In un articolo apparso sul New York Times il 13 febbraio, dal titolo Have More Sex, Please!, la scrittrice Magdalene J. Taylor ha analizzato alcuni dati statistici raccolti dalla General Social Survey, che renderebbero evidente quanto il sesso sia sempre meno praticato dagli americani: circa un quarto del campione analizzato ha riferito di non aver avuto neppure un rapporto sessuale nel 2021. Un calo del desiderio preoccupante, secondo la scrittrice, non soltanto perché testimonia una solitudine sempre più diffusa e l’incapacità di stabilire relazioni persino sporadiche, ma anche per i risvolti sociali: il sesso non attiene alla sola sfera privata ma è un elemento di coesione e di benessere sociale.
Da un punto di vista e da preoccupazioni simili si muove il filosofo australiano Dominic Pettman nel breve saggio Ecologia erotica, pubblicato per la prima volta nel 2020 e ora tradotto per le Edizioni Tlon, dove si tenta l’analisi un po’ ardita dell’influenza tra desiderio, libido sessuale ed ecologia: l’impatto ambientale dei nostri desideri personali, da una parte, e quanto le problematiche legate all’ambiente, dall’altra, modifichino la nostra percezione dell’erotico. La premessa è che il periodo in cui viviamo è caratterizzato da un generale calo del desiderio e della ricerca del piacere; i rapporti sessuali sono sempre meno e sostituiti – quando lo sono – dal sesso virtuale e dal consumo del porno. La sovraesposizione a immagini collegate alla sfera erotica alimenta tutt’al più un sesso compulsivo, strettamente connesso con l’economia; le stesse app di incontri, che favoriscono la nascita di relazioni e di rapporti sessuali, sono dipendenti dall’economia libidinale e quindi in ultima sostanza dal sistema politico. In un’epoca di ansia e alienazione crescenti, in cui c’è sempre meno tempo per coltivare le relazioni, a essersi indebolito è anche il rapporto tra piacere e riproduzione tanto da paventare lo spettro di una potenziale estinzione di massa: Pettman arriva a parlare di “progetto sospeso (o forse abbandonato) della storia umana”. Un indice dell’esaurimento della libido (riprendendo Bernard Stiegler, che per primo ha sostenuto che stiamo raggiungendo il “picco della libido”, ovvero la stiamo esaurendo così come stiamo esaurendo il petrolio) è proprio la crisi demografica di buona parte dei paesi occidentali o afferenti a questi come il Giappone, un paese dove pure la componente erotica per tradizione è stata sempre molto importante.
Un difetto del libro è di essere scritto in un linguaggio non semplice (e probabilmente non semplice da tradurre), a volte un po’ forzatamente disinvolto e ironico a scapito della comprensione e della nitidezza del pensiero. La correlazione tra il declino della libido e il collasso ambientale non emerge con chiarezza. Al di là dei costi determinati dal turismo sessuale degli europei in Asia o nell’Europa dell’est, o delle migliaia di copie di Cinquanta sfumature di grigio finite al macero quando il libro ha iniziato a perdere di interesse per il mercato editoriale, o ancora della presa di coscienza ambientalista da parte dell’industria del sesso – che porta chi produce sex toys a rassicurare i propri clienti sul fatto che i prodotti sono in materiale biodegradabile – non risulta affatto facile quantificare quanto inquinino i nostri impulsi erotici. Dalla lettura del saggio, tuttavia, emergono numerosi spunti interessanti utili per alimentare tracciati di pensieri personali, nella prospettiva che il sesso non sia solo un fatto personale ma, essendo intrecciato nel profondo delle dinamiche sociali, abbia ricadute ben oltre la sfera dell’individuo.
