Era ancora in corso la guerra degli Alleati contro il Giappone quando, a San Francisco, fu istituita l’Onu, l’Organizzazione mondiale della Nazioni Unite. Era il 26 giugno 1945. Un segno inequivocabile della frenesia di gran parte dell’umanità di uscire dall’aberrante logica della guerra di sterminio e realizzare una diversa pratica per dirimere le controversie tra paesi, basata sulla diplomazia e non più sulle armi. Un proposito messo nero su bianco nell’articolo 2, dove si prescrive ai paesi membri di “astenersi dalla minaccia o dall’uso della forza”. Un principio al quale si può derogare solo in due frangenti: per difendersi e sulla base di un mandato da parte del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
Eppure, nel corso dei quasi ottanta anni che ci separano da quegli alati propositi, molti sono stati i conflitti del mondo sui quali ci si è trovati a contestare alle Nazioni unite una sostanziale ininfluenza o, più chiaramente, un fallimento, dovuto anche al ruolo preponderante svolto nel dopoguerra da un’altra organizzazione sovrannazionale che pure era sorta per scopi puramente difensivi: la Nato.
È all’Organizzazione del Trattato Atlantico del Nord che secondo Daniele Ganser si devono alcuni dei conflitti o delle crisi più devastanti del pianeta. Iran (1953), Guatemala (1954), Egitto (1956), Cuba (1961), Vietnam (1964), Nicaragua (1981), Serbia (1999), Afghanistan (2001), Iraq (2003), Libia (2011), Ucraina (2014), Yemen (2015). Sono quelle che, sin dal titolo di questo libro, Ganser chiama le guerre illegali, perché, come cerca di dimostrare, contravvengono di fatto all’articolo 2 dello statuto dell’Onu, non essendo scaturite né per autodifesa, né su un esplicito mandato dell’Assemblea generale. “Gli Usa e la Nato sono un pericolo per la pace nel mondo, hanno ignorato molte volte il divieto all’uso della forza stabilito dalle Nazioni unite”, scrive.
Per capirne le ragioni Ganser scava nella nascita e nelle fondamenta dell’Onu, in quel Consiglio di sicurezza dove 3 dei 5 membri permanenti fanno parte integrante della Nato (Usa, Francia e Gran Bretagna). Questo ha fatto sì, scrive, che all’interno dell’Onu gli interessi dei paesi Nato abbiano “un peso assai maggiore.”
Le Nazioni Unite sono vittime delle menzogne che alcuni fra gli stati più potenti le propinano per giustificare le loro decisioni e tutelare i propri interessi. Molti ricordano le immagini del Segretario di Stato americano Colin Powell di fronte all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la fialetta in mano per dimostrare la pericolosità di Saddam Hussein e la necessità, dopo aver colpito l’Afghanistan, di colpire l’Iraq. Era il 2003. Una menzogna bella e buona cosi come quelle pronunciate dal premier laburista inglese Tony Blair. È solo un esempio fra i tanti che si potrebbero portare per suffragare la tesi di Ganser.
Nella sua ricognizione delle guerre “illegali” sfilano fatti noti e meno noti, alcuni rimossi e di cui oggi sarebbe molto utile tornare a parlare. Come ad esempio nel caso del colpo di stato contro il premier iraniano Mossadeq nel ’53, condotto dagli americani per impadronirsi del petrolio iraniano – pochi mesi dopo che era stato nazionalizzato – sottraendolo a un decennale servaggio a vantaggio degli inglesi. Mossadeq, fiutando il pericolo imminente, nei mesi precedenti aveva cercato l’appoggio internazionale, ma per tutta risposta fu liquidato e messo agli arresti. In tutto il mondo (guarda caso, soprattutto in Italia) non si parlava di questo golpe che rovesciava un governo legalmente eletto, ma delle vacanze romane della bella principessa Soraya e dello Scià Reza Pahlavi che proprio in quei giorni fu costretto, pena la perdita del trono, ad accettare il golpe.
Una menzogna accatastata su un’altra menzogna, in barba alle convenzioni internazionali e al volere dell’Onu che si era rifiutato di appoggiare le mire anglo-americane sul petrolio iraniano. Alcuni si sono chiesti se ciò non determini la necessità di ripensare profondamente il ruolo delle Nazioni Unite e, magari, decretarne la fine. Una domanda a cui Ganser non si sottrae, immaginando però non la soluzione ai problemi ma un loro accentuarsi: “Avremmo un mondo in cui gli stati più forti, tra cui l’impero americano, ricorrerebbero costantemente alla forza per imporre i loro interessi, in collaborazione con la Nato, avremmo un mondo in cui i poveri e i deboli si difenderebbero con il terrorismo diffondendo paura e sgomento nei paesi della Nato seguendo lo schema della guerra asimmetrica. Insomma, avremmo una serie infinita di conflitti e attentati terroristici al punto che nessuno saprebbe più dire dove e perché sia cominciata una guerra, chi si nasconda dietro l’ultimo attacco e come uscire definitivamente dalla spirale della violenza.”