Avendo pubblicato un corposo articolo sulla biografia di Natalia Ginzburg, La corsara, scritta da Sandra Petrignani, ci è sembrato giusto accompagnarlo con un’intervista all’autrice.
Qual è stato l’impulso che l’ha spinta ad imbarcarsi nella complicata impresa di scrivere una nuova biografia di Natalia Ginzburg?
Non è stato un impulso ma una considerazione: trovavo incredibile che nessuno avesse ancora scritto un libro che raccontasse vita e opera della Ginzburg nella sua interezza e nella sua importanza.
La messe di informazioni e di notizie biografiche dei tanti personaggi che compaiono in questo libro è notevole. Quanto a lungo ha lavorato a questo progetto? Ha mai temuto di non portarlo a termine?
Ho impiegato quattro anni in tutto. Tre di ricerche, letture, incontri con i testimoni e un anno più o meno per scrivere. I momenti di scoraggiamento sono stati tanti. Ho avuto più di una tentazione a mollare, sia per la paura di non farcela a dominare la massa delle informazioni che stavo mettendo insieme, sia per alcuni segnali antipatici che mi venivano da una parte della famiglia.
Purtroppo nel libro mancano le testimonianze dirette dei figli della Ginzburg, Carlo, Andrea (scomparso qualche mese fa) e Alessandra. Immagino abbia cercato di coinvolgerli: se così, perché crede non abbiano accolto la sua richiesta?
Per qualche motivo che ora, dopo tanto studio, posso intuire, hanno serie ragioni per non appoggiare un lavoro di approfondimento sulla storia della loro famiglia e su Natalia, la madre, in particolare. Insomma, io me la sono spiegata così: se vuoi mantenere dei segreti, non puoi appoggiare operazioni di scavo, a meno di non mentire sulle informazioni che dài. Sono persone troppo serie per mentire. Preferiscono tacere, probabilmente.
Ho notato un notevole coinvolgimento emotivo in questo suo studio, che tra l’altro si avvale anche di strumenti di critica letteraria al servizio del dato biografico. Col senno di poi, crede sarebbe stato migliore per la riuscita del suo lavoro un maggiore distacco critico dal soggetto della sua ricerca?
Credo anzi che sia stata la fortuna del libro abbandonare il progetto iniziale di una biografia scientifica. E’ diventato così un libro «caldo», un libro mio, in cui però i sentimenti personali sono stati tenuti perfettamente nei limiti. Ho seguito l’indicazione della stessa Ginzburg di spegnere i riflettori, su certi frangenti critici.
Il fatto di essere anche una scrittrice ha influito sulle modalità con cui ha condotto questo suo lavoro di ricerca biografica?
Io sono principalmente una scrittrice, che in alcuni testi si avvale di strumenti giornalistici, critici, storici. Mi viene generalmente riconosciuto di aver in qualche modo inventato un genere, che fra l’altro è ora parecchio seguito. E questo mi diverte. Anche perché a me è venuto un po’ a noia…
Come mai ha scelto di inserire soltanto poche fotografie?
Non mi sono state concesse le liberatorie.
Lei ha definito questa sua opera «il mio affondo in Natalia»: questa sorta di corpo a corpo ha in qualche modo influenzato il suo modo di porsi con la scrittura, la sua attività creativa, addirittura la sua vita?
È probabile che l’abbia fatto, ma è presto per dirlo. Bisogna vederne i risultati nel tempo, sono processi lenti.
Sandra Petrignani ha anche un suo sito.