Nella tua introduzione a Agite voi stessi scrivi che il pensiero e l’operare di Kropotkin hanno sempre una postura ‘costruens’ e che questo suo essere propositivo lo differenzia dalle correnti di pensiero anarchico ‘destruens’ più concentrate sulla distruzione del potere nelle sue varie manifestazioni. Anche la rivoluzione è necessariamente distruttiva, ma il tempo della rivoluzione così come intesa nel ‘900 sembra finito. Per questo Kropotkin torna a essere attuale in modo trasversale?
Il pensiero di Pëtr Kropotkin, com’è naturale che sia, ha un’evoluzione continua che risente, ovviamente, dei fatti e degli avvenimenti di cui è stato testimone. Il suo approccio è stato fin dall’inizio quello tipico di un “savant”. La prima caratteristica del pensiero kropotkiniano è la sua convinta multidisciplinarietà. Pochi sanno, presumo, che i suoi studi all’università di San Pietroburgo (1867-1869) si sono compiuti nella Facoltà di Scienze fisiche e matematiche. La sua primaria preparazione è pertanto questa, ma nel suo percorso di istruzione e di formazione egli ha sviluppato, con ricerche di alcuni anni sul campo, conoscenze geografiche, storiche, antropologiche, etologiche, filosofiche, che permetteranno al nostro “principe anarchico” (era nato nobile) di sviluppare un approccio alla conoscenza in modo interdisciplinare. Questo aspetto della sua formazione gli consentirà di avere uno sguardo profondo sulla complessità della vita reale senza abbandonarsi a un eccessivo e limitante iper-specialismo. Egli guarda alla realtà delle cose con uno sguardo obliquo a quello del potere (politico, culturale, accademico) e con metodo però sperimentalista, induttivo-deduttivo, poco viziato da schemi ideologici troppo stretti. Ma non per questo privo di un’etica libertaria che, anzi, costituirà una sua costante ricerca che culminerà nell’opera uscita postuma (L’Etica, 1921) in cui cercherà di sviluppare proprio un’etica realista (realisticamente fondata). Questi sono due aspetti che rendono, a mio modo di vedere, attuale il suo percorso formativo e culturale.
L’anarchismo (meglio sarebbe dire gli anarchismi) si è caratterizzato in quanto negazione. La sua forza rivoluzionaria si è espressa storicamente, nel pensiero dei classici, soprattutto nella dimensione del rifiuto (di ogni forma di dominio). Questo è quanto viene comunemente riconosciuto e interpretato dagli studiosi dell’idea libertaria, praticato dai militanti storicamente organizzati, vissuto dalla corrente individualista ed educazionista.
Ma la parte destruens dell’idea anarchica non è, a mio modo di vedere, più in grado (da sola) di cogliere le grandi opportunità e le sfide che la contemporaneità pone alle ideologie otto-novecentesche. Inoltre, è limitativo, e talvolta persino strumentale, risolvere l’originalità e la potenza dell’anarchismo dentro questa dimensione di negazione.
Il principe anarchico Pëtr Kropotkin è il pensatore, tra i classici, che più di tutti ha intravisto questa prospettiva e ha saputo indicare le linee generali di un possibile sviluppo dell’anarchismo che privilegi la dimensione positiva, ovvero una parte costruens.
L’idea della rivoluzione come “evento” è decisamente inattuale mentre non lo è se per rivoluzione intendiamo un “processo”, fatto di accelerazioni e di fermate, di lavoro evidente ed eclatante e di continua sistematica pratica quotidiana di libertà e di autonomia. In questo il pensiero di Kropotkin è sicuramente più attuale e più originale rispetto a quello di altri militanti storici.
Si dice che Kropotkin sia diventato anarchico in Siberia… Un luogo che è lontanissimo dai cenacoli politici e libertari dove si sviluppava il pensiero anarchico e rivoluzionario.
È lui stesso a testimoniarlo. Nella sua straordinaria autobiografia (Memorie di un rivoluzionario, 1899) racconta dei tre anni trascorsi in Siberia con una missione geo-topografica durante la quale ha modo di apprezzare una infinita serie di forme di collaborazione tra varie popolazioni e di esplorare ampi territori. Inoltre entra in contatto con una serie di usi e costumi di solidarietà sia in ambito umano che animale. Ma l’elemento decisivo è lo sguardo politico (in fieri) che egli applica nella maturazione del proprio ideale libertario. Capisce infatti come il centralismo burocratico e autoritario dello stato zarista sia assolutamente inadeguato (o peggio distruttivo) di ogni autonomia decisionale e comportamentale. Coglie insomma proprio in queste lande desolate l’inutilità e la negatività di un apparato statale centralistico e capisce l’importanza di pensare un’organizzazione sociale basata su principi di autonomia, libertà, diversità. Tutto questo certamente è stato favorito da questa esperienza così formativa lontana dalla corte zarista e dalla capitale corrotta e burocraticamente organizzata.
