Papa Francesco, Terra Casa Lavoro: Discorsi ai movimenti popolari, Ponte alle Grazie, pp. 144, euro 12,00 stampa, euro 7,99 epub
Appena eletto, Papa Francesco si è presentato alla folla di fedeli stipati in piazza San Pietro con un semplice buonasera. Da subito si è definito il Papa venuto dalla fine del mondo, e ripensando a ciò che ha fatto finora la definizione non potrebbe essere più azzeccata. Gesuita, e questo dal mio punto di vista non è un titolo di merito, abituato alla strada, alle favelas, allo stare accanto ai poveri ed emarginati, Bergoglio sembra non aver perso le sue abitudini. Credo che tutti, credenti o atei, agnostici o pagani, non possano non riconoscergli di aver scosso e rinnovato una Chiesa conservatrice, chiusa in se stessa e dentro i suoi segreti, proveniente da due pontificati che non hanno mai mostrato aperture verso l’esterno. Avrei gradito, ad esempio, che Wojtyla avesse usato la stessa veemenza che ha caratterizzato il suo pontificato contro il comunismo anche contro il capitale e che Ratzinger fosse stato un po’ meno teologo e più pratico.
Prima della lettura di questo volume, edito da Ponte alle Grazie e uscito anche – non casualmente – come allegato al quotidiano Il Manifesto di qualche settimana fa, mi ero imbattuto nella sua enciclica Laudato sii. Sono rimasto sorpreso che, così come Terra Casa Lavoro può essere lo slogan efficace e chiaro dei movimenti di sinistra, Papa Francesco esponesse idee che potrebbero – direi meglio dovrebbero – essere il programma di un vero partito di sinistra. I punti trattati nell’enciclica sono rafforzati in questi tre discorsi fatti dal Papa, dal 2014 al 2016, negli incontri con i movimenti popolari (EMMP, Encuentro Mundial de Movimientos Populares).
Attenzione, non parliamo di sole organizzazioni cattoliche. Hanno risposto all’invito del Vaticano centri sociali, zapatisti, marxisti, sindacati latinoamericani, organizzazioni no global, ex guerriglieri tupamaros che, alla fine degli incontri, hanno stilato documenti programmatici e creato una rete di solidarietà in cui oltre a terra, casa e lavoro si parla di riforma agraria, della pubblicizzazione dell’acqua, del controllo delle sementi, della garanzia del reddito minimo e la piena occupazione.
Non si parla di piani assistenziali occasionali o di carità, ma di una riforma strutturale che dia piena dignità ai lavoratori e alle persone. La disuguaglianza e l’esclusione, l’ingiustizia contro i poveri, la negazione dei diritti sociali, la sicurezza pensionistica e sociale. Non si può accettare l’anestetizzazione dei ceti sociali deboli mediante false promesse o contentini: è il sistema consumistico che va combattuto. Va combattuta la speculazione finanziaria che tratta gli alimenti o l’acqua come una merce comune, va rivalutato il reimpiego della merce per non portare il nostro pianeta all’esaurimento delle risorse. La concentrazione monopolistica dell’informazione è vista come un nuovo colonialismo, l’economia dovrebbe essere al servizio dei popoli e non viceversa, il capitale è un idolo che rovina la società e spinge il popolo contro il popolo.
“È strano”, afferma Bergoglio, “ma se parlo di questo per alcuni il papa è comunista. Non si comprende che l’amore per i poveri è al centro del Vangelo. Terra casa e lavoro, quello per cui voi lottate, sono diritti sacri. Esigere ciò non è affatto strano, è la dottrina sociale della Chiesa.”
Per non creare fratture all’interno del movimento, vista l’eterogeneità della sua composizione, papa Francesco ha evitato di trattare temi come l’aborto, le unioni gay e la questione transgender, ma i suoi frequenti chi sono io per giudicare e le seppur timide aperture su diversi temi lasciano sperare che il suo pontificato sia ancora lungo e abbia la possibilità di riavvicinare la Chiesa ai veri problemi delle persone.
Al compagno Bergoglio, che finisce il suo discorso domenicale ai fedeli con un buon pranzo, auguriamo buona fortuna. Siamo anche noi ad averne bisogno.
29 Novembre 2017