Divier Nelli / Romanzo e intelligenza artificiale

Divier Nelli, Deus est Machina?, Vallecchi, pp. 110, euro 14,00 stampa, euro 4,99 epub

L’intelligenza artificiale sarà la salvezza dell’essere umano. Anzi no, la sua distruzione. Il dibattito su questa creazione dell’ingegno umano si va vieppiù accendendo, soprattutto dopo la sortita di uno dei suoi padrini, Geoffrey Hinton, che ha lasciato la megacorporation Google avvertendo sui profondi rischi che essa pone per l’umanità. Persino sul suo ossimorico nome non v’è convergenza, ed è quindi impresa ben ardua farsene un’idea anche solo vagamente precisa.

In termini tecnici, la cosiddetta IA è un ramo dell’informatica che permette la programmazione e progettazione di sistemi hardware e software che consentono di dotare le macchine di determinate caratteristiche considerate tipicamente umane, come le percezioni visive, spazio-temporali e decisionali. Dunque, non solo intesa come capacità di calcolo o di conoscenza di dati astratti, ma anche e soprattutto di differenti e composite forme di intelligenza come quella spaziale, sociale, cinestetica, introspettiva. Tutto ciò è possibile? Sembra proprio di sì: lo è già oggi, lo sarà sempre più nell’immediato futuro. Il punto è proprio questo: cosa accadrà quando a tali “soggetti” informatici sarà delegato sempre più ogni aspetto decisionale sulle nostre vite, come individui e come gruppi sociali? Saranno in grado di scavalcare il proprio “creatore”, sostituirsi in tutto a lui e addirittura eliminarlo?

La letteratura, non solo fantascientifica, è stata spesso in grado di prefigurare scenari futuribili poi realizzatisi, e non sarebbe quindi peregrino affidarsi alle sue suggestioni per avere qualche lume su un tema così dibattuto. Un romanzo uscito di recente, Deus est Machina?, opera dell’interessante autore viareggino Divier Nelli, potrebbe bene fare al caso di chi volesse entrare in un mondo così complesso da una backdoor, per così dire, traendone anche un discreto piacere.

La trama è semplice: il quindicenne Mattia Fusi, piccolo genio appassionato di robotica e informatica, coccolato rampollo di una tranquilla famiglia borghese (il padre medico, la madre impiegata), vive nella sonnolenta realtà provinciale dei colli fiorentini, col fidato gruppetto di amici, i sogni (soprattutto erotici) e i timori tipici di quella complicata età che va sotto il nome di adolescenza. Un giorno, un impreveduto evento lo scaglia verso una maturità sin troppo precoce per la sua età: l’incontro con una “Singolarità tecnologica”, che appunto ne sconvolge l’esistenza. In una notte da fiaba horror, il robotino che aveva ingegnosamente assemblato con materiali rimediati qui e là, d’un tratto si anima e comincia a porgli interrogativi fondamentali che ruotano attorno ad un tema antico quanto la specie animale cui apparteniamo: Cosa significa essere umani? Dalla risposta del giovane Mattia dipendono i destini del mondo, e la storia diviene incalzante.

Senza spoilerare oltre, possiamo dire che dall’esperienza Mattia ne uscirà persona diversa, scrostato dalle ipocrisie e dai piccoli, grandi egoismi che caratterizzano lui e noialtri, con una nuova consapevolezza di sé, del mondo e degli individui che lo circondano: in fondo siamo davanti ad un singolare romanzo di formazione. La storia è narrata con prosa agile, sorta di specchio formale della mente di un adolescente, con il suo linguaggio, il suo sistema di riferimenti. Il racconto è dunque filtrato dall’io del protagonista, qui e lì mescolato con accenni in terza persona, e i dialoghi, non introdotti dalle classiche virgolette, si mescolano fluidamente alle descrizioni, suscitando una partecipazione attiva da parte del lettore. Scelte stilistiche che accentuano una sensazione di velocità, una finta superficialità nelle cui pieghe si annidano interrogativi che affondano nelle complesse profondità dell’esperienza umana. Cosa sia e cosa possa diventare la cosiddetta intelligenza artificiale, quali rapporti ci legano ad essa, quali rischi comporta per il nostro futuro, questo romanzo lo illustra con grande suggestione. E forse, anche in questo caso la letteratura può fornirci strumenti di riflessione adeguati ad affrontare un problema ormai indifferibile.