“Ciò che siamo disposti a perseguire, sublimare o negare a noi stessi” – scrive Pettman – “diventa (o si rivela essere sempre stato) non solo una questione di identità politica o personale, ma anche di influenza, limiti e potenziale ambientale”. Il testo è intriso di rimandi a pensatori e filosofi quali il già citato Bernard Stiegler, che sosteneva un’idea di libido non collegata soltanto con la sessualità ma con la capacità di dirottare l’energia verso impulsi non sessuali; Freud, che per primo ha provato a definire e analizzare l’“economia libidinale”, ovvero i modi in cui bilanciamo il nostro potenziale erotico (le pulsioni collegate all’amore) distribuendo le risorse a livello fisico e psichico; Charles Fourier, al quale è dedicato il capitolo forse più interessante del saggio. Pettman definisce Fourier un “ecologista libidinale ante litteram” e rilegge le sue teorie provocatorie, a lungo fraintese e ridicolizzate. Fu un pensatore eccentrico, con molte criticità e con il “complesso del Messia”, ma che comprese le conseguenze dell’inibizione dei desideri determinata dalla civilizzazione, rendendosi conto dell’alienazione e della repressione prima di Marx e di Freud. Aspettava con impazienza lo scioglimento dei ghiacciai (che avrebbe portato a un clima più temperato) e il calo demografico dovuto alla crescente infecondità delle donne. Proprio nella sua visione libera ed emancipata delle donne emerge quanto egli fu anacronista e avanguardista. Pur essendo critico verso il matrimonio, Fourier non voleva abolirlo perché lo considerava un utile sostegno della vecchiaia, pur ritenendolo inadeguato alla gioventù, tanto quanto la chimera dell’unico vero amore. Nel paese che immaginò, Armonia, uomini e donne avrebbero riorganizzato completamente la vita regolamentando al meglio l’economia libidinale. La liberazione di Eros si sarebbe esplicata in cerimonie erotiche e in orge da svolgersi regolarmente in un grande edificio destinato alla comunità (il Falansterio), con partecipazione garantita per tutti. Ma, ed è questo il punto sottolineato da Pettman, queste nuove relazioni sessuali sarebbero potute nascere soltanto in un sistema radicalmente nuovo anche dal punto di vista economico, fondato sulla redistribuzione dei profitti e sull’uguaglianza: un ripensamento completo delle relazioni umane, quindi, sulla base di una economia liberata tanto quanto la passione.
Il termine ecologia, coniato da Ernst Haeckel nel 1866, sancisce più che la riscoperta della Natura il definitivo distacco da essa, che ora può essere studiata, classificata e può fare da sfondo placido ai due uomini vestiti accanto a una donna nuda, senza impulsi erotici manifesti, del quadro di Edouard Manet Colazione sull’erba (1863), di cui Pettman fornisce una lettura interessante. Dopo Darwin la natura non è più morale, cosa che d’altra parte ha permesso di riconoscere le “perversioni” del mondo animale, dove la monogamia è quasi del tutto assente e la sessualità queer è la norma. Eppure nelle comunità e nei gruppi che hanno deciso di assumere un punto di vista ecologico anche nella vita intima, il ritorno alla natura è la norma. È così ad esempio nel Manifesto Ecosessuale, pubblicato nel 2010 dalle artiste Annie Sprinkle e Elizabeth Stephens, dove per salvare la Terra dal disastro ecologico si incita al farne la propria amante. Un manifesto piuttosto vago e forse ingenuo, come riconosce Pettman, che propone l’amore di per sé e la liberazione della libido come uniche armi per risolvere tutte le questioni spinose riguardo all’ambiente. Un sex positivism tipicamente americano, a cui fa da contraltare lo sviluppo esacerbato dell’industria pornografica (ma d’altra parte anche la presente sexlessness raccontata dal New York Times): le due facce opposte della medaglia di un paese di impronta ancora puritana.
È difficile ipotizzare un modo alternativo di vivere il piacere, esterno rispetto al sistema capitalistico che ci vuole consumatori e intercetta ogni nostro spazio e tempo libero; costruire una sostenibilità del desiderio in rapporto al nostro stare bene e all’ambiente. L’autore auspica la formazione di una nuova ecologia libidinale, nella quale il desiderio sia riconosciuto come integrato nel vivere e non come un accessorio. L’ecologia libidinale è la sua proposta per un Green New Deal nel quale l’Eros svolga un ruolo importante, non solo nella sessualità ma nel piacere in senso ampio di e per la vita. Si tratta di sviluppare un’arte del vivere che sia essenzialmente erotica e abbia alla base la (ri)conquista del tempo per entrare in connessione uno con l’altro. Il punto non è desiderare di più o di meno, ma costruire una nuova idea di desiderio, ‘desiderare diversamente’. Anche se, a dire il vero, non si capisce come. E forse può servire affidarsi a uno dei nostri principali “poeti libidinali”, come lo definisce Pettman, Walt Whitman, che cantando il corpo elettrico (che si può pensare come un corpo dalla libido liberata e riconosciuta), scriveva: “È mai stato chiesto se quelli che corrompono i propri corpi nascondono se stessi? / E se quanti contaminano i viventi sono malvagi come quelli che contaminano i morti? / E se il corpo non agisce pienamente come fa l’anima? / E se il corpo non fosse l’anima, l’anima come sarebbe?” (Canto il corpo elettrico, tr. Giuseppe Conte, Mondadori 1991).