Libro d’esordio di Carola Susani, con cui ha vinto il Premio Bagutta Opera prima nel 1996, Il libro di Teresa è uscito quest’anno in una nuova edizione per Marietti 1820. Il romanzo è molto breve e racconta la storia di una famiglia, scandita dal ritmo dei capitoli che si succedono velocemente, con l’alternarsi del punto di vista di ciascuno dei componenti. “Il modo in cui Carola Susani decide di raccontare questa storia […] è classico e avveniristico. Classico perché l’io è l’unico pronome che, da sempre, può portare contemporaneamente una verità e una menzogna […]. Avveniristico perché la struttura è propria alle pagine di un libro ma perfetta per scivolare su uno schermo. Frammenti, impressioni, dichiarazioni, tentennamenti, asserzioni massimaliste.” Queste sono alcune parole della postfazione di Chiara Valerio, e da queste voglio cominciare perché, sebbene siano considerazioni conclusive, credo che siano perfette per entrare nell’atmosfera creata da Susani.
Una famiglia come tante: due genitori e cinque figli, una di loro è la Teresa del titolo, che insieme ai suoi fratelli vive i tumulti del periodo che va dall’avvento al potere del fascismo fino al dopoguerra. Attraverso le loro parole ci conducono in un periodo oscuro, ma la gravità degli eventi sembra affievolirsi nel racconto, la pesantezza dei giorni permea la narrazione, scarna e asciutta e allo stesso tempo evanescente: ognuno è avviluppato nel proprio sé e nelle preoccupazioni quotidiane, vittima inconsapevole di esistenza e contesto: il mondo interiore predomina su quello esterno. Incontriamo infatti la maggior parte dei personaggi quando sono bambini o giovani ragazzi, ritrovandoli poi nel percorso della crescita. I loro mutamenti li viviamo “da dentro”, filtrati attraverso il loro modo di pensare e le loro esperienze.
C’è un personaggio importante che aleggia attorno agli altri, Dio: la spiritualità infonde in maniera profonda il racconto, e la presenza del divino è sempre presente nelle pagine. Non a caso il primo capitolo, l’unico a non contenere un nome proprio, si intitola L’arrivo dello Spirito, che è quindi tra i primi personaggi ad apparire. Lo Spirito è vicino, per citare il verso del vangelo di Giovanni “Il verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”, ed è effettivamente ciò che accade nell’incipit. Dopo il suo ingresso peculiare, lo Spirito indugia e continua a manifestarsi ogni giorno nell’umanità più piccola e semplice.
Il racconto è crudo, il linguaggio scelto è duro e asciutto, al primo impatto addirittura respingente. Un esordio letterario all’epoca senza dubbio di grande interesse, e che continua a coinvolgere. Si comprende quanto le scelte della scrittrice abbiano contribuito al realismo della narrazione e allo stile cinematografico, dando vita a immagini vivide dove i personaggi vengono avvertiti dal lettore come presenze molto vicine.