Allora, diciamolo subito, va, così tolto il dente tolto il male: dopo il tragico epilogo di Honky Tonk Samurai, e il capolavoro western Paradise Sky (che pure non ha niente da spartire con la serie di romanzi con protagonisti Hap Collins e Leonard Pine), si percepiva parecchia attesa per l’uscita italiana di Rusty Puppy, titolo originale di Bastardi in salsa rossa, nuovo capitolo delle avventure dell’improbabile duo di detective loro malgrado, che con questo romanzo arrivano all’undicesimo episodio, nove pubblicati da Einaudi e due da Fanucci.
Hap e Leonard tornano quindi a farci ridere e riflettere, e questo fa indubbiamente piacere, certo, ma il romanzo precedente, che in qualche modo sembrava sancire la fine della loro tragicomica odissea, risultava di fatto nettamente superiore al libro che dovrebbe a tutti gli effetti testimoniarne una rinnovata continuità. Non che si pretendesse la banda ad attenderli in stazione – o meglio in libreria -, ma quel “qualcosina” in più che invece manca lo si avverte. Insomma, parliamoci chiaro: Hap si becca una coltellata mortale al termine di Honky Tonk Samurai e qui tutto riprende quasi come se nulla fosse stato. Il tempo di uscire dall’ospedale e via, oplà. Il che significa che, tolti quei due o tre capitoli iniziali, il resto diventa un normalissimo romanzo della serie, che ad essere onesti nulla aggiunge e nulla toglie. Viene perfino il sospetto esistesse già, corretto e riveduto per l’occasione.
Val sempre la pena in questi casi ricordare la lezione del grande Conan Doyle: è difficile uccidere i propri personaggi, soprattutto se ti hanno accompagnato per anni e, diversamente da ciò che provava lui per Sherlock Holmes, gli vuoi un gran bene. Perciò, visto e considerato che noi lettori di bene gliene vogliamo sul serio, a questi due guasconi, ben venga una resurrezione, nonostante la mancanza di quel certo quid, quel tanto di speciale, di eccezionale, che avrebbe dovuto accompagnarne il ritorno coi dovuti crismi.
È un donnone di colore dai modi burberi e spicci a tirare in ballo Hap, nonostante (per ragioni meramente etniche) Louise Elton preferirebbe parlare in primis col collega nero, impegnato al momento in svariate faccenduole amorose nelle quali ama cacciarsi fra un caso e l’altro. Scopo della visita della donna è fare luce sulla morte del figlio, Jamar, che a quanto pare stava cercando di mettere il sale sulla coda a dei poliziotti che insidiavano la sorella. Ma ci sono poliziotti e poliziotti, distretti e distretti. E i poliziotti del distretto nei quali Collins & Pine dovranno per forza imbattersi sono un mondo a parte. Per certa gente la legge non conta, sono loro a riscriverla, la legge, e non necessariamente nero su bianco, ma a forza di crimini insabbiati.
Fra uno spaccato sociale denso di degrado e disperazione, fotografato però con la pepata verve che ha imposto Lansdale all’attenzione di migliaia di lettori (quella sì che è rimasta intatta), e uno sguardo ai combattimenti clandestini, sia fra cani che fra persone, Lansdale alla fin fine consegna un romanzo che, al solito, si fa leggere dalla prima all’ultima pagina, anche grazie al ritmo cinematografico e a dialoghi spesso esilaranti, al limite del comico. Genere che tuttavia Lansdale non tocca né toccherà forse mai, perché a lui la risata serve suscitarla quando l’atto di far ridere il lettore si rende direttamente funzionale alla necessità di lanciare un messaggio. Che passa, e si fa chiaro, proprio per merito dell’innata, spigolosa leggerezza padroneggiata da questo autore, capace di plasmare a suo uso e consumo generi diversissimi restando fedele a se stesso e alla propria indole, umana e letteraria.
Godetevi dunque la scorpacciata di pagine che in ogni caso vi aspetta, nonostante il menu, stavolta, proponga qualche pietanza in meno. Ma quanto a spezie, beh, non mancherà di sollecitare i vostri palati.
In modo particolare per la salsa rossa, che scorre a fiumi.