Colin Wilson. Parole e memorie di un outsider

Fra le molte proposte interessanti nei cataloghi di due notevoli case editrici come Carbonio e Atlantide, spicca la riscoperta di un autore britannico fra i più singolari degli ultimi decenni. Si tratta di Colin Wilson (1931-2013), il cui nome sarà familiare soprattutto agli appassionati di horror cosmico lovecraftiano o di fantascienza sui generis: fin dagli anni Settanta, infatti, furono tradotti e circolarono con un certo successo i tre romanzi – per altro atipici come tutto quello che il bizzarro Colin abbia scritto – afferenti alla mitologia lovecraftiana (o forse, meglio, para-lovecraftiana, perché instaurata soprattutto dal seguace eretico di HPL, August Derleth) dei cosiddetti Miti di Cthulhu: sto parlando di I parassiti della mente (The Mind Parasites, 1967), La pietra filosofale (The Philosopher’s Stone, 1969) noto anche come Specie immortale nell’edizione pubblicata su Urania, e I vampiri dello spazio (The Space Vampires, 1976), fantasmagorie in cui filosofia, occultismo, teorie parascientifiche e fantahorror lovecraftiano si mescolavano in un suggestivo e intellettualmente stimolante guazzabuglio. Ma l’attività letteraria di Colin Wilson, proteiforme e per certi versi dispersiva quanto mai, non si limitava certo a questi ambiti.

Wilson aveva raggiunto la notorietà a soli 24 anni, nel 1956, con il saggio socio-filosofico The Outsider in cui teorizzava la centralità dell’alienazione sociale nella rilevanza creativa e speculativa dell’intellettuale: tanto più emarginato, tanto più contro le regole imposte dalla gabbia della società cosiddetta civile, tanto più pregnante e significativo il messaggio scaturito dalla sua mente ribelle. Gli esempi esaminati erano numerosi ed eclatanti: Jean-Paul Sartre, Albert Camus, Ernest Hemingway, Hermann Hesse, Fiodor Dostoevski, Vaslav Nijinsky, Thomas Edward Lawrence, William James, Vincent van Gogh, e, sebbene non venga ancora esplicitamente citato, H.P. Lovecraft (a cui Colin si era probabilmente ispirato anche per il titolo ripreso dal suo omonimo, famosissimo racconto del 1926). Ovviamente il testo ebbe grande successo nell’Inghilterra di quegli anni e Wilson si vide includere nel novero degli Angry Young Men accanto a Osborne, Pinter, Sillitoe, Amis, Burgess e altri.

Negli anni seguenti però questa pregnante aderenza culturale allo Zeitgeist si affievolì notevolmente, data anche l’eccessiva eterogeneità ed eccentricità degli interessi dello scrittore, che produceva a ritmi forsennati un numero spropositato di opere diverse, narrative e saggistiche (in buona parte tradotte anche in italiano), che altalenavano per taglio e stile dal molto colto al molto popolare e spaziavano dalla criminologia (Riti notturni, Enciclopedia del delitto, La filosofia degli assassini, The Mammoth Book of True Crime, Il libro nero dei serial killer, Jack the Ripper: Summing Up and Verdict, Illustrated True Crime: A Photographic History e altri), alla sessuologia (Origine degli impulsi sessuali, Il diario sessuale di Gerard Sorme, La conoscenza sessuale e i giovani: guida per teenager, The Misfits: A Study of Sexual Outsiders, ecc.), alla filosofia para-accademica (Anti-Sartre, with an Essay on Camus, Introduction to the New Existentialism, An Essay on the ‘New’ Existentialism, The Laurel and Hardy Theory of Consciousness, Marx Refuted – The Verdict of History,The Decline and Fall of Leftism, New Pathways in Psychology: Maslow and the Post-Freudian Revolution e altri ancora), all’occultismo e alla parapsicologia (L’occulto. Una storia della magia attraverso i secoli, Strani poteri, Facoltà paranormali, Realtà inesplicabili, Misteri. Studio sull’occulto, il paranormale e il supernormale, Detective dell’impossibile, Alla scoperta dei misteri del soprannaturale. Un viaggio attraverso i grandi segreti della Terra, Misteri dell’universo, Afterlife: An Investigation of the Evidence of Life After Death, ecc.), alle biografie di guru e uomini straordinari (G. I. Gurdjieff, La guerra contro il sonno della coscienza, Il signore del profondo. Jung e il ventesimo secolo, Rudolf Steiner, Aleister Crowley. La natura della Bestia, The Strange Life of P.D. Ouspensky, Rasputin. The Magician from Siberia, The Quest for Wilhelm Reich, ecc.), per finire negli ultimi anni in periferia, come attardato erede di Peter Kolosimo, Erich von Däniken e altri alfieri del cosiddetto realismo fantastico a caccia di UFO e archeologia misteriosa (Da Atlantide alla Sfinge, Dei dell’altro universo. Indagine sugli incontri ravvicinati dalle antiche civiltà ad oggi, Gli eredi di Atlantide, Il grande libro dei misteri irrisolti, ecc.).

