Bernardo Valli / L’avventuriero del reportage

Bernardo Valli, Se guardo altrove. Letteratura, arte, fotografia, cinema (1962-2019), Ventanas, pp. 600, euro 26,00 stampa, euro 9,99 epub

Ho letto tutti di seguito gli oltre ottanta articoli che compongono la bella raccolta di Bernardo Valli, Se guardo altrove. Una lettura quindi diversa da quella della destinazione originaria. E mi sono soffermata sul titolo solo dopo, dopo averli letti tutti, dopo averli lasciati decantare, dopo averci pensato su. Mi ci sono soffermata quando mi sono chiesta come avrei fatto a raccontare questo libro e questa esperienza. Anche perché quando si legge in elettronico, che sia un pdf di lavorazione o un epub definitivo, il titolo lo si vede solo all’inizio, e non ogni volta che si chiude il libro, come si fa con i cartacei. Così riguardando il titolo ho pensato: ecco, un titolo preciso e sintetico, che in due parole racchiude l’essenza di questa raccolta. Guardare altrove è un modo di vivere. Una scelta precisa che non vuol certo dire, in questo caso, distogliere lo sguardo. Vuol dire piuttosto indirizzarlo a quello che è nuovo, diverso, inconsueto, misterioso, incomprensibile, affascinante. E l’altrove è un luogo ma è anche un quadro, uno scrittore, un pittore, una musica, un’esperienza. L’altrove può essere sotto il nostro naso e il nostro sguardo non riesce a vederlo.

La curiosità, l’occhio, le orecchie, l’anima di Valli sono sempre, costantemente, attentamente, attivamente rivolte all’altrove, dovunque questo si trovi. Da inviato di guerra l’altrove era tutto sommato facilmente identificabile. Ma i pezzi contenuti in questa raccolta sono pezzi non da inviato. Sono pezzi culturali, e qui l’altrove è spesso a casa, in Francia o addirittura a Parigi, dove Valli ha passato buona parte della sua vita. Ma è un altrove concettuale, culturale, talora metafisico. Il cui compendio è così corposo, così vario e così interessante da poter essere letto tutto di fila, come si fa per i romanzi. Dal 1962 al 2019 sono più di cinquanta anni, e si va da Jean-Paul Sartre a Emmanuel Carrère e Stieg Larsson. Dal poeta Lorenzo Calogero, sconosciuto ai più e scoperto da Leonardo Sinisgalli (ultimamente un po’ meno sconosciuto) a Claudio Magris. Da Paul Cézanne a Jackson Pollock. Da Albert Camus a Jonathan Littell. Da Edmund White a Vasilij Grossman. Si parla di Rostropovich, dell’inaugurazione del Beaubourg, di Macron. Si parla della controversa mostra delle immagini di Birkenau e di William Klein. Ci sono i grandi classici, Saint-Simon e Montaigne e Voltaire e Proust. Ci sono i grandi eventi, il maggio del ’68, il muro di Berlino, il cambio di secolo. Ci sono i grandi personaggi: Claude Levi-Strauss, Louis Buñuel, Graham Greene, Leonardo Sciascia, Jean Dubuffet, François Furet.

Scritti per “Il Giorno”, “Corriere della Sera”, “La Stampa” e “La Repubblica”, gli articoli sono recensioni di libri, interviste, pezzi di commento. Sempre caratterizzati da uno sguardo che è aperto, che abbraccia senza pregiudizi quello che accade, ma che non nasconde gusti e opinioni, considerazioni e riflessioni personali. Dal 1962 al 2019 vuole anche dire che si tratta di un libro diverso a seconda di chi lo legge: può essere un viaggio di ricordi e ritrovamenti per chi ha vissuto quei tempi, e un’esperienza di confronto con il proprio sguardo, oppure un’avventura alla scoperta di un passato recente e di come lo si può raccontare. E poi ci sono, tra le righe e talora anche esplicitati, i temi cari a Valli e al suo lavoro: cosa vuol dire essere un inviato, cosa è davvero uno scoop, che cos’è il giornalismo, cosa vuol dire leggere e scrivere di un libro, come si fa a intervistare un grande personaggio. Non sono i trucchi del mestiere ma un’etica, un approccio mentale e professionale che valeva cinquanta o sessanta anni fa ma che vale tuttora, nonostante i cambiamenti enormi che si sono verificati nei mezzi di comunicazione e nonostante le condizioni completamente diverse in cui i giornalisti si trovano a lavorare. Il rispetto dei fatti e delle persone di cui si parla, la consapevolezza che il proprio è solo uno dei possibili punti di vista, il sapere che quel che si è scritto oggi domani potrebbe essere smentito o modificato perché la conoscenza avrà fatto un passo in più: tutto questo non viene quasi mai dichiarato da Valli ma viene costantemente applicato negli articoli che compongono il volume. E che come rappresentano il ritratto di un’epoca e di una civiltà – quella europea e molto anche quella francese – rappresentano anche il ritratto dell’autore, di un giornalista e di un uomo attento, colto, interessato, appassionato e divertito. In modo che il libro è anche una prova e una testimonianza di come il lavoro del giornalista ha valore solo se è fatto rispettando un’etica semplice e rigorosa, quella che si applica nelle scelte della vita. E quando ha valore è qualcosa che resta, che ci arricchisce e che ci fa bene.