Un intrigo la storia del Dracula di Bram Stoker. Opera pop il Dracula di Bram Stoker di Francis Ford Coppola, complice una Monica Bellucci tolta di peso dalle passerelle haute couture e depositata discinta fra drappi sanguinolenti in compagnia di signorine denti-aguzzi dalle movenze lascive e assassine. Anni addietro Werner Herzog fece diventare creatura dei topi un Nosferatu indiziato di abuso di droga come qualsiasi passeggero terrestre. Tutti troppo mortali questi personaggi preda di passioni molto umane, passando in secondo piano la smania estrema per il liquido scarlatto chiamato sangue. Questioni d’esistenza vitale senza vita. Una follia non tanto illogica, se ci addentriamo nella mescolanza di eccessi artistici e mutazioni zoologiche.
Lasciamo alla Berlino anni Venti il Nosferatu di Friedrich Wilhelm Murnau, fumetto ante-litteram a passo ridotto, e denunciato dallo stesso Stoker. Quando le carte legali intersecano le profondità disumane. Jim Jarmusch (Only Lovers Left Alive) è ispirato dalla decadenza oppiacea e talvolta psichedelica di due sbandati (del resto riprendono i nomi, Adam e Eve, dei primigeni sbandati eccellenti), che fra Tangeri e Detroit attuano diverse tattiche allo scopo di rifornirsi del nutrimento sanguigno. Rincorse ospedaliere (lui) e loschi commerci nei vicoli della Kasbah (lei). Il tutto condito da nostalgiche riprese del rock new romantic di stampo inglese. Il noir al servizio di cuoricini delicati e traffici illegali di scarsa avvenenza storica. John Carpenter trasferisce le vicende ematiche nel roboante panavision western di Vampires, horror al servizio di praterie e città fantasma in pieno Nuovo Messico: giustizie molto sommarie, carni incendiate al sole implacabile del deserto.
C’è da chiedersi, qualcuno mi chiede, cosa c’entri tutto questo col folle, volenteroso, apprensivo Charles Baudelaire [Scotti]. Che identificava il vampiro con la donna, per lui simbolo e creatura reale di dipendenza. Donna uguale sangue? Non sembra così irragionevole, vista l’epoca. Ma la perversione è di Baudelaire, non certo della donna probabilmente occupata a difendersi. Alligna malizia in lui, che conosce benissimo le implicazioni sessuali (l’erotismo verrà dopo) presenti nella triade maledetta vampiro donna sangue. È l’aria impura del tempo, avverte Roberto Calasso nel suo La Folie Baudelaire, il poeta allestisce incontri semi-clandestini al Louvre con la madre Caroline. Chiacchiere non proprio innocenti, nel tepore protettivo dei saloni al cospetto di opere d’arte che gettavano addosso alla coppia la droga della classicità. Ma forse l’interezza delle Fleurs du mal serve ad allestire un banchetto dove gli invitati odorano di sangue rappreso, trasformandosi inconsapevolmente come materia da inserire nel menù. Una concezione senz’altro triviale, ma che potrebbe apparire come segno dei tempi a metà Ottocento. John Polidori aveva scritto il suo racconto (Il vampiro) pubblicato nel 1819, qualche decennio prima. Baudelaire di per sé non era per niente sexy, nemmeno l’intimità dei boudoirs ha mai convinto le creature notturne a considerarne gestioni voluttuose. Da parte sua troppa attenzione alle profondità dello spazio per attirare coloro che di altra profondità sono adepti e vittime: il tempo. E poi qui si tratta di arte letteraria, il vampiro è richiamato da faccende di gran lunga meno nobili, quelle che concernono la sua “sopravvivenza”. Il che dimostra come l’umorismo involontario trovi terreno perfino nelle storie e leggende più truci e millenarie.
Non sappiamo se nella sua vita absintica il poeta abbia incontrato vampiri più o meno camuffati, o affiliati di diversa specie, certo è che i versi dedicati a Le Vampire sono lamentosi e incarogniti, probabilmente perché la signora in questione apparteneva alla specie della femme fatale o alla schiatta di quelle che predestinano taluni uomini poco consapevoli o troppo drogati. D’altronde bisogna dire che durante i secoli i vampiri hanno saputo destreggiarsi in modi inediti, e anche rifugiarsi là dove chiunque (tranne Van Helsing) mai oserebbe spingersi. Dunque è molto più semplice indagare sui bordelli frequentati, comprese oscenità, denunce e piaceri strappati al delirio delle fiale. Le ragazze lì chiacchieravano, il fumo rendeva possibile mimetizzarsi, e il sogno fioriva allegro sotto i cieli parigini. In ogni caso non si sa dove siano andate a finire creature e pseudo-creature. A dare ascolto ai numerosi cineasti si passa fra tragedia, horror puro e finanche commedia. Non si va tanto per il sottile, oggi, richiamando a sé icone di dubbio gusto e maschere ben poco minacciose. I vampiri esistono, Baudelaire li odiava, e nella nostra epoca quasi nessuno ha la volontà di scoprire dove risiedono. Sospetti ne abbiamo, ma non riguardano affatto castelli transilvani, film seriali o le oscure rive della Senna.