Clemens J. Setz / La solitudine di chi non può essere toccato

Clemens J. Setz, I bambini indaco, tr. Francesca Gabelli, La nave di Teseo, pp. 512, euro 24,00 stampa, 12,99 epub

Clemens J. Setz, nato nel 1982, è considerato l’astro nascente della letteratura austriaca. Laureato in matematica, ha esordito nel 2007 con il romanzo Figli e pianeti, incentrato sul tema della paternità. Il suo percorso da scrittore vanta vari premi letterari e questo suo ultimo romanzo gli ha valso la vittoria del premio Literaturpreis des Kulturkreises der deutschen Wirtschaft.

I bambini indaco è un testo ibrido, che tocca i generi della fantascienza e del noir in maniera altamente poetica. Quella che Setz cerca di narrare è un’ucronia non troppo distante dalla nostra linea temporale, in cui a partire dal 2007 nascono bambini che causano malore e stenti alle persone che li circondano. La diagnosi non viene elaborata in modo celere nella maggior parte dei casi, perché a presentarsi in ospedale accusando un malore non sono i neonati, ma i loro familiari, in particolare le madri. Ma i medici sono più propensi a pensare che si tratti di isteria o di depressione post partum, soprattutto perché al momento dell’ospedalizzazione questi sintomi scompaiono.

All’inizio sono vari i nomi dati a questa patologia: si passa da Malattia di Beringer a sindrome di Rochester per poi prediligere Indaco. Non a caso Setz sceglie questa definizione: quello dei “bambini indaco” è un fenomeno pseudoscientifico associato al New Age. Tale corrente di pensiero vedrebbe in questi bambini delle capacità soprannaturali, mentre al contrario nel romanzo non hanno particolari doti, il che dopo la scoperta della loro esistenza porta l’interesse generale a scemare. Le varie attività di costruzione per centri abitativi adeguati alle loro esigenze vengono meno, facendo cadere la loro esistenza nel totale disinteresse, costringendo genitori e figli in una situazione che non permette alcun tipo di intimità.

A narrare la storia è prevalentemente un personaggio alter ego di Setz, Clemens, anch’egli laureato in matematica, e venuto a contatto per la prima volta con i bambini-i (come spesso vengono chiamati all’interno del testo) durante il suo tirocinio. Viene raccomandato come loro insegnante e inviato in un luogo appositamente adibito a questo scopo. Le aule presentano dei proiettori e dei divisori, in modo da permettere che l’insegnamento sia efficace mantenendo l’incolumità di chi lavora. Questa esperienza, a tratti estremamente misteriosa, cambierà per sempre Clemens e anche se successivamente verrà allontanato da questo istituto, egli deciderà di dedicare la sua vita alla ricerca di patologie. Non è l’unico narratore, perché i capitoli su di lui si alternano con quelli dedicati a Robert Taztle, ex allievo di Setz, uno scienziato che non ha mai dimenticato il maestro verso il quale prova un profondo risentimento.

Setz pubblica un’opera sicuramente originale nel panorama europeo, ma definibile come un diamante grezzo. Il libro è scritto divinamente e ben tradotto, arricchito da apocrifi, da immagini e documenti reali che riescono a far immergere il lettore e a comprendere sempre meglio la ricerca del protagonista. Viene messa in luce la grandissima conoscenza letteraria e cinematografica dell’autore mediante numerose citazioni (per esempio su Tetsuo: the iron man di Shin’ya Tsukamoto e Metropolis di Fritz Lang). Al contempo però vi sono delle caratteristiche che rendono la lettura un po’ ostica, in particolare derivanti dalla struttura: il testo è suddiviso in parti e sottoparti, capitoli e sottocapitoli. Inoltre il ritmo nella parte dedicata a Clemens risulta più scorrevole, riuscendo a dare momenti di pura adrenalina all’indagine, quasi fosse un true crime, mentre quella dedicata a Robert è difficile, più introspettiva. Quello che sicuramente non si può negare è che si tratta di un’opera altamente ambiziosa, e perturbante attraverso i temi della solitudine e della fragilità umana, rendendo Setz un autore da tenere d’occhio per gli anni a venire.