Si è insistito fin qui riportando anche troppi titoli della sterminata bibliografia wilsoniana – circa 170, includendo anche quelli sulla musica classica e sulla storia del vino e degli alcolici – solo per evidenziare quanto lo scrittore abbia da sempre proceduto sull’esile corda della propria carriera letteraria come uno spericolato acrobata, bilanciando pericolosamente la propria bulimia culturalmente onnivora fra la genialità e il bluff.

Spesso molto criticato, accusato di superficialità e scarsa accuratezza da una critica snob che gli rinfacciava la sua cultura enciclopedica da autodidatta, ha avuto però numerosi illustri estimatori, dal Colonnello Gheddafi, a Slavoj Žižek, a Julian Cope, a David Bowie, così come si racconta che Groucho Marx abbia voluto far spedire le prime copie della sua autobiografia appena stampata, in anteprima, a solo tre persone in Inghilterra: Winston Churchill, Somerset Maughan e Colin Wilson. “Per me – ha scritto – la narrativa è un modo di fare filosofia… La filosofia può ridursi solo all’ombra della realtà che cerca di afferrare, ma il romanzo può essere molto più soddisfacente. Sono quasi tentato di dire che nessun filosofo è qualificato a fare il suo mestiere a meno che non sia anche un narratore… scambierei volentieri tutte le opere di Whitehead o Wittgenstein con i romanzi che avrebbero dovuto scrivere…”.

UN DUBBIO NECESSARIO

E proprio fra i titoli narrativi poi, oltre a quelli fantahorror già ricordati, ci sono numerosi “gialli” o mystery, anche questi assolutamente bizzarri e fuori dagli schemi codificati del genere, ed esattamente in questa categoria ha pescato la Carbonio per avviare la presentazione al lettore italiano di una parte meno nota ma non meno curiosa dell’opera dello scrittore di Leicester. I romanzi sono Un dubbio necessario (Necessary Doubt, 1964) e La gabbia di vetro (The Glass Cage, 1966) nei quali Wilson decostruisce il romanzo poliziesco secondo traiettorie parallele: nel primo il protagonista, un filosofo esistenzialista tedesco, il professor Zweig, riparato in Inghilterra poco prima dell’avvento di Hitler in Germania, rientrando verso casa in taxi, la vigilia di Natale, riconosce casualmente un suo allievo di decenni prima a Heidelberg, nel 1930, un giovane di nome Neumann, figlio di un suo carissimo amico di allora. Decenni prima, agli albori del nazismo, il giovane si era rivelato una persona geniale e problematica, forse delirante o forse troppo lucida, e aveva espresso l’ambizione di diventare il perfetto criminale. Una scelta legata a una filosofia di vita che attingeva all’esistenzialismo, al nichilismo, e alla concezione nietzschiana dell’Übermensch. E adesso che Karl Zweig ha visto di sfuggita, dopo tanti anni, l’ex giovane Gustav in compagnia di un anziano malato, Sir Timothy Ferguson, si affacciano nuovi dubbi; tanto più che, in compagnia dell’amico poliziotto Grey, giungono alle sue orecchie notizie di uomini molto ricchi morti tempo addietro, forse suicidi, spesso in circostanze sospette. Si sviluppa così una sorta di indagine che vede coinvolto Zweig, il poliziotto, Natasha Gardner, una medium e ammiratrice del professore, suo marito Joseph, un improbabile studioso di mondi scomparsi, alle prese con una vicenda inafferrabile, un enigma filosofico che forse cerca la sua risoluzione attraverso atti criminali e va sciolto e interpretato per tempo, prima che possa attuarsi un altro delitto. Un mystery deduttivo in cui il discrimine tra investigazione criminale e investigazione psicologica appare quanto mai sfuggente, ricapitolando, perfettamente integrati nella struttura della narrazione, gli elementi fondanti del pensiero filosofico contemporaneo.

