Pensieri nella bufera

Corrado Augias, Breviario per un confuso presente, Einaudi, pp. 194, euro 18,50 stampa, euro 9,99 epub

Per Corrado Augias immergersi nella storia, antica e recente, fino ai bordi della cronaca, significa divulgare i documenti ripulendoli dagli artefatti oggi in voga. Note sul tempo cronologico, chiose e citazioni: un pensiero dominante condotto attraverso molteplici libri, di varia natura e costituzione. Intorno a rievocazioni storiche e geografiche (il paesaggio italiano, il Cristo, sono le indagini più recenti) si posizionano romanzi d’intensa specificità europea (ah Parigi!) e trasmissioni TV condotte con saggia perspicacia e vaste consolazioni contro l’ignoranza.

Per Augias il presente attuale ha come tratto principale la confusione, dove per confuso s’intende il presente prigioniero di un endemico ingrassamento di dati e informazione. Qualcosa di meraviglioso e spaventoso è accaduto negli anni successivi al Secondo dopoguerra. L’espansione tecnologica unita all’indebolirsi di consolidati punti di riferimento hanno cambiato il corso della storia, e entrambi i fenomeni hanno prodotto una spinta difficile da sostenere per quasi tutti i popoli della Terra. Forse quel 16 luglio 1945, giustamente rievocato nelle prime pagine del Breviario, ha per sempre mutato il DNA del genere umano. Ad Alamagordo l’esplosione della prima bomba atomica ha deviato i venti genetici, o forse soltanto ne ha esaltato la zona oscura. I virus in tempi molto più lunghi, ci dice David Quammen, hanno inserito i loro geni nella sequenza dei nostri, e dunque qualcosa di gotico si è piantato nelle oscure biologie antropiche. La Rete probabilmente ha liberato il caos, non illudiamoci avverte Augias, alla ribalta si pongono sorveglianze indotte dal nuovo capitalismo disseminando strumenti e informazioni che di gratuito hanno solo l’apparenza. Nulla è gratis quando attraversa la soglia dei nostri browser, e affonda le fauci nel chip delle carte di credito. Che ne è del passato? Dov’è finito? Forse siamo tutti esuli in patria.

I capitoli del Breviario si snocciolano maneggevoli, bene educati nell’inseguire i riferimenti principali e portanti della residua identità: lettura, religioni, scienza, politica possono ancora rivolgersi a pensatori che, come Montaigne e Spinoza, non fanno troppe cerimonie intorno alla tolleranza ma la perseguono senza dubbio alcuno. Da Stajano a Pasolini, da Berlin a Gobetti, passando per Manzoni e Leopardi, Augias ricorda che sono molteplici le voci che possono ancora difenderci dall’appiattimento (volgare) del pensiero. E anticamera dello strozzamento civile. Non fidiamoci del dinamismo, avverte, la civiltà elettronica ha una bellezza forse sconfinata, ma sarà difficile prevedere le conseguenze dovute alla contrapposizione fra mondo virtuale e mondo reale. In fondo di quest’ultimo la mente di Sapiens rende una visione da decine di migliaia d’anni. Mutazioni antropologiche in vista, dunque. Augias non cita Ph. K. Dick ma la prospettiva è quella.

Le domande, e i dubbi, incalzano, l’ansia di capire il tempo presente, soprattutto nel bel mezzo di una pandemia spaventosa (non poteva essere altrimenti, qui non si tratta di cavalcare la cronaca, se mai di mostrare la capacità dell’uomo di coordinare il pensiero pur nel pieno di un’emergenza), e quanto sta succedendo sono propedeutici alle nuove generazioni che sembrano trapassate da ingiustizie e ingiuste visioni. Il Breviario fa intendere, a chi non l’avesse ancora compreso, che il salto d’epoca, così come avvenuto in altri secoli, e a cui nessuno è immune, non può essere separato da cose e situazioni spaventevoli. Nel nostro secolo il cambiamento climatico porta con sé il rilancio di vecchie invasioni virali e di nuove che approfittano del salto di specie favorito dalle trasformazioni geofisiche indotte dall’uomo e stravolgenti interi vastissimi territori. Cosa seppellirà la specie umana? Lasciamo perdere Bakunin e il Joker, altre situazioni paralizzeranno la mandibola umana, e non sappiamo bene come un paese lungo come l’Italia potrebbe arginare e scongiurare malattie biologiche e sociali (di più le seconde). Le antiche leggende sono scomparse dall’orizzonte mnemonico degli italiani, e effimere (pallidissimi simulacri) sembrano le nuove salite all’Olimpo degli smartphone. La peste non ha più gli Achille e gli Ulisse scardinanti i tabù con dèi partecipi o avversi al fianco. Non possiamo dimenticare, insiste Augias, che la peste che più ha influito nel Novecento non è quella di Camus ma quella di Freud portata in America nel 1909 in compagnia di Jung e Ferenczi. Dai moli di New York alle vaste pianure digitali governate dalle leggi quantistiche indovinate quale panorama avrà la meglio.