Siamo a Torino negli anni Settanta e la giovane protagonista Dora abita con la numerosa famiglia e una dozzina di gatti nella casa della prozia Dorina, per tutti “Dorina degli Spifferi”. Peculiare l’utilizzo ripetitivo del nome “Dora” che, di origine greca, significa “dono, regalo”: sia prozia che nipote hanno infatti un “dono” che le accomuna, ossia il poter ascoltare i sussurri dei trapassati, gli Spifferi. Nella casa la convivenza è molto rumorosa, chiasso e baccano sono l’anima gioiosa della famiglia, a cui si aggiunge il brontolio continuo del fiume Dora. Quando però Catlina, come in modo superstizioso viene chiamata la morte, avrà la meglio portandosi via uno di loro, il rumore diverrà silenzio, rendendo irriconoscibile la casa, apatici i suoi abitanti. Dora, circondata da così tanta tristezza, inizierà a sentire gli echi di spiriti inquieti e, spaventata, troverà una via di fuga solo grazie alla zia. Sarà questa la svolta della sua vita perché, a soli sei anni, verrà accompagnata alla Biblioteca Civica Centrale della sua città dove scoprirà il piacere della lettura.
Nel silenzio della biblioteca sarà avvicinata dall’avvocato Edmondo Ferro, lettore centenario che diventerà il suo mentore. Lui e la prozia Dorina saranno per la piccola i punti cardinali della sua crescita, le persone con cui sempre si confronterà e che ammirerà per tutta la vita. Mentre il rapporto con i genitori è invece difficile; poco presenti, non si accorgono delle necessità della figlia e delle sue tribolazioni. L’avvocato è il maestro che tutti avremmo desiderato incontrare, colui che con tono pacato e attraverso giusti e probi consigli, e ancor di più con le sue precise indicazioni di lettura, instilla l’amore e la passione verso la pagina scritta, facendoci cogliere l’intenzione ultima di ciascun autore. Rappresenta la forza intellettuale a cui aspirare. La prozia Dorina è invece l’incarnazione dell’accoglimento e dell’accudimento amorevole, è il cuore della famiglia, il calore del focolare, è la zia che avremmo voluto abbracciare e sulle cui gambe, come capita a Dora, avremmo voluto addormentarci.
Nella famiglia ci saranno cambiamenti e accadimenti repentini e, benché l’atmosfera del romanzo rimanga ovattata, fantastica e prossima alla favola, incontriamo pagine che danno una sferzata al racconto e un cambio di registro alla lettura, pagine che sottendono temi reali e concreti tanto da elevarsi con forza dirompente, inducendoci a profonde riflessioni. Tra questi, l’accettazione tout court delle nostre origini familiari; il riconoscere le nostre inclinazioni personali, compresa la parte più oscura e nascosta di noi; il rispetto verso la morte come accadimento innegabile della vita, che potrebbe portarci a contattare un mondo ultraterreno (e, come accadrà per Dora, starà poi a noi dover scegliere se ascoltare e accettare i sussurri di quel mondo). E, ancora, attraverso l’elenco dei titoli suggeriti dall’avvocato Ferro, siamo caldamente invitati a soffermarci sulle prospettive e sulle potenzialità che la lettura di un libro offre. Perché un libro ci sceglie e, come lui sostiene, “i libri hanno una voce e quando la si sente conviene badarle, perché il libro che ci chiama è certamente quello del quale abbiamo più bisogno”. Il romanzo giusto per noi, qualsiasi sia la nostra età, insegna, educa, e ci permette di vivere oltre la nostra quotidianità, dandoci gli strumenti giusti per ogni evenienza, tanto che lui aggiungerà, “leggendo possiamo vivere molte vite e avvantaggiarci delle esperienze di infiniti personaggi”. Pertanto, condividendo appieno il suo ragionamento, “noi lettori sappiamo fronteggiare ogni problema, perché l’abbiamo già affrontato seguendo la scia d’inchiostro tracciata da grandi autori del passato”.