Chiara Tagliaferri, già autrice insieme a Michela Murgia del podcast di culto Morgana (su Storielibere.fm), dedicato alle figure femminili libere e irriverenti (da Ipazia a Marina Abramovič, passando per H. J. Rowling e Cher, solo per fare qualche esempio) che hanno affermato con decisione le proprie scelte, senza paura di sfidare il mondo maschile che le circondava, e per questo spesso inimicandosi qualcuno – come suggerisce l’eloquente sottotitolo di uno dei due libri a esso ispirati, “Storie di ragazze che tua madre non approverebbe” –, firma per Mondadori il suo primo romanzo, Strega comanda colore.
Anche qui, le protagoniste sono donne, e sono tutt’altro che angeliche. La sovversione di ogni stereotipo legato alla dedizione alla famiglia e all’amore filiale incondizionato avviene già nelle prime pagine, con il meraviglioso e feroce personaggio della nonna Viviana, che arriverà a chiedere alla figlia il rimborso – con gli interessi – delle spese sostenute per il funerale del nipotino neonato. Correndo avanti e indietro nel tempo, l’autrice tratteggia la storia familiare dei Carini di Piacenza e delle sue donne imperfette, accomunate da un destino di solitudine amorosa a cui la protagonista vuole, a tutti i costi, sfuggire. Ma per fuggire, dalla maledizione e dalla provincia – che sembrano nel romanzo assomigliarsi molto – servono, prima di tutto, i soldi. Soldi che, per la famiglia della protagonista, sono sempre stati sinonimo di detenzione del potere, forieri di ricatti e meschinità: il denaro, come gli oggetti preziosi e i vestiti eleganti, andava nascosto, conservato e riservato al futuro – ovvero, alla bara in cui essere finalmente sepolti da abbienti, dopo aver vissuto una vita di rinunce e ristrettezze. Lei, al contrario, lo sfarzo lo vuole subito, e se desidera il denaro è per sperperarlo in beni effimeri – fiori freschi e vestiti, moltissimi vestiti – e gridare così al mondo la sua libertà, il suo desiderio di una vita da vivere nel presente, scongiurando un destino di risparmi sotto il materasso e solitudine.
Gli abiti, tuttavia, non rappresentano qui solo il lato frivolo e leggero dell’esistenza, sono molto di più: attraverso i capi bellissimi e scenografici scovati nei mercatini (la meravigliosa “Guida intergalattica per poracce” merita almeno una citazione), con le centinaia di scarpe che, come sua sorella, continua ad accumulare negli armadi strapieni, la protagonista celebra il proprio diritto a trasformarsi, a reinventarsi, in un gioco di specchi che riflette il luccichio del fascino delle vite possibili, e le ombre dei fantasmi che la accompagnano dall’infanzia. Primo fra tutti il fantasma della nonna crudele, di cui lei porta il peso e sente la voce perentoria anche dopo la sua morte (avvenuta in circostanze emozionali tali da lasciare uno strascico indelebile nella nipote), ma non solo: accanto al suo ci sono i fantasmi del fratellino mancato prima che lei nascesse e, in seguito, quello del padre. Mancanze viscerali che nell’universo sospeso di Tagliaferri sono altrettante presenze, vivide e capaci di indirizzare scelte, comportamenti e, soprattutto, paure. Perché, in fondo, ci ritroviamo sempre ad abbellirci e a camuffarci per nascondere, o esorcizzare, i demoni più profondi che portiamo sempre con noi.
Nella felice e fertile unione che nel libro unisce realtà e finzione poco conta chiedersi cosa sia realmente accaduto e cosa sia letteratura – anche perché si ha il sospetto che qui i ruoli siano spesso intercambiabili. Lungi dunque dall’essere il romanzo innocuo a cui a prima vista può assomigliare, Strega comanda colore è un’opera potente, dove sotto l’apparente leggerezza di uno stile ironico e coinvolgente si celano strati di complessità capaci di aprire mondi, o scatenare tempeste implacabili, cui solo un inaspettato incontro con la possibilità di un legame veritiero può tentare di far fronte, nel sincero rispetto di tutte le indelebili zone di oscurità che appartengono a ciascuno.