Creature terrene o trasfigurate dall’immaginazione poetica, protagoniste della cronaca o del canto, le donne di Dante proiettano la loro fascinazione letteraria e storica fino ai giorni nostri, liberandosi dai vincoli del contingente per consegnarsi, attraverso la voce e l’aura del poeta, all’eternità. Ne ha scritto, con il consueto rigore e l’affermata capacità divulgativa, Marco Santagata, in un recente volume edito da il Mulino, impreziosito da un notevole apparato iconografico cha dà prova della fortuna dantesca nell’arte di ogni tempo, dai codici miniati fino ai traguardi della produzione contemporanea.
Il viaggio tracciato da Santagata, assecondando a ben vedere una tensione mai davvero risolta tra vita reale e creazione letteraria, prende avvio nel segno della biografia: a salutare il lettore sono le donne di casa Alighieri, a partire dall’antenata padana che diede il nome alla stirpe; si avvicendano poi, nella ricognizione dell’autore, le figure femminili che in misura diversa hanno accompagnato la vita dell’uomo Dante: la madre Bella, di cui affiora un ricordo commosso e oltremodo riservato; la sorella Tana, punto di riferimento costante nella sua esistenza travagliata; la moglie Gemma, qui rivalutata come sostegno decisivo negli anni dell’esilio, a scapito di quella tradizione che da Boccaccio in poi l’aveva ingenerosamente dipinta come protagonista di un matrimonio infelice; infine la figlia Antonia, monacata con il nome di Beatrice, indizio che Santagata legge come un segno di affetto nei confronti del padre, il quale, nonostante la passione totalizzante per la politica e per la letteratura e malgrado le avversità che dovette affrontare, seppe trasmettere ai suoi cari il senso profondo della famiglia.
Il momento più alto e appassionato tra quelli che costellano il volume coincide con la presentazione di Beatrice/Bice Portinari, nella fantasia poetica una donna senza corpo, al pari della Laura petrarchesca, la quale tuttavia, rileva Santagata, era una “donna fisicamente onnipresente”, a differenza del “fantasma eroticamente sterile di Beatrice”. La vita breve della creatura terrena diviene immortale grazie alla funzione eternatrice del canto: la poesia della lode, concepita senza l’aspettativa di una corresponsione, celebra la donna come un miracolo, un prodigio in grado di suscitare meraviglia e di nobilitare l’animo di chi nutre nei suoi confronti un amore disinteressato. Il saluto di Beatrice, di per sé trasgressivo dal punto di vista sociale, garantisce salvezza anche agli animi vili, che secondo gli stilnovisti erano incapaci di provare sentimenti gentili: è questo il miracolo laico ed eversivo che Dante non può fare a meno di ammirare. Il gesto peraltro si carica di evidenti significati metaforici che giungeranno a sfiorare l’ambito religioso, fino a culminare, nelle vette della Commedia, nel simbolo di quell’amore che eleva alla sfera del divino.
Pagine di grande intensità sono dedicate, infine, a una tra le nobildonne di cui Dante aveva sentito parlare a Firenze prima dell’esilio e le cui storie egli aveva voluto riproporre nella sua opera per il loro valore esemplare. Santagata illustra, in un denso excursus, la vicenda tragica di Francesca da Rimini, dal marito sorpresa in flagrante con il suo amante Paolo e barbaramente uccisa: “cattiva lettrice”, la definisce lo studioso, poiché fraintende la storia di Lancillotto e Ginevra, confondendo la nobiltà d’animo con lo status sociale e recependo così in maniera distorta i valori cortesi cui dichiara di appellarsi. Il poeta, pur subendo il fascino di questa storia che sente così drammaticamente vicina, è fermo nel condannare la condotta dei due amanti, i quali, prede dei propri istinti, danno la misura del degrado dello stile di vita che affligge la nobiltà contemporanea.
Il valore di questo volume consiste nella capacità del suo autore di superare convenzioni e tradizioni assodate, per ridiscutere eredità e retaggi alla luce dei documenti e dei nuovi traguardi della ricerca, per avvicinarsi, nonostante l’inarrestabile fluire dei secoli, a comporre un ritratto quanto più fedele di Dante uomo e poeta, del suo immaginario, della sua visione del mondo. L’universo esistenziale e letterario del Sommo acquista infatti uno spessore inedito se riesaminato alla luce dell’impatto che le figure femminili, reali o immaginate, ebbero sulla sua vita e sulla sua sensibilità: un percorso di approfondimento, questo, che permette di restituire la legittima completezza al mosaico che, nel volgere delle stagioni e degli studi, andiamo ormai ricomponendo.