Dopo il romanzo La Malvenue, pubblicato da Hypnos pochi mesi fa, anche l’infaticabile Agenzia Alcatraz ci propone ora una raccolta classica di racconti del maestro del weird francofono Claude Seignolle (1917-2018), che si avvia così, finalmente, a trovare il suo degno spazio fra i grandi del fantastico perfino nel nostro paese che – da sempre cristallizzato in una prospettiva unicamente angloamericanocentrica – lo aveva finora del tutto snobbato. Lacuna grave, perché Seignolle è un autore interessante e fascinoso da innumerevoli punti di vista. Con solidi studi accademici alle spalle, prima nel campo dell’archeologia, poi del folklore e dell’antropologia, lo scrittore, originario di Périgueux in Dordogna, resta profondamente legato – anche dopo il suo trasferimento a Parigi, nello storico quartiere di Les Halles – alla provincia francese e alle realtà rurali regionalistiche. A queste, dedica monumentali raccolte etnologiche di studi sulle credenze magiche, sulle leggende, le superstizioni e le pratiche di medicina popolare empirica.
Alla sua ineccepibile attività di ricercatore affianca dalla fine degli anni quaranta anche un’intensa produzione narrativa quasi totalmente consacrata al fantastico e al soprannaturale, attingendo a piene mani agli scenari e ai personaggi studiati nel corso delle sue ricerche sul campo. Caratteristica dei suoi racconti è infatti una sorta di realismo magico: la sospensione delle leggi logiche e naturali “urbane” quando ci si inoltra nei territori barbarici e primitivi del mondo contadino in cui sopravvivono dimensioni e rituali arcani. Una prospettiva, per quanto non connotata in senso marxista, non lontana da quella dell’antropologo Ernesto De Martino: pratiche inefficaci e credenze sterili in un contesto “egemonico”, si invertono di segno e tornano a essere effettive e giovevoli in un contesto “subalterno”. La magia e la stregoneria funzionano a certe condizioni.
Apprezzato anche da importanti scrittori estranei alla narrativa fantastica come Blaise Cendrars e Lawrence Durrell, Seignolle, oltre alla componente etno-antropologica, a quella visionaria e immaginifica o a quella magico-stregonesca e demonologica, concede spesso ampio spazio a suggestioni di profonda sensualità ed erotismo (particolarmente evidenti ne La Malvenue). Non è un caso quindi che la sua probabilmente unica escursione narrativa fuori dall’ambito del fantastico, dell’horror e del weird, sia rappresentata da un sofisticato romanzo pornografico pubblicato nel 1960 sotto lo pseudonimo di Starcante, nella collana specifica l’Enfer de la Bibliothèque nationale de France, e ristampato in seguito con il suo vero nome, Sexie: ou l’Éloge de la nymphomanie.
Anche nei sedici racconti raccolti in questa antologia, pubblicata come n. 244 della Bibliothèque Marabout nel 1966, di cui l’edizione italiana – come è consuetudine della bella collana Bizarre – mantiene copertina e veste grafica, si spazia attraverso quasi tutti i registri tematici caratteristici individuati. Ma ancor più che nelle trame, il fascino particolare e irresistibile di Seignolle risiede nello stile inconfondibile, ricco e quasi barocco in certe sontuose descrizioni e insieme aspro e incisivo nei dialoghi e nei momenti di tensione: una lingua classica che molto deve alla grande tradizione del naturalismo francese, da Zola a Maupassant, evitando ogni forzatura in regionalismi e colloquialismi dialettali.
Come anticipato dal titolo nei testi – spesso di poche pagine – di questa silloge, vengono attraversate tutte le possibili declinazioni del macabro, percorrendo con verve sempre estrosa e innovativa che modula toni varianti dall’erotismo morboso all’umorismo nero, dall’efferata crudeltà all’allucinato lirismo, molti tòpoi del genere: il vampirismo (Due denti, non di più), il fantasma uscito da un quadro (Isabelle), la premonizione (L’uomo che sapeva in anticipo), la licantropia (Come un sentore di lupo), l’affatturamento (Un esorcismo), la fantasia allegorica (La fine del mondo). Spiccano su tutti per originalità: La memoria del legno, storia di uno scultore che utilizza per le sue opere il legno recuperato da bare occupate; Il famiglio, il testo più lungo della raccolta, intrigo di vendette magiche post-mortem e case infestate che può ricordare gli scenari de La Malvenue; l’allucinazione sadica No, non me! e il crudelissimo Quello che aveva sempre freddo, cronaca villica di uno spietato equivoco fra morti e vivi.
Speriamo di poter leggere presto le numerose opere di Seignolle che ancora attendono la traduzione: Histoires maléfiques, Histoires vénéneuses, Contes sorciers, Histoires étranges, Histoires et légendes du diable, e molte altre: il catalogo Marabout a cui attingere è lungo.