Ormai già esplorate e tradotte tutte le opere maggiori del più tardo periodo francese – successivo alla “disintossicazione” mentale e relativa cosmesi obliosa del suo passato di fiancheggiatore della Legione dell’Arcangelo Michele e della Guardia di ferro, il fascismo rumeno del “capitano” Corneliu Codreanu, che, già esule a Parigi, lo porta a cambiare lingua e firma (non più Emil ma E.M. Cioran), tentando di emanciparsi (forse rinnegandola) dalla propria biografia e di riscriverla – restano ancora inediti pochi testi giovanili scritti in rumeno. A questi ultimi va attingendo ultimamente Adelphi che ha già pubblicato nel 2022 Finestra sul nulla e ora manda in stampa questo Il crepuscolo dei pensieri.
La raccolta di aforismi uscì originariamente – stampata a proprie spese – a Sibiu nel 1940. In quegli anni Cioran è reduce da una lunga permanenza in Germania dove ha approfondito la lingua e soprattutto si è entusiasmato per il nazionalsocialismo e per la figura di Hitler – «Hitler ha portato a compimento le battaglie politiche con ardente passione e con spirito messianico ha dinamizzato un sistema di valori che il razionalismo democratico aveva miseramente ridotto a banalità e trivialità», aveva scritto nel 1934 sulla rivista “Vremea” – “Il Tempo”, periodico vicino all’ambiente legionario – dove era uscito a puntate il suo reportage Impressioni da Monaco. L’importazione e l’adattamento del modello nazista al suo paese verranno teorizzati in La trasfigurazione della Romania, pubblicato in prima edizione nel 1936 e ristampato in seconda edizione nel 1941, qualche mese dopo gli aforismi de Il crepuscolo dei pensieri.
Nel suo pamphlet politico il giovane Cioran si abbandonava a un antisemitismo virulento e scriveva che l’ebreo «non è, diversamente da noi altri, il nostro vicino […], per quanto possiamo entrare in confidenza con lui, è come se discendessimo da due diverse specie di scimmie. […] Non possiamo trattarlo come uomo, perché l’ebreo è prima ebreo e poi uomo» e aggiungeva che i problemi nazionali e sociali non sono che “una questione di pulizia” – passi che, anni dopo, cancellerà con penna rossa sulla propria copia del libro. Codreanu ringrazia personalmente e si congratula per lettera con l’autore. La più flagrante contraddizione del pensatore rumeno nel corso degli anni ’30 è poter conciliare questa pubblicistica ultranazionalista con il contemporaneo, tormentato confronto con la mistica cristiana che produrrà nel 1937 Lacrime e santi (Adelphi, 1990).
Proprio mentre è in libreria Il crepuscolo dei pensieri, nel novembre del 1940 – la dittatura militare di Ion Antonescu si è da poco insediata al potere costringendo re Carlo II ad abdicare in favore del figlio Mihai – Cioran pronuncia a Radio Bucarest un infervorato discorso in occasione del secondo anniversario della morte di Codreanu (fatto arrestare e strangolare nel 1938 da Carlo II per bloccare le eccessive ingerenze dei guardisti sul governo), «Oltre a Gesù, non c’è defunto più presente tra noi viventi […] Un defunto che ha effuso un profumo di eternità su questa pula umana e ha ristabilito il cielo sopra la Romania». Così Horia Sima, il successore di Codreanu a capo del Movimento legionario, lo nomina addetto culturale presso l’ambasciata rumena a Vichy e Cioran ripara in Francia con tempismo perfetto. Non subirà le conseguenze mortali della repressione di Antonescu dopo il fallito putsch legionario tentato da Sima: per tre giorni i camerati di Cioran avevano assediato i quartieri di Bucarest abitati da ebrei, appiccando incendi e uccidendo 120 persone, alcune delle quali torturate al mattatoio e appese ai ganci da macellaio con al collo il cartello “carne kosher”.
Anche se Cioran cercherà di fare pubblica ammenda nei confronti degli ebrei in La tentazione di esistere (Adelphi, 1984), uscito molto più tardi, nel 1956, è questo l’insopprimibile contesto in cui maturano gli aforismi che Il crepuscolo dei pensieri ci consegna. Al di là delle contingenze storiche e ideologiche, però, lo scrittore conferma e anticipa in questo testo tutti quelli che saranno i nodi tematici fondanti della sua cupa e caustica riflessione futura: la noia, la solitudine, l’insonnia, il rimorso, il suicidio, l’oblio; e non c’è traccia qui, come in altre opere filosofiche giovanili, delle fanatiche invettive del suo alter-ego guardista. Il titolo che all’inizio avrebbe voluto dare alla raccolta era Breviario della pena, forse più bello di quello preferito poi e in perfetta sintonia con la catartica disperazione di sempre, che il lettore ritroverà immancabilmente anche nelle fulminanti sentenze rivelate in queste pagine. «Tutto il segreto della vita si riduce a questo: essa non ha alcun senso, eppure ognuno di noi gliene trova uno»