Bastano pochi momenti perché un amore diventi eterno

André Aciman, Cercami, tr. Valeria Bastia, Guanda, pp. 268, euro 18,00 stampa, euro 9,99 epub

Ha voluto chiudere il cerchio, André Aciman, scrittore statunitense, nato in Egitto da una famiglia di origine ebraica. Sono passati dodici anni di distanza dal romanzo Chiamami col tuo nome, un successo amplificato dal film omonimo del regista italiano Luca Guadagnino, che nel 2018 si è aggiudicato il premio Oscar per la sceneggiatura non originale scritta da un grande del cinema, James Ivory.
La storia d’amore adolescenziale tra Elio e Oliver ha lasciato qualcosa di incompiuto nell’autore, che ha sentito la necessità di tornare ai personaggi del suo romanzo più famoso.

In Cercami, i due amanti, ormai cresciuti e separati da vite diverse, vissute lontane uno dall’altro, sentono forte il richiamo a quell’estate, un tempo breve dell’esistenza che però li ha segnati più di ogni altra esperienza.
E questa brevità temporale nell’avvicendarsi dei fatti, o meglio dei sentimenti, è prevalente nelle vicende che Aciman vuole raccontare, dove sentimenti profondi e duraturi sbocciano in pochi istanti.

Come nel caso del padre di Elio, Samuel, personaggio quasi marginale nel romanzo precedente, ma ora protagonista della prima delle quattro parti in cui è diviso Cercami, la più lunga e corposa, intitolata “Tempo”. Samuel sale sul treno a Firenze per raggiungere Roma, dove un Elio, adulto e pianista affermato lo sta aspettando. Incontra così Miranda, giovane e affascinante fotografa, anche lei diretta a Roma per motivi di famiglia. Si scambiano sguardi, poi alcune parole di circostanza per rompere il ghiaccio ed è fatta. Arrivati a Roma, non si lasceranno un attimo. Poche ore e tra Samuel e Miranda, che del primo potrebbe essere figlia, è nato un sentimento che li porterà, come capiremo poi, condividere le proprie vite.

Lo stesso succede nella seconda parte, “Cadenza”, dedicata a Elio. A Parigi, Elio incontra Michel, molto più grande di lui. Un concerto, una cena: poche ore passate insieme bastano perché i due si sentano attratti in modo inesorabile. C’è anche una sfumatura di mistero, quando Michel mostra al suo giovane amante un manoscritto musicale che il padre gli ha affidato in punto di morte, pregandolo di conservarlo come un bene prezioso. Elio si appassiona al manoscritto e alla storia che può celarsi dietro, ovvero quella di Léon, musicista ebreo che nella Francia occupata dai nazisti affida al padre di Michel le note musicali che potrebbero avere un significato così importante da serbarne il segreto per sempre. Sebbene non sia mai nominato, Oliver è presente sullo sfondo di questa parte, nelle parole che Elio dice al suo amante, quando parla di una persona importante del suo passato e che lui non ha mai potuto dimenticare.

E troviamo Oliver protagonista di “Capriccio”, terzo capitolo del romanzo. Durante una serata tra amici, Oliver, uomo maturo, sposato e con figli grandi, si appresta a lasciare la sua vita da docente universitario per ritirarsi in campagna. È attratto da due dei suoi ospiti, un uomo e una donna, ma il suo pensiero torna sempre all’origine, a quell’estate lontana dove tutto è cominciato, all’unica persona davvero importante della sua vita.

È solo nella quarta e ultima parte, “Da capo”, la più breve, che i protagonisti di Chiamami col tuo nome possono finalmente riunirsi e ritrovare, intatto, quel sentimento che li ha legati in modo indissolubile, liberi finalmente di poter vivere la loro storia d’amore.
Nonostante lo scetticismo che il lettore può provare nel leggere di questi incontri – può davvero un amore duraturo nascere nel giro di pochi istanti? – Aciman si dimostra ancora una volta uno scrittore sensibile alle tematiche dei sentimenti che legano – o separano – le persone, esplorando il mondo così complesso dei rapporti umani: che sia l’amore fisico e sensuale degli amanti, o l’affetto tra genitori e figli, o ancora il legame che unisce nell’amicizia, non importa.

Ed è bravo lo scrittore ad avvolgerci in queste atmosfere affascinanti, dove i personaggi parlano della loro vita, dei genitori e dei figli, di amore e di sesso, di filosofia e di musica, dei piaceri della vita che si possono trovare in un caffè bevuto in un bar associato a un particolare ricordo o nel visitare un luogo significativo, con una naturalezza che ci appare disarmante, tanto da provare tenerezza per ognuno di loro.
Nel confronto tra generazioni e nel tornare sempre a un passato che si sente ancora troppo vivo, l’autore ci ricorda l’importanza del tempo, un bene prezioso, che spesso sprechiamo in vite non vissute veramente. E allora ecco la malinconia del rimpianto per i momenti perduti, una tristezza dolce, che pervade il romanzo soprattutto nelle battute finali.

Non stupisce che un regista raffinato come Guadagnino abbia trasformato in un film uno dei romanzi di Aciman, autore altrettanto elegante nella scrittura, delicato nel trattare temi a volte scottanti, come l’omosessualità, e dotato di una cultura raffinata che trasmette ai suoi personaggi e che noi lettori non possiamo fare a meno di apprezzare.