Carlo Lucarelli / La bellezza in un mondo nero

Carlo Lucarelli, Bell’abissina, Mondadori, pp. 183, euro 17,00 stampa, euro 9,99 epub

1937 (antefatto) e 1940. Gli anni insalvabili di Mussolini. Sono all’opera squadre di polizia in cui designati “agenti delle Fognature” perlustrano i cunicoli sottostanti le strade dove passa il Duce alla ricerca di eventuali bombe. Il commissario Marino, vecchia conoscenza di Carlo Lucarelli (se avete dubbi leggetevi le interviste allo scrittore), segretamente antifascista, si ritrova emotivamente invischiato in una storia di donne ammazzate e di una donna bellissima ed eritrea, particolare quest’ultimo che in quegli anni poteva fare un’enorme differenza. Le confidenze di un ex agente della “Presidenziale” (sezione che si occupa della sicurezza di Mussolini) sono materia a cui un vero poliziotto come lui non può sottrarsi: nell’ottobre del 1937 il cadavere di una donna (prima ritenuta bambina, poi di piccola statura e infine nana) sgozzata e scarnificata viene ritrovato nelle acque luride dello scolo in una galleria del quartiere Prati a Roma. Marino ascolta il racconto nell’aprile del 1940 in una Cattolica dove lo stile balneare, le musiche ballabili, la brezza marina vorrebbero contrastare il regime ma portano con sé soltanto il presagio della tempesta in arrivo (in giugno l’Italia entra in guerra contro Francia e Inghilterra).

A Cattolica Marino ha a che fare con la famiglia di un ricco imprenditore – Francone Brandimarzio – i cui affari sono avvenuti soprattutto nelle Colonie prima di ritirarsi nella città adriatica. Questo Giallo Mondadori prende forma nell’intreccio misterioso di ragazze morte ammazzate, di fiumi di denaro intascato dai gerarchi del regime, di irretimenti sentimentali dovuti all’affascinante bellezza abissina di Weinì. Che all’oscuro delle contraddizioni spirituali di Marino non può che odiarne i passi e i movimenti. Le debolezze del commissario, l’intima solitudine sono strettamente legate agli intoppi, alle digressioni arbitrarie che pensieri e azioni dei personaggi si fanno spazio nella trama del romanzo. Lucarelli sembra accarezzare la sua vecchia conoscenza (il primo incontro è del ’93) anche quando lo guida negli spazi bui (e neri) del pericolo (armi o pugni che siano). Non gli dà la veste del vincente, nemmeno nelle relazioni amorose nonostante l’indubbio fascino (“olimpicamente bello”, viene definito). Senza contare che il ruolo di servitore dello stato, per chi agisce clandestinamente come antifascista nel gruppo di Giustizia e libertà, non rende sicuramente agevole la vita. La bella e grintosa abissina non lo sa, ma in questa storia di personaggi biechi o ingenui e incapaci, il suo odio verso il rappresentante della giustizia – a cui lei si oppone con tutte le sue forze – le fa sfuggire l’insita nobiltà della vocazione. Lei e Marino odiano lo stesso mondo. È uno scontro sulla soglia dell’ambiguità tragica e compiuta.

Cattolica non è statica in tutto questo, sembra essere il contenitore con i propri mutamenti di luce e buio, di colori cangianti che rimbalzano sulle scene: da quelle intime, seducenti, a quelle di violenta azione. Siamo avvolti da un generale spostamento verso un blu che impregna l’atmosfera rivierasca, frequenza tipica di chi si trova in un mood di inarrestabile fregatura. Weinì non fa parte di un piano, è l’incarnazione del piano in tutti i suoi rivolgimenti di spirito. E come forte exploit di bellezza, e pur inamovibile dal proprio terreno, mantiene saldo Marino, personaggio multidimensionale che tuttavia agisce riservandosi quasi per caso una salvezza a parte. Weinì, con la sua azione, avanza legittimando il proprio futuro. Ambedue, commissario e ragazza, sono fermi nelle loro leggi, fatalmente lontani e con il compito di capire quello che hanno nel cuore.