Claire Lombardo / Una famiglia “quasi”perfetta

Claire Lombardo, Mai stati così felici, Bompiani, tr. Silvia Castoldi, pp. 676, euro 22,00 stampa, euro 11,99 epub

“Tutte le persone importanti nella loro vita partivano dal presupposto che lei e David fossero perfetti”

Che fare quando i propri genitori sono così innamorati tanto che si tengono sempre per mano, non perdono occasione per baciarsi e, ancora dopo anni di matrimonio, fanno sesso senza preoccuparsi più di tanto se le loro figlie li sentono?

“Le ragazze li videro. Tutte e quattro guardarono i genitori, ciascuna da un punto diverso del prato, ciascuna avvertita della loro assenza dalla festa grazie all’impulso, un residuo dell’infanzia di cercare la rassicurante vicinanza di coloro che ti hanno creato […] ciascuna delle quattro figlie interruppe ciò che stava facendo per osservarli: la sfera splendente e insondabile dei loro genitori, due persone che emanavano più amore di quanto l’universo sembrasse disposto a concedere”.

Questo è quello che accade alle quattro ragazze protagoniste del romanzo di Claire Lombardo, scrittrice statunitense nata a Chicago, ex assistente sociale, soltanto l’ultima, in termini di tempo, dei tanti scrittori (compresi numerosi Premi Pulitzer) usciti da quella fucina di talenti letterari che è lo “Iowa Writes’ Workshop”, il programma in scrittura creativa della Iowa University, forse il più famoso al mondo.

Come lei stessa ha raccontato, Lombardo è arrivata al corso di scrittura con le sue quasi 900 pagine di una saga familiare che si è trasformata – e di poco ridotta, visto che il risultato finale è di circa 680 pagine – in un successo editoriale, prima negli Stati Uniti e ora qui in Italia, dove è approdata grazie alla casa editrice Bompiani.

Una saga familiare, dicevamo, con quattro sorelle come protagoniste. Il collegamento con altre quattro sorelle della letteratura americana è fin troppo facile – e parlo delle sorelle March e di Piccole donne, per chi non ci fosse arrivato – ma qui siamo di fronte a un romanzo moderno, totalmente diverso nello stile, nel linguaggio, nel modo di affrontare quei legami familiari così intimi, complicati, che sono alla base della vita di ognuno di noi, che spesso sono trattati dei romanzieri di ogni latitudine, ma che sono anche così difficili da analizzare con uno sguardo ludico, profondo, ironico, senza mai scadere nelle ovvietà o nei cliché.

E Claire Lombardo, trentenne senza figli che si è cimentata in una tal prova, ha passato l’esame, rivelandosi scrittrice acuta e brillante, pienamente a suo agio nel ruolo di narratrice che sa usare il linguaggio al meglio per raccontare storie convincenti.

Come questa storia, quella dei Sorenson, che si dipana lungo un arco di quattro decenni, dal 1975 ai giorni nostri: David, medico di famiglia, e Marilyn, donna bellissima che abbandona gli studi letterari per dedicarsi alla famiglia e che, solo dopo molto tempo, trova la sua realizzazione professionale nel rilevare un negozio di ferramenta.

E poi ci sono loro, le quattro figlie, fonte di gioia e dolori per i due “perfetti” genitori: Wendy, la primogenita, la più difficile e ribelle, che si innamora di un uomo ricchissimo che la lascia presto giovane vedova e preda di un dolore inconsolabile, che lei cerca di nascondere con l’abuso di alcool e fugaci storie da una notte; Violet, nata appena un anno dopo Wendy, un’avvocatessa che lascia la professione per diventare la perfetta moglie e madre di due bambini; Liza, con la sua carriera universitaria, un compagno che soffre di un grave disturbo bipolare e un bambino, non voluto, in arrivo; e infine Grace, l’ultima figlia, nata dopo anni dalla terzogenita (e unica veramente pianificata), la piccola di famiglia, che come tale si sente tanto inadeguata da non riuscire a confessare ai genitori di avere fallito l’esame di ammissione al college.

Del resto, è difficile per queste quattro figlie avere una vita normale e appagante quando l’esempio che hanno davanti agli occhi ogni giorno è così alto e irraggiungibile: “Siamo tutte emotivamente immature perché tu e papà vi volete bene più di quanto ne volete a noi”, è il commento di Wendy, in uno dei tanti alterchi con la madre.

Ma a sconvolgere realmente l’esistenza di questa famiglia arriva il quindicenne Jonah, il figlio che Violet ha dato alla luce in segreto, aiutata da Wendy, la sorella quasi gemella, amata e odiata allo stesso tempo, e che sarà la responsabile di questo ritorno, scatenando un terremoto emotivo all’interno della famiglia.

Inconsapevolmente, Jonah mette tutti i Sorenson davanti a responsabilità, dissapori, gelosie, portando ogni membro della famiglia a fare i conti con la propria vita, rivedere i legami familiari, affrontare le conseguenze delle proprie scelte.

Nonostante la mole, Mai stati così felici (The Most Fun We Ever Had, tradotto in italiano da Silvia Castoldi) scorre velocemente, grazie a uno stile narrativo che miscela sapientemente dialoghi e descrizioni e a una struttura suddivisa in quattro parti (primavera, estate, autunno, inverno) che alterna momenti nel presente a flashback nel passato. Questo permette all’autrice di rivelare a poco a poco tutti i piccoli e grandi segreti attorno a cui si muovono i protagonisti, costruiti in maniera praticamente perfetta anche da un punto di vista psicologico.

Mentre il linguaggio, ricercato ma in un modo elegante che non appesantisce le frasi, riesce a rendere pienamente le emozioni e descrive i luoghi in modo così reale che il lettore ha la sensazione di “essere dentro” alle pagine, di “vedere” e non solo immaginare quello che la scrittrice sta raccontando, come davanti ad un film.

Infine, un apprezzamento per la copertina, uguale nelle edizioni americana e italiana: quattro bellissime foglie di ginkgo, l’albero nel giardino della casa di Fair Oaks dei Sorenson, che scandisce tanti momenti importanti di questa famiglia eccentrica, esasperante, singolare, straordinaria. Insomma, in due parole, “quasi” perfetta.