“Un’opera dispendiosa per me e un rischio per gli altri. Quindi non la faccio spesso”. Così chiosa sorridendo Fausto Delle Chiaie nella trasmissione “I dieci comandamenti” mostrando al giornalista Iannacone uno dei suoi lavori. L’opera si chiama Investimento sicuro e consiste in una serie di monetine messe dall’autore in mezzo alla strada. Un tratto di gesso bianco le indica chiaramente… e succede che la gente se le porti via col rischio di finire sotto un’automobile “derubando” l’artista.
In Fuori catalogo (e che titolo altrimenti?) Fausto Delle Chiaie, genius loci della via che passa fra l’Ara Pacis e il mausoleo di Augusto a Roma, racconta in testo e molte fotografie, le sue opere, il suo rapporto con l’arte e con il luogo di cui si sente “custode”, con il mercato dell’arte, con le persone che passando entrano a far parte delle opere esposte. Infatti, in questa strada, da 25 anni l’artista ogni giorno improvvisa il suo museo all’aria aperta. Fatto di cartoncini scritti a mano in diverse lingue, piccoli segnali che orientano, di oggetti trovati nella strada, di rubbish che nel momento in cui sono scelti cambiano di segno o di rubbish che rimangono tali, come l’angolo usato da molti in guisa di gabinetto pubblico sia di giorno che di notte: wc ha scritto su un cartellino l’artista.
Gli oggetti di Delle Chiaie (frammenti di biglietti della lotteria, giocattoli rotti, mozziconi di sigarette, biglietti di entrata al museo, …) non vengono spostati, l’artista li lascia dove sono morti e con il suo intervento li riporta in vita. Un po’ l’inverso di quel che faceva Duchamp che portava i cessi nel museo e li chiamava fontane.
Un museo en plein air che non è solo di Delle Chiaie ma di tutti quelli che passano e hanno il coraggio di fermarsi a guardare e partecipare. Perché, in effetti, ci vuole un po’ di coraggio a fermarsi: il coraggio del curioso, di chi è senza pregiudizi, ha la mente aperta capace di cogliere e aprirsi al gesto artistico riconoscendolo “lì per lì”.
Quando, infatti, incontriamo le opere ironiche ma anche pensose, argute e fresche di Delle Chiae, veniamo sorpresi sia per la loro qualità inaspettata sia perché non siamo “garantiti” dall’istituzione museo che ci orienta e ci rassicura sul valore di quel che vediamo. Siamo noi in prima persona a dover decidere dei lavori di Delle Chiaie. Sono arte? Sono provocazioni degli studenti dell’Accademia d’Arte che ha sede lì vicino? Se porto via qualcosa verrò fermato? Quei cartellini con prezzi paradossali (un disegno 120 euro, due disegni 60 euro, tre disegni gratis) che non metteremmo mai in discussione in un luogo deputato a vendere l’arte saranno veri o saranno una provocazione? E se alla fine metto i miei soldi nella cassetta con scritto sopra “co-opera-azione libera e obbligatoria” a chi do questi soldi? A un artista sconosciuto? A un barbone? A un mendicante? O peggio ancora a un furbacchione?
Per quanto minimo sia, uno sforzo lo dobbiamo fare; per uscire dal noto, dalle classificazioni, dalla paura della strada e del diverso – che oggigiorno così fortemente ci stringe in una morsa – ed accettare l’intempestivo. E già di questo dovremmo essere grati a Delle Chiaie che ci fa dono di un’esperienza artistica totale fino a comprendere il suo stesso corpo che da quasi tre decenni è elemento centrale della sua ricerca in un gesto di resistenza che definisce la sua personale esistenza sulla strada.
Questo libro, scritto con leggerezza da Delle Chiaie, con le foto di Paolo Buatti, è a sua volta un’opera d’arte di Delle Chiaie che soavamente scrive sotto la dicitura seconda edizione: “nel frattempo sono cresciuto”.