Una cosa che colpisce molto nel pensiero di Kropotkin è il nesso strettissimo fra i diversi aspetti dell’agire umano e quelli delle forme animali e naturali. Secondo te il suo pensiero può offrire elementi utili e creativi alle riflessioni che si fanno oggi sul superamento dell’antropocentrismo? Ci sono studi in questo senso?
Kropotkin pubblica una serie di articoli (tra il 1890 e il 1896) nella rivista inglese Nineteeth Century per confutare le tesi sostenute dal biologo Thomas Huxley che trasponeva la teoria della lotta per l’esistenza di Darwin alla vita della società umana (il darwinismo sociale e l’eugenetica). Gli stessi articoli costituiranno poi gli otto capitoli del libro che sarà editato nel 1902, Mutual Aid. A Factor of Evolution (London). Un insegnamento che possiamo trarre da queste pagine è che la rappresentazione che il dominio ci continua a imporre (che si nutre della massima secondo cui a prevalere è la legge del più forte e che la competizione è il fattore principale del progresso), viene smentita in modo evidente da uno sguardo obliquo rispetto a quello del Potere. Kropotkin capovolge questa visione del mondo che ha reso tossico il nostro pianeta e i nostri rapporti sociali, a favore della valorizzazione di pratiche di auto-organizzazione e di mutuo appoggio che rappresentano l’unica vera e possibile alternativa. Questo aspetto si rivela particolarmente importante oggi, ma rappresenta anche la base su cui ricostruire nuove forme di socialità e nuove configurazioni organizzative. Solo una vera sperimentazione di altri modi di vivere può sminuire la rappresentazione autoritaria delle relazioni umane, solo l’esempio può smontare un immaginario deleterio e avvilente e far trionfare la nostra scelta etica.
Un altro elemento significativo che giustifica la lettura e l’approfondimento di questo libro, è rappresentato dalla sua portata generale e complessa che gli è oggi riconosciuta da diversi studiosi in molteplici ambiti disciplinari. Stefano Mancuso, neurobiologo vegetale di fama internazionale, riconosce proprio nel pensiero di Kropotkin ciò che è oggi più che mai utile per comprendere il mondo vegetale, la sua straordinaria varietà, il suo significato per la vita di ogni essere vivente. Osservando la miriade di relazioni che governano i sistemi naturali noi troviamo proprio il mutuo appoggio come fondamento della interazione tra le varie piante. Questa prospettiva, oltreché ecologica ante-litteram, è anche priva di quell’antropocentrismo che concorre a determinare le catastrofi e i disastri a cui assistiamo impotenti. Primatologi della fama di Frans de Waal e biologi evoluzionisti come Stephen Jay Gould hanno messo in evidenza come tra gli esseri animali (uomo compreso) lo stile cooperativo che conduceva al mutuo aiuto, non solo predominava in generale, ma caratterizzava le creature più avanzate di ogni gruppo: le formiche tra gli insetti, i mammiferi fra i vertebrati. Il mutuo aiuto diventava perciò un principio più importante della competizione e della strage per ogni società che si potesse sostenere. Riconoscendo il loro debito nei confronti di Kropotkin questi studiosi hanno argomentato, con ulteriori ricerche, quanto la lotta per l’esistenza non sia tanto del singolo individuo contro tutti gli altri ma dell’insieme degli organismi contro un ambiente ostile. Piante, animali, e persino microrganismi come le cellule eucariote (come ha dimostrato Lynn Margulis) fondano la loro esistenza e la loro vita evolutiva sul mutuo appoggio (simbiosi).
Il fatto che Kropotkin individui nelle varie epoche storiche forme di auto organizzazione e di mutuo appoggio spontaneo degli umani significa che gli stessi sono per natura “buoni”?
