Forme di vita. Batteri, virus, vertebrati, il grande mosaico degli abitanti il pianeta Terra. David Quammen è uno di questi abitanti: nel 2012 pubblicò un libro intitolato Spillover. L’evoluzione delle pandemie (Adelphi, 2014), termine sconosciuto ai più in quel tempo. Parlava di strani virus, di patogeni che improvvisamente infettano gli esseri umani attraverso il cosiddetto “salto di specie”. L’autore mescolava storie biologiche e reportage sugli scienziati che nelle foreste congolesi, nei mercati asiatici, nelle fattorie australiane danno la caccia a esseri invisibili e pericolosi investigandone i meccanismi d’attacco all’uomo. La presentazione si chiedeva quale entità avrebbe scatenato la prossima epidemia, emergendo da animali più o meno domestici e più o meno diffusi: maiali, scimpanzé, zanzare e pipistrelli. Chi poteva immaginare, dopo Ebola, HIV e SARS, che il mondo intero sarebbe stato invaso e devastato dal Covid-19? Eppure Quammen aveva preconizzato tutto quanto in Spillover, con i mezzi scientifici a sua disposizione (conoscenze dirette sul campo e scambi d’informazioni con gli studiosi), aveva descritto da par suo la pandemia zoonotica con focolaio in Cina effettivamente dilagata per ogni dove nel 2020.
Dopo il successo di Spillover arriva il nuovo libro, frutto di alcuni anni di studi e incontri, di scoperte e fenomeni imprevisti concernenti il DNA umano e il cosiddetto albero della vita, metafora inventata da Charles Darwin e via via modificata (alcune volte ingiustamente attaccata dalle sette creazioniste) dal lontano 1837 in cui il capostipite della teoria evoluzionistica iniziò a tracciare nei suoi quadernetti i primi schizzi delle proprie idee sui mutamenti della vita animale. Riflessioni del tutto provocatorie a quell’epoca. Era dato per scontato, allora, che qualsiasi creatura sulla Terra fosse stata plasmata da Dio. E di conseguenza immutabile. Ogni speculazione era ricondotta a un’unica questione di fede. In circa quattro miliardi di anni cosa è accaduto sul pianeta per configurare la grandiosità di forme di vita che tutti noi possiamo vedere? Forse dobbiamo rivolgerci a ciò che non possiamo vedere a occhio nudo, nelle misteriose trasformazioni chimico-fisiche avvenute in quell’enorme intervallo di tempo. Caso, necessità, transizioni, convergenze, vicoli ciechi, estinzioni, impercettibili mutazioni all’interno dei sottili filamenti di basi nucleiche chiamati DNA e RNA che contengono e trasmettono le informazioni genetiche di qualunque essere vivente. A partire dai virus, dai loro antenati, fino al sapiens.
Per Quammen scoprire che l’albero della vita, immagine considerata indiscutibile, organizzato in modo che da un tronco principale dipartono e divergono verso l’alto, in verticale, una somma di rami rappresentanti le diverse linee di creature, non sia del tutto corretto, o perlomeno incompleto, gli ha creato senz’altro sconcerto. Così come per coloro che si sono fermati agli studi regolari di scienza alle superiori. Forse anche per molti frequentatori di discipline universitarie. Lo scrittore s’imbatte negli scritti di un biologo, Carl R. Woese, promulgatore di un fenomeno piuttosto strano che si chiama trasferimento genico orizzontale. I geni, le basi dei cromosomi, si spostano lateralmente, da una specie all’altra? Mai sentito. Mai nemmeno supposto. I rami, dunque, possono intrecciarsi, e nel DNA umano si possono rilevare interi tratti provenienti da specie diverse, addirittura di antichissimi batteri, gli archei. In altri termini, qualunque cellula dotata di DNA, e appartenente a creature complesse, proviene da questi antichi microbi. “È uno shock, un po’ come scoprire che il proprio bis-bis-bis-bisnonno non veniva dalla Lituania ma da Marte”, commenta Quammen. Woese muore poco prima del 2012, impossibile parlargli. Ma l’autore raggiunge le molte persone che lo avevano conosciuto, parla con esse di questa teoria rivoluzionaria, e alla fine si occupa dell’intera faccenda. Studiando e leggendo è costretto a cambiare opinione sull’impossibilità del trasferimento genico orizzontale, rinunciando forse per sempre al canone corrente. Trova una ulteriore spiegazione al dilagare così rapido nel mondo delle resistenze batteriche dovuto all’uso indiscriminato degli antibiotici. Se l’informazione passa in modo velocissimo dallo Streptococcus pneumoniae allo Staphylococcus aureus, molto diversi dal punto di vista genetico, il gioco è fatto. Le tracce di tali viaggi sono visibili ovunque, in tutte le creature e negli esseri umani.
Cinque anni della propria vita Quammen ha speso per documentare e scrivere L’albero intricato. Un libro pieno di informazioni, di incontri e storie di scienziati per lo più sconosciuti al grande pubblico, che sorprendono non poco, e che in quest’epoca allarmata e allarmante illustra grosse verità e fa sbiadire certezze fino a ieri incrollabili. La complessità della genetica, di quell’albero “visto” quasi due secoli fa, aumenta con il progredire delle tecniche d’indagine, la biologia molecolare ha un forte ruolo nel presentarci un percorso evolutivo lungo miliardi di anni e ricolmo di meraviglie a cui nessun sapiens avrebbe mai potuto pensare. I limiti dell’immaginazione umana sono evidenti, pur nella sua straordinarietà. L’albero intricato (intricatissimo) descrive, con mano sicura, l’evidenza di invasioni aliene da parte di esseri a noi invisibili, avvenute sullo stesso pianeta da noi abitato da molto meno tempo. Invasioni a livelli molecolari, che ci fanno capire quanto le origini dei sapiens, creature composite, stiano in una zona buia e dove i confini fra le specie siano molto più labili di quanto si pensi o si pensava in passato. Nell’epoca attuale, dominata dall’evidenza macroscopica di quanto possono fare di brutto gli “alieni terrestri”, il libro di Quammen (insieme al precedente Spillover) chiarisce finalmente come gli ingressi al nostro genoma siano aperti da sempre e come la nostra individualità non sia mai stata estranea all’incombenza delle altre specie, soprattutto di quelle invisibili a occhio nudo.