Nel secondo, La gabbia di vetro, invece un serial killer semina il panico squartando le sue vittime, maschili e femminili, e lasciando enigmatiche scritte sui muri lungo il Tamigi: versi del poeta William Blake. Non resta ai sempre più perplessi detective di Scotland Yard che chiedere aiuto al più grande esperto inglese di Blake: Damon Reade, un giovane studioso che vive isolato nelle campagne del Lake District. Tutti gli indizi portano a un certo Gaylord Sundheim, ma quando Damon si trova a tu per tu con il presunto assassino, le sue certezze crollano: un così profondo estimatore di un artista umanitario e spirituale come Blake può davvero aver compiuto tali misfatti? Forse l’assassino ha solo trovato il modo di frantumare le pareti di vetro della propria prigione. Reade dovrà mettere a frutto tutta la sua cultura e sensibilità psicologica. L’inchiesta si dipana nel vitalismo pulsante della Swinging London degli anni Sessanta, fatta di donne disponibili, locali notturni, ritrovi gay, feste ad alto tasso alcolico, dimore di Chelsea, equivoci pub, tra i colori di Portobello Road, infarcita di ironiche conversazioni che spaziano dall’arte, alle filosofie orientali, al sesso. Un thriller psicologico particolarmente sofisticato eppure assolutamente godibile: secondo l’autore era forse di tutti i suoi mystery,  il suo preferito. Ci auguriamo che Carbonio ci dia ancora modo di poterlo confrontare con i numerosi altri che ancora ci attendono nella babelica libreria di Colin Wilson, sicuramente piena di altre piacevoli sorprese. Per chi invece voglia approfondire le opere più filosoficamente rilevanti dell’autore britannico, sono disponibili nella nostra lingua i sontuosi volumi di una casa editrice particolarmente raffinata, Atlantide di Roma, che già dal 2016 aveva tradotto il libro più famoso e importante di Colin Wilson, quel L’Outsider che, nel 1956, condusse l’autore alla fama e al centro del dibattito culturale scatenato dall’insolita brigata degli Angry Young Men.

Dopo averne riscoperto l’opera prima – tradotta in oltre trenta lingue (tra cui anche l’italiano: fu pubblicata già nel 1958 da Lerici nella traduzione di Aldo Rosselli ed Enzo Siciliano e da allora, a differenza di quanto accadde nel resto del mondo, curiosamente dimenticata) – Atlantide ha pubblicato anche una delle ultime opere di Wilson, il suo testamento letterario e spirituale: Dreaming To Some Purpose, del 2004, adattato come Oltre i sogni: Autobiografia di un Outsider.

Due testi fondamentali per comprendere davvero il pensatore e le sue idee, individuandole all’inizio e alla fine della sua carriera. Di L’Outsider abbiamo già parlato e ci accontenteremo di riportarne solo un significativo passo nella bella traduzione di Thomas Fazi: “D’un tratto, mi resi conto di trovarmi nella stessa identica situazione in cui si erano trovati molti dei miei personaggi letterari preferiti: Raskòlnikov di Dostoevskij, Malte Laurids Brigge di Rilke, il giovane scrittore in Fame di Hamsun: solo nella mia stanza, completamente alienato dalla società. Non era una condizione di cui andassi fiero, e l’idea di non passare il Natale a casa mi rattristava. Ma qualcosa dentro di me mi aveva spinto a scegliere l’isolamento. Iniziai a scriverne nel mio diario, cercando di individuarne la causa. Improvvisamente capii di avere per le mani il soggetto per un libro. Rivoltai il diario e in cima alla pagina scrissi: «Note per un libro: “L’outsider”». In due pagine ne abbozzai uno schema piuttosto completo. Quella sera, mi addormentai con un senso di profonda soddisfazione; mi sembrava di aver passato il Natale più bello di tutta la mia vita”. Più avanti, nella stessa introduzione, Colin riporta con grande lucidità le fasi inaspettate e straordinarie del suo successo improvviso e devastante, “Per una strana coincidenza, quello stesso giorno era salito alla ribalta anche un drammaturgo chiamato John Osborne… In realtà Osborne e io avevamo solo una cosa in comune: entrambi eravamo diventati ‘outsider’ a causa delle nostre origini proletarie… Ho sempre avuto il sospetto che i giornali abbiano un’inconscia necessità di fabbricare un’epoca, come gli anni Novanta dell’Ottocento o gli anni Venti del Novecento… Noi eravamo i portavoce di questo esercito di outsider e di giovani arrabbiati che avrebbe abbattuto l’ordine costituito… Tutta quella pubblicità rendeva impossibile adesso all’establishment intellettuale britannico prendermi sul serio, e lo scoprii quando pubblicai il mio secondo libro. Con la stessa velocità con cui avevo ottenuto attenzione, improvvisamente la persi… L’Outsider mi aveva fruttato circa 20.000 sterline nel suo primo anno – una somma ragguardevole nel 1956. I miei libri successivi invece non superarono mai le 1000 sterline…”.

