Caitlín R. Kiernan / Visioni di realtà

Caitlín R. Kiernan, Il violino di ammonite, tr. di Barbra Bucci, Edizioni Hypnos, pp. 400, euro 18,90 stampa

«Dopo la paleontologia, scrivere era l’unica altra cosa che potevo immaginare di fare nella mia vita». Oltre un quarto di secolo fa, in una vecchia intervista Caitlín R. Kiernan forniva questa stravagante ma precisa chiave di lettura della sua futura carriera letteraria. Al centro di questa parabola – transitata dallo studio degli anfibi attraverso fumetto, romanzo ma soprattutto l’amato formato delle short story – l’ossessione per la stranezza del mondo che unisce la sua formazione scientifica weird all’avanzamento del lavoro letterario. Anche se alla fine è stato quest’ultimo a regalarle fama internazionale e a pagare le bollette, le sovrapposizioni tra i due emisferi di una immaginazione che ispeziona la quotidianità come si perlustra il fondale di un mare infestato e alieno, sono evidenti anche nei quattordici mirabili racconti di questa antologia, la prima meritoriamente pubblicata in Italia di un’autrice che in questo secolo ha già vinto due volte il “World Fantasy Award” e il “Bram Stoker Award”. Quello di Kiernan non è stato del resto un esordio qualsiasi. Negli anni ’90 Neil Gaiman, la vuole per The Dreaming, uno spin-off di Sandman, mentre autori diversi come potevano esserlo Clive Barker e Harlan Ellison la accolgono prontamente nella ristretta cerchia dei loro simili. L’attraversamento dei generi – dalla fantascienza al dark fantasy – fa parte della sua cifra autoriale. Come creatrice di mondi, dentro i quali i quali ogni familiarità non può che rivelarsi temporanea, fallace e illusoria, Kiernan si rivela autrice onnivora che riconosce volentieri i debiti letterari contratti da lettrice precoce, che estende ai quattro vertici della narrativa fantastica, da Ray Bradbury a H.P. Lovecraft, per dire.

Il riferimento a Lovecraft non stupirà il lettore in quanto particolarmente ovvio e ricorrente nella selezione di questa raccolta, con tanto di effluvi e malevole deità che dalle profondità dell’oceano traspirano nella casa stregata descritta nei racconti del Ciclo di Dandrige (2000-2003), manifestamente ispirati allo scrittore di Providence. Oceano che già la faceva da padrone in Case in fondo al mare, trasposizione american gothic della strage di Jonestown, raccontata dall’amante della sacerdotessa della setta. In tutto questo inutilmente cercheremo tentacoli e fan-service lovecraftiani. Per Kiernan il senso del weird non nasce dal catalogo più o meno interiorizzato del genere ma dalla consapevolezza che, semplicemente, come specie non siamo destinati a ricevere risposte conclusive solo perché ci intestardiamo a rivolgere domande alla realtà in cui siamo immersi. In questo non c’è niente di soprannaturale. Niente, anzi, suona più materialistico e scientifico della “nostra piccolezza e insignificanza nell’universo”. Pardon: in tutti gli universi possibili. Il lessico levigato della paleontologa queer penetra del resto nella prosa, a cominciare dal titolo del racconto che dà il nome al volume: quelle ammonite portate dal fondo del mare con cui un serial killer decide di impreziosire il suo osceno strumento di celebrazione, prima di concludere definitivamente la sua turpe carriera. L’ottima traduzione di Barbra Bucci dà profondità alle costruzioni del linguaggio con cui Kiernan, fautrice senza macchia del racconto breve, setaccia la stranezza affiorante dalla quotidianità di micro- mondi narrativi pressoché perfetti.