Contrariamente a quello che una certa vulgata sull’anarchismo sostiene, i pensatori anarchici non hanno mai sposato la tesi di Rousseau secondo cui l’uomo è naturalmente buono (segnalo per chi desiderasse approfondire questo aspetto il mio libro: La condizione umana nel pensiero libertario, 2017). In particolare Kropotkin non ha una concezione “essenzialista” della natura umana. Non pensa cioè che esista una natura umana predefinita ma dimostra, attraverso vari argomenti e studi, che gli esseri umani sono appartenenti a una specie, sono condizionati dalla storia e dalla cultura, dall’educazione, dal contesto ambientale, dall’evoluzione genetica, ecc., insomma sono tante cose assieme. Quello che egli sostiene, di fatto, è che sia più e appropriato parlare di «condizione umana» più che di natura umana. E questo implica la necessità di pensare a un’organizzazione sociale diversa da quella attuale, strutturata sulla competizione e sulla lotta fratricida, sulle disuguaglianze e sui soprusi del dominio, a favore di una società basata su istituzioni che possano favorire invece relazioni libertarie e antiautoritarie.
Fra le lettere raccolte nel libro ce ne sono due del 1920 rivolte a Lenin. In particolare nella seconda – scritta a 2 mesi dalla morte – Kropotkin fa una protesta molto precisa sulle misure prese dal governo bolscevico contro i socialisti rivoluzionari. La lettera è molto critica ma Kropotkin sembra ancora fiducioso sulle sorti della rivoluzione russa. Eppure l’Armata Rossa aveva già sconfitto la rivolta di Makhno in Ucraina…
Kropotkin incontra un’unica volta Nestor Makhno a Mosca nel giugno del 1918. Il rivoluzionario ucraino non era ancora divenuto, all’epoca, il leader del movimento libertario che operò così fortemente nelle regioni ucraine. La sconfitta definitiva dei contadini e delle popolazioni, che hanno aderito alle idee libertarie, per opera dei bolscevichi avviene il 26 novembre del 1920 e Makhno è costretto alla fuga per sfuggire alla violenta repressione dei comunisti seguaci di Lenin e di Trotsky. La lettera che citi è del 21 dicembre 1920. Ma Kropotkin, giova ricordarlo, fin dal suo ritorno in Russia nel giugno del 2017, in numerose e documentate prese di posizione denuncia con chiarezza i pericoli e le insidie che si celano dietro la concezione leninista e bolscevica del processo rivoluzionario. La sua notorietà, non solo in occidente, ma anche in Russia, ne fa un personaggio difficilmente attaccabile in modo diretto e violento anche dal potere comunista. Il suo tentativo è proprio di chi cerca di bilanciare, con sensibilità politica libertaria, la difesa della rivoluzione popolare e spontanea contro l’autocrazia zarista e la salvaguardia dei principi anarchici e libertari rispetto alle concezioni autoritarie e accentratrici di marca bolscevica. Le due lettere a Lenin sono esplicite e chiare in questo senso. Non dimentichiamo inoltre che le organizzazioni sindacali e rivoluzionarie occidentali appoggiavano e sostenevano la rivoluzione russa in corso e che solo gli anarchici e i socialisti rivoluzionari russi erano in grado di capire in modo chiaro la deriva autoritaria che la rivoluzione stava prendendo. Come riconoscerà poi anche Emma Goldman, che non capì subito la vera natura del leninismo, nonostante quanto le testimoniavano i militanti anarchici e lo stesso Kropotkin (che ricevette la sua visita).
In una lettera ai lavoratori occidentali del 1917 Kropotkin dalla Russia scrive che: “è dovere di un vero internazionalista opporsi con tutte le sue forze contro ogni tentativo, da ovunque provenga di invadere un territorio vicino […] e che è suo dovere impugnare le armi in difesa del territorio.” Questa posizione di Kropotkin come è stata accolta dagli anarchici allora e come viene tenuta in considerazione oggi che le circostanze di una guerra di invasione tornano di drammatica attualità?