Le aperte confessioni già contenute nell’Introduzione a L’Outsider, vengono riprese ed espanse ulteriormente nell’appassionante autobiografia Oltre i sogni, che ci racconta la carriera di un giovane intellettuale proletario salito a nemmeno 25 anni alla ribalta come irregolare della letteratura e precipitato subito dopo al ruolo di impostore sopravvalutato messo frettolosamente al margine; il ripiegamento dall’effimero successo alla disillusione e alla riflessione; il bisogno quasi conseguente di suscitare la fondazione del “nuovo” esistenzialismo, la sua corrente filosofica – un esistenzialismo “ottimista”, più vicino a certe dottrine del potenziale umano; i suoi incontri con i grandi del secolo (T.S. Eliot, W.H. Auden, Bertrand Russell, Albert Camus, e molti altri); il suo stretto rapporto con Abraham Maslow e la sua psicologia umanistica basata sulle peak experiences – le esperienze che rivelano il senso della vita, estatiche, mistiche, rivelatrici dell’essenza e dell’unità dell’universo, sostanzialmente il satori dei buddhisti: Wilson crede, a differenza di Maslow, che tali esperienze non siano spontanee ma possano essere indotte, provocate, seguendo particolari tecniche ascetiche e questo lo porta a studiare i mistagoghi orientali e occidentali come Gurdjieff o Steiner o Ouspensky, ad avvicinarsi all’occultismo e alla parapsicologia, difendendone la realtà dei fenomeni e teorizzando la Faculty X, il potenziale latente nell’essere umano che lo distingue dagli altri animali; da qui avvierà poi le ricerche sulle antiche civiltà perdute, sulla conoscenza degli antichi e sull’”esperienza umana eccezionale”. Penso che l’affermazione più importante contenuta in questo libro – conclude Colin – sia quella di Gurdjieff secondo cui gli esseri umani vivono in una sorta di Siberia. Ci ritroviamo in un ambiente spaventosamente ostile e, come se non bastasse, siamo trascinati giù da una forza di gravità che rende faticoso ogni passo. Ma perché siamo qui?…Il problema più pericoloso è dimenticare perché siamo qui e ritrovarci confusi e senza indicazioni… La nostra casa è dietro di noi, in un altro mondo. Ma per quelli che hanno sufficiente forza e immaginazione, quel mondo diventerà la nostra casa. Quando questo accadrà, il fine dell’esistenza umana sarà stato raggiunto. La mia vita è stata una serie intera di indizi sul fine dell’esistenza umana”. Che lo si condivida o no Colin Wilson va sempre preso in considerazione: la lettura dei suoi libri, nel bene e nel male, non ci lascia mai indifferenti. Fosse anche solo per questo, varrebbe la pena di seguirlo in un percorso molto più coerente e meno tortuoso di quanto una visione superficiale farebbe sospettare.

  • La gabbia di vetro, trad. Nicola Manuppelli, Carbonio Editore,  2018, pp. 265, euro 17,50 stampa
  • Un dubbio necessario, trad. Nicola Manuppelli, Carbonio Editore,  2017, pp. 345, euro 17,50 stampa
  • L’Outsider, trad. Thomas Fazi, Atlantide Edizioni, 2016, pp. 400,  euro 35.00 stampa
  • Oltre i sogni: Autobiografia di un Outsider,trad. Enrico Bistazzoni, Atlantide Edizioni,2017, pp. 554, euro 35.00 stampa
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