Dante Alighieri e Gabriele Dell’Otto. Divina Commedia e illustrazioni (cento) di uno dei massimi disegnatori italiani le cui collaborazioni con Marvel e DC Comics sono diventate parte preponderante dell’immaginario di coloro che i “supereroi” li colgono negli album dati alle stampe più che nelle (ormai seriali) pellicole cinematografiche. Una firma ammirata in diversi ambiti espressivi, e che in questo album di vasto formato (34×51 cm) incontra Dante, e dunque si scatenano quantità di forze a cui è difficile sottrarsi. Basta osservare le espressioni sul volto, e le posture del corpo, dello stesso poeta per rendersi conto quanto le torsioni muscolari e soprattutto quelle psichiche si sviluppino dentro una materia del mondo emotiva, fantastica sì, ma corporale quanto la terra che si contrappone alla beata visione Celeste.
L’esattezza della filosofia religiosa di Dante affascina Dell’Otto fino alla fosforescenza, facendo diventare il viaggio attraverso le Cantiche un affascinante percorso psichedelico teso verso l’immortalità così come il Sommo pretendeva. La Prefazione di Alessandro D’Avenia si addentra, non certo a caso, nella felice e sottile disanima dell’eroe (“uomo” in greco) come figura delle origini, da Abramo ad Achille, dalle Epiche occidentali e orientali a Omero, fino a Joyce e Lacan. Nessun marketing, precisa D’Avenia, se qualcuno avesse dubbi sull’impresa avviata e conclusa dall’artista, poiché i classici in certi casi ci leggono e s’introducono nei miti odierni allo scopo d’insegnarci forme nuove di visione, anche sfacciate, ma capaci di varcare le dinamiche del fantastico.
Dante di Dall’Otto deve arrampicarsi sulle rocce, deve sostenere le esplosioni cosmiche quando la Terra passa la mano al Cielo: questo lo rende supereroe? Può darsi, così come è impossibile pensarci nello stesso modo in un mondo senza Dante, soprattutto in un’epoca in cui cominciamo ad affidare reale e fantastico a menzogne digitali. Il tratto artistico di Dell’Otto non è una macchinazione, in molte interviste apparse su quotidiani e riviste, si coglie lo sconvolgimento a cui ha dovuto abituarsi lungo il tragitto dei cento Canti: un quotidiano corpo a corpo in stretta unione con D’Avenia e Franco Nembrini. Quest’ultimo nella postfazione descrive l’incontro con Dall’Otto avvenuto nel 2014 a Roma durante un ciclo di conversazioni su Dante nella parrocchia di San Bernardo da Chiaravalle. È l’inizio di una profonda amicizia inaugurata con la visione di un dipinto nello studio dell’artista: Ulisse, non rappresentato – come di solito avviene – tra i flutti ma così come lo vede Dante, nella marea infuocata del mondo. Da quel momento Dell’Otto si sente pronto a dar seguito alla proposta di allestire un’edizione mondadoriana della Commedia, illustrata per ogni Canto e commentata da Nembrini. Un folle volo simile a quello perseguito da Ulisse, con la presenza attiva dell’Associazione “Centocanti”, composta da giovani, studenti e non, nata nel 2005, poiché la certezza di Nembrini è: Dante parla anche a chi non l’ha studiato.
Inferno, Purgatorio, Paradiso sono altrettante tappe di una missione che sembra alludere, nelle tavole del volume, a una specie di iperspazio che conduce all’Eden, a un “altrove” dove Beatrice è la figura mistica legata all’Eros. Dante rischia sé stesso e l’Opera al fine di raggiungere con tutti gli uomini la felicità. C’è qualcosa di pagano in tutto questo, e Dell’Otto lo capisce tanto da sposare i propri dipinti a una tavolozza coloristica presa direttamente dalle forze telluriche di un passato arcaico dove dovevano ancora nascere Doré e Botticelli, e pur anche Dalì.