale che segue a ruota Un brutto weekend (Panini, 2021) e I miei eroi sono sempre stati tossici (Panini, 2020) e la più corposa Dissolvenza al nero (Panini, 2018).
Max Winters, il protagonista di Pulp, è appunto un anziano autore a buon mercato che scrive storie western. Vive a New York nel 1939, ma da giovane era stato cowboy e, a causa di una serie di soprusi, era diventato un fuorilegge ricercato dalla nefasta Pinkerton, la milizia privata utilizzata anche per le rappresaglie antisindacali. Vecchio, stanco e malato sopravvive con i pochi soldi della rivista Six-Gun Western, una testata realmente esistente nell’universo pulp uscita per quattro numeri tra il 1937 e il 1938. Sono storie di vendetta, amicizia, coraggio e morte, di superamento dei limiti che la vita di frontiera impone per sopravvivere. Ma Max Winters, ha raggiunto il suo limite nella metropoli, scontrandosi con le paghe sempre più basse e la concorrenza degli scrittori giovani, con la violenza vigliacca dei teppisti, con l’antisemitismo e il diffondersi del fascismo.
Come in un gioco di specchi, scrittura pulp, vita vissuta e dignità si mescolano al di fuori della legge, dove le soluzioni si ottengono con le armi, accettando il rischio e fidandosi dei propri compagni di avventura, cercando i soldi indispensabili dove si trovano. Sullo sfondo un episodio storico reale, l’adunata di nazisti statunitensi del German American Bund che si tenne il 20 febbraio del 1939 al Madison Square Garden, una parata antisemita che si svolgeva a un anno dalla notte dei cristalli in Germania e dopo il diffondersi di notizie di uccisioni e deportazioni di oppositori politici ed ebrei. È così che si chiude un’intera vita iniziata nel mondo western degli allevatori, segnata dal sopruso e dalla morte e dal rifiuto di un sistema di leggi imparziale. Si chiude nella tragedia di un mondo che si appresta a entrare in guerra e in cui, almeno nella storia di Ed Brubaker e Sean Phillips, contano la solidarietà, il sacrificio e il farsi giustizia da soli, visto che il mondo della legalità condanna all’emarginazione, alla povertà, alla solitudine.