Come rubare un Magnus (Oblomov edizioni) conclude la trilogia di Davide Toffolo i cui primi capitoli sono stati Intervista a Pasolini (2002) e Il re bianco (2005). Oltre ad essere un fumettista Davide Toffolo è anche il frontman dei Tre Allegri Ragazzi morti ed è reduce da Sanremo dove si è esibito con gli Extraliscio. Su spotify Ghost in Sanremo: Davide chiuso all’interno di una bolla, immerso in una vasca da bagno, ha raccontato ai suoi amici tutto quello che è successo nel festival blindato. E ha ascoltato, attraverso le loro voci, il mondo che è rimasto fuori. (Testo raccolto da Elisabetta Michielin)
Prologo
Quando ho cominciato a fare questo libro, quasi 15 anni fa, io che sono uno che non riesce a tenersi niente, ho raccontato in giro che avrei fatto questo lavoro su Magnus e quindi ogni disegnatore, ogni persona che lo aveva conosciuto mi ha regalato qualche cosa, qualche racconto su di lui. Onofrio Catacchio, che è un disegnatore della mia generazione, mi ha raccontato che Magnus durante un seminario aveva detto che le storie devono essere costruite con la regola delle cinque dita della mano dello sceneggiatore (prologo, personaggi, azione, finale, epilogo). A quel punto mi è sembrato giusto provare a costruire il libro con quel tipo di regola. Io stesso avevo fatto un corso di una settimana con Magnus alla scuola Feininger a Bologna più o meno nell’86 e lui ha parlato solo di sceneggiatura. Speravo che disegnasse ma in realtà non l’ha praticamente mai fatto per tutta la settimana. Invece ha raccontato come si costruiscono le sceneggiature, parlato di scalettature del soggetto, di trame e sotto trame. Aveva questi quaderni molto ordinati e complicati, molto molto belli, con queste liste, dove appunto – prima di cominciare a disegnare – metteva insieme tutte le ragioni per le quali il disegno doveva diventare ed essere quella cosa precisa.
Perciò il fatto di non averlo mai visto disegnare in quella settimana è stata una lezione doppia. Una lezione sul fatto che comunque il desiderio non è detto che venga sempre esaudito (parlo del mio di vederlo disegnare) e poi che il disegno, nel fumetto, non sempre ha una dimensione ludica, che è quella del disegno puro. Anzi, la maggior parte delle volte il disegno è parte di una scrittura. Perciò più pensiero c’è dietro e più il disegno diventa importante e ‘bello’…
Forse c’erano anche altre cose da imparare in quella settimana come – per esempio – la dedizione fortissima che lui aveva per il lavoro. E ancora che in quel momento della sua vita – penso avesse più o meno 50 anni allora – cercasse una alternativa, volesse diventare altro, forse un regista. Forse proprio perché la sua passione è sempre stata il fumetto narrativo, nonostante lui fosse un grandissimo disegnatore. Quello che gli interessava erano le storie, lo dice anche in alcune interviste: quando una storia è una storia importante può essere ristampata mille volte, può cambiare forma può andare nel mondo e, se è fatta bene, vale tanti soldi!
Personaggi
Quando ero poco più che un bambino ho cominciato a comperare i fumetti disegnati da Magnus e a anche quelli di Bonvi. I miei amici mi dicevano che facevano ridere forte. Erano i fumetti per la nostra età e non avevo bisogno che fossero più di un intrattenimento. A 15 anni – era il 1980 – un po’ per fare il figo, ho cominciato a comprare ‘Frigidaire’ che ha poi segnato fortemente la mia lettura ed è stata una fortuna perché se io non avessi trovato dei fumetti che erano stimolanti per me a quell’età, probabilmente avrei anche smesso di leggerli.
Magnus ha pubblicato dentro ‘Frigidaire’ una storia che si chiama Socrate’s count down, un countdown verso la morte di Socrate. Ho sentito poi che gli autori della rivista non erano così contenti della storia, perché – da quello che ho capito io – avrebbero preferito non una cosa intellettuale ma un fumetto che riprendesse l’energia delle sue cose delle origini, alla Kriminal per dire, però è comunque un fatto preciso per capire che Magnus veniva considerato un maestro assoluto anche dei grandi giovani maestri del fumetto italiano anni ’80. (Tamburini, Pazienza, Scozzari, etc.). Credo che il segno che ti distingue come disegnatore si porti dietro la storia di quello che hai letto, di quello che sei, anche la storia del fumetto, e se tu guardi Pazienza, se guardi Scozzari c’è tantissimo di Magnus. Magnus era il fumetto popolare ma era anche trasversale.
Magnus raccontava (e lo riprendo nel libro) che quando lavorava al ‘Vittorioso’ c’era un redattore che sui disegni se vedeva i seni delle ragazze scriveva “appiattire” vicino al disegno. Un’autocensura editoriale che ti obbligava anche a trovare vie traverse per disegnare. Su ‘Frigidaire’ non esisteva la censura, però Magnus ha preferito disegnare quella storia filosofica e malinconica.
