Charlotte Perkins Gilman / Per un’emancipazione femminile negli USA

Charlotte Perkins Gilman, La carta da parati gialla e altri racconti, tr. di Kristi Veseli, Lorenzo de’ Medici Press, pp. 96, euro 13,00 stampa

Divenuto testo canonico da molteplici punti di vista – per la storia della short story angloamericana, per la critica letteraria incline (o anche avversa) all’interpretazione psicanalitica, per la critica femminista, ecc. – il racconto The Yellow Wallpaper (1890-92) di Charlotte Perkins Gilman gode di molteplici traduzioni in lingua italiana. Quattro anni fa, ad esempio, ci si era occupati, sempre su Pulp Magazine, della pregevole pubblicazione bilingue della short story da parte della casa editrice Galaad, nella collana “I Lilliput”, prefata da Alessandra Calanchi e tradotta da Luca Calanchi. Si aggiunge ora la traduzione, per la cura di Kristi Veseli e per i tipi di LdM Press, non solo della Carta da parati gialla, ma anche di altri sei racconti che fanno parte delle oltre 190 short stories scritte dalla scrittrice.

Ed è la prolificità di Perkins Gilman, come manifestazione di una volontà e capacità di scrittura di importanza vitale, a rinviare a uno dei nuclei centrali del racconto più noto, ossia alla «nevrastenia temporanea, una leggera tendenza all’isteria» della protagonista. Il marito medico – seguace delle teorie, a base prettamente fisiologica del neurologo Silas Weir Mitchell (1829-1914) – non esita a istituire una correlazione tra questa condizione e la dedizione della moglie alla scrittura, pratica che le viene quindi proibita con i modi autoritari di un discorso che mescola una presunta scientificità all’esercizio diretto del potere patriarcale. Si tratta di un esempio paradigmatico del veto maschile sull’accesso delle donne alla creazione letteraria, ribaltato da Perkins Gilman sia attraverso sia all’interno della propria opera (come affermano anche, in modo vigoroso ed esplicito, i due testi programmatici che incorniciano la short story nella presente edizione: Un’ancora nel vento e Perché ho scritto La carta da parati gialla).

Come anticipato, gli altri sei racconti contribuiscono a delineare una visione più ampia e sfaccettata della produzione letteraria dell’autrice. Cambiamenti, ad esempio, presenta un nucleo narrativo parzialmente simile alle premesse della Carta da parati gialla, con la sostituzione della pratica della scrittura con la pratica della musica, ma con un esito più positivo e pacificato. Si passa poi per Se fossi un uomo: racconto che è, più che altro, un bozzetto a tinte parodistiche. Quando Mollie, senza un’apparente ragione narrativa, può di punto in bianco vestire i panni di un uomo, inizia a “imparare” quali siano le differenze tra la sua vita e quella del marito Gerald, nonché a capire – sempre in modo arguto, ma sostanzialmente pacato – come funzioni l’ordine sociale patriarcale. Una formazione che Perkins Gilman sembra impartire anche al suo pubblico, con il quale intrattiene, in ogni caso, un dialogo a più livelli, come dimostra il caso della citazione elogiativa di Leroy Scott (1875-1929): collega scrittore di una generazione più giovane e già di un certo successo, benché dal chiaro orientamento socialista.

Il successivo Quando ero una strega ricalca i passi di Se fossi un uomo, immaginando una temporanea acquisizione di poteri magici per la protagonista, che così capisce di poter avere tanti “privilegi”, ma solo in funzione di questa provvisoria trasformazione magica della propria posizione nel mondo. Mentre La ragazza dal cappello rosa propone una piccola storia abbozzata di solidarietà femminile, nonché maschile, nei confronti di un’altra donna in pericolo, Il piccolo cottage e Una madre snaturata riportano infine il fulcro del discorso verso una critica – sempre garbata, ma piuttosto ferma – dell’ordine patriarcale e delle sue varie storture.

Grazie alla traduzione agile e precisa di Kristi Veseli, e a dispetto di un’introduzione che è più una presentazione sintetica delle singole short stories che non una nota critica introduttiva che completi l’operazione editoriale (sulla falsariga, ad esempio, di quanto proposto da Calanchi nell’introduzione all’edizione Galaad del 2020), si può così apprezzare una fisionomia più completa dell’autrice rispetto ad altre traduzioni della Carta da parati gialla. Tale short story è stata spesso letta più come un exemplum di altri discorsi che non come la punta di diamante di una produzione comunque più varia e sfaccettata.