Dall’archivio di Daniele Del Giudice in cui sono conservati i materiali dello scrittore dopo la sua morte, Enzo Rammairone appronta una scelta di testi dove – attraverso gli autori prediletti, Levi, Calvino, Conrad, Svevo – la “visività” e la forma del libro s’intrecciano strettamente a ciò che vediamo del mondo: sta qui l’integrità di uno sguardo, attraverso cui dare un senso alle azioni umane, un futuro a passati talvolta risolti in tragedie. La saldezza dei temi, la testimonianza di Primo Levi frontale davanti alla macchina annientatrice del Lager dopo esserci stato dentro, nel meccanismo adatto a non lasciare superstiti. Le inclinazioni geografiche percorse dall’occhio moderno di Palomar indagate dall’ultima esperienza di Italo Calvino. Descrizioni che trattengono la maglia dilavata della realtà così come la conosciamo. Attenersi al cosmo, per Calvino così come per Del Giudice, si trasforma nell’acuta indagine di ciò che si trasforma. E che trasfigura lo spazio poiché gran parte delle dimensioni sono nascoste alla biologia umana. Le diverse età di Conrad rimbalzano fra terra e mare secondo le occasioni date da giovinezza e maturità anche contrastandosi. I rapporti tra l’opera e la vita di uno scrittore si giocano spesso sulla persona, sul nome portato, così come per Svevo scrittore inventato dal signor Ettore Schmitz: “… i tre romanzi di Italo Svevo hanno tutti a che fare con la bugia”.
Ma Del narrare possiede in sé molteplici occasioni verso le quali il lettore attento può rivolgersi per considerare la complessità letteraria, tra classico e moderno, e dunque misurarsi con la molteplicità del nostro tempo. Articoli e interventi, alcuni ancora inediti o mai raccolti in volume, dagli iniziali anni Ottanta al primo decennio del Duemila, verso cui Rammairone si rivolge con rispettosa permanenza, pari almeno alla delicatissima vocazione di Del Giudice verso l’etica del lavoro letterario mai separato dall’etica della testimonianza. I saperi linguistici sono profondi, sia nella materia degli scritti sia nell’atto del vivere. Nell’intrecciarsi delle interazioni fisiche della materia con i sentimenti umani. E fu per lui necessario ragionare sulle prime avvisaglie della diffusione dei dati, e su quanto l’informatica potesse (ben prima di ChatGpt) influenzare i procedimenti interni della scrittura, modificandone il canone.
L’azione di Staccando l’ombra da terra si poteva compiere proprio perché Daniele incontrava gli altri, diventando i personaggi della commedia umana. La cura di questo libro è tersa, fa sparire tutti gli orpelli che solo appesantiscono l’atto della comprensione. Il destino di Del Giudice è strettamente allacciato alla sua indagine sulle “lontananze”, la sua posizione è segnalata per sempre, anche ora che la sua esistenza ha varcato il filo dell’orizzonte.
Daniele Del Giudice su Pulp Magazine