Le posizioni di Kropotkin sulla questione pace-guerra (mi si perdoni la semplificazione) sono articolate e complesse. Bisogna ricordare che egli, assieme ad altri esponenti (seppure una minoranza) del movimento anarchico internazionale, prese posizione contro l’imperialismo della Germania fin dal 1914. Nel 1916 firma un manifesto (il Manifesto dei Sedici) in cui si condanna in maniera decisa il militarismo degli Imperi Centrali e in difesa delle democrazie occidentali entrando in polemica con gran parte del movimento anarchico schierato su intransigenti posizioni antimilitariste e quindi contro la guerra tout court. Circa il confronto con la situazione odierna nella guerra tra Russia e Ucraina credo sia onesto evidenziare che esistono posizioni e sfumature differenti anche all’interno dell’anarchismo internazionale e che pertanto, in questo contesto, affrontare questa problematica sia difficile perché richiederebbe un discorso più articolato e ampio. La gravità del momento mi suggerisce di non rischiare di creare fraintendimenti e non ho nessun titolo per rappresentare l’opinione degli anarchici in generale. L’unica certezza che unisce tutti, penso di poterlo dire senza essere smentito, è contenuta nei principi dell’anarchismo che accomunano le varie sensibilità. Io stesso ho molti punti di domanda e poche certezze e diffido delle semplificazioni sloganistiche talvolta sbandierate per mettersi a posto la coscienza. Diciamo che quantomeno le idee di Kropotkin, anche in questo specifico argomento, sono serie e da prendere in considerazione critica, ma sono molto importanti. Personalmente le affermazioni che tu citi nella domanda le condivido sostanzialmente.
L’esperimento di democrazia e rivoluzione alternativa in Rojava è profondamente influenzato dal pensiero di Kropotkin mediato da Murray Bookchin. In quali aspetti in particolare?
Credo che ci siano diversi elementi del pensiero kropotkiniano che nel Rojava trovano interessanti applicazioni. Come hai ben colto è soprattutto grazie all’interpretazione che Murray Bookchin fa del rivoluzionario russo che le donne e gli uomini curdi hanno dato vita, in una tragica e difficilissima realtà geo-politica, a un esperimento così significativo di società libertaria. Ne segnalo uno su tutti: l’idea del Confederalismo libertario. Appena rientrato in Russia, nel 1917, Kropotkin rifiuta tutte le offerte di privilegi e di posizioni governative che il governo di Kerenski gli offre. Si impegna invece in un’opera di ricerca e di elaborazione di proposte in ambito federalista. Fonda infatti, sin dal gennaio del 1918 la Lega Federalista per combattere, concretamente e con proposte chiare e alternative, l’idea di un’organizzazione sociale e di uno Stato centralista. La sua concezione trovò riscontro in una serie di documenti e di studi che ovviamente i bolscevichi boicottarono e oscurarono. Questo del Federalismo e del Confederalismo mi pare, non solo per il Rojava, ma anche per noi, un tema su cui lavorare seriamente seguendo proprio questo approccio kropotkiniano.
In conclusione perché oggi una persona anarchica ma anche non anarchica dovrebbe leggere e studiare Kropotkin? Ci dai delle indicazioni di lettura?
Perché Kropotkin oggi? Direi soprattutto perché diverse sue idee sono oggi più che mai di estrema attualità. Ma, soprattutto, perché sono state riprese, come abbiamo visto da studiosi e attivisti di diverse culture e approcci disciplinari che ne hanno valorizzato e ampliato le concezioni. Infine credo che l’uso attuale che pensatori a me particolarmente cari, come Colin Ward e Paul Goodman, hanno fatto del patrimonio kropotkiniano, sia quanto mai importante per il nostro agire qui e ora nel processo di trasformazione sociale in senso libertario.
Temi come il rapporto città-campagna, il federalismo, la metodologia scientifica e di ricerca, l’istruzione integrale, solo per citarne alcuni, debbono essere discussi, ampliati, aggiornati, nel solco delle intuizioni e del metodo di analisi pluridisciplinare che Kropotkin ci ha lasciato in eredità.
Esistono in varie lingue una grande quantità di scritti del nostro rivoluzionario russo che non posso qui citare. Mi limito pertanto a segnalare poche opere in lingua italiana che mi paiono essenziali (e facilmente trovabili) per approfondire il suo pensiero: Il mutuo appoggio (Elèuthera, 2020), Campi, fabbriche, officine (Elèuthera, 2015), Scienza e anarchia (Antologia di scritti a cura di Giampietro N. Berti, Elèuthera, 2019) qui una recensione, Agite voi stessi (antologia di scritti scelti, rari e inediti, a cura di Francesco Codello, La Baronata, 2021); L’etica (La Fiaccola, 1990).
Il funerale di Kropotkin si svolse dal 10 al 13 febbraio 1921 e fu documentato dalla “Section of social chronicles of all-Russian cinema and photo publishing“. Fu l’ultima manifestazione pubblica di anarchici a Mosca fino al 1988.