Azione
Il mio libro è una specie di racconto fiabesco e favolistico. La storia di Magnus che si incontra con quella di Bonvi l’autore delle Sturmtruppen. La storia di un’amicizia. Le Sturmtruppen vendevano delle cifre esorbitanti ed erano dentro l’immaginario collettivo. A me risultavano come un prodotto assoluto: era difficile immaginare che dietro ci fosse veramente una persona ‘reale’ che le disegnava.
Il mio libro si può leggere senza sapere chi è stato Magnus e quindi potrebbe andare bene anche per un adolescente o un giovane che forse è interessato ad altre cose, ma da quello che ho visto in questi mesi del libro in libreria, le attestazioni più forti sono arrivate dagli altri autori, perché ho raccontato il nostro lavoro che è fatto di dedizione e di ossessioni. È un mondo, quello della fantasia, che ha bisogno della presenza costante del suo autore. Perciò in qualche modo tu devi rimanerci in collegamento.
Magnus di questo collegamento totale ne ha fatto un estremo perché ha rinunciato a tutto, rinunciato alla famiglia, ai figli e tutto quanto; a un certo punto se n’è andato da solo a Castel Del Rio per gli ultimi 10 anni della sua vita. Gli altri disegnatori di fumetti mi hanno riconosciuto di aver raccontato una cosa che altri non raccontano cioè il rapporto di un disegnatore con il proprio mondo.
Io compaio nella storia e faccio la parte di un disegnatore che, a causa di un forte mal di schiena, incontra un fisioterapista non vedente. Questo è successo davvero. Ma il personaggio è inventato e mi ha dato la possibilità di raccontare che cosa è l’immaginario di un fumettista senza la possibilità di passare attraverso il fascino del disegno.
Un’altra delle trame del mio libro è la storia vera del furto dell’originale di un disegno di Magnus. La storia sarebbe stata molto più divertente da raccontare (a partire dalla moglie Margherita, che ci aveva ci aveva avvertito dell’ossessione che gli appassionati del lavoro del marito vivono). Ho seguito questa storia che è quasi da detective, e l’ho usata come espediente per dire una cosa che mi preme. Che la vera forma d’arte del fumetto non è l’originale ma l’oggetto riprodotto. Il fumetto, appunto. La bellezza di questo oggetto è che tu andavi in edicola e con 150 lire compravi un pezzo di arte e io – senza dire sempre io – sono di quella generazione e anche di quella classe (una volta si diceva classe sociale) per la quale il mio accesso alla cultura non avveniva attraverso la proprietà di grandi libri. I soldi erano pochi e quindi la cultura che ho vissuto è stata quella dei fumetti, che erano per tutti.
Adesso non è più così e neanche i fumetti passano per l’edicola ma per la rete che è una miniera enorme. Sono un fruitore adulto della rete, non è quello lì il mio luogo anche se in Instagram ho ‘prodotto’ un libricino che si intitola Andrà tutto benino che è stato commercializzato on demand col sistema prima o mai inventato da Ratigher. Ci sono anche altri social tipo Patreon dove sostieni direttamente un artista che ti piace. Insomma capisco che, attraverso la rete, hai la possibilità di avere un accesso davvero enorme alla conoscenza.
Ad esempio Ed Piskor quello che ha fatto Hip Hop Family tree (me l’ha mostrato mio nipote Giovanni, che ha vent’anni e ama i fumetti) tutti i giorni commenta fumetti di tutti i tipi. È una enciclopedia non scritta ma orale con un accesso mondiale. Ti fai una cultura verbale che una volta era considerata la più fragile perché non aveva un supporto materiale e oggi nutre una quantità di persone enorme in tutto il mondo.
Per quanto riguarda Instagram seguo Alice Socal (una ragazza autrice del Nord Est andata a vivere a Berlino) che ha fatto una storia autobiografica sulla sua avventura di neo mamma bellissima. O Cristina Portolano che racconta la sua vita dentro Instagram non con le foto ma con i disegni. E molti altri, italiani e stranieri.
Finale
Sulla sua tomba Magnus ha fatto scrivere «…e il loro rimpianto mi annienta e poi mi consola…». È quello che tu provi nei confronti della perdita di un affetto che prima ti disintegra e poi con il recupero del ricordo in qualche modo ti consola. In ogni caso il mio non è un lavoro nostalgico. Questo lavoro l’ho cominciato quasi 15 anni fa poi il progetto è rimasto sospeso, sempre la mia testa, sempre a definirsi, in lavorazione, …. sono andato a Castel del Rio tantissime volte, ci vado ancora quando posso, e poi a un certo punto alla fine del lockdown precedente a maggio di un anno fa, questa cosa si è sbloccata e mi sono trovato a ripartire con una storia che aveva un umore diverso e non è stato facilissimo.
Non è nostalgico, ripeto, ma della malinconia in questo fumetto c’è.
Epilogo
A fine agosto esce una storia nuova su Remo Remotti, un’artista che ha fatto il pittore, lo scultore, poi è diventato un attore di culto dei film di Moretti e nell’ultima parte della sua vita è diventato un performer che raccontava le sue storielline dal vivo. Molto affascinante perché è un artista anarchico, libero, alle prese con l’immaginario artistico del ‘900. Quindi ho fatto questo libro sulle sue scritture, sulle sue filastrocche disegnate …da me. Una bomba vedrai, una bomba atomica. Uscirà per Rizzoli/Lizard, l’etichetta inventata da Hugo Pratt.