Uruguaiana nata nel 1914, per la prima volta tradotta in Italia, Armonía Liropeya Etchepare Locino, nome d’arte Armonía Somers, è stata una femminista, pedagogista e scrittrice. Scritto nel 1950 e rivisto nel 1967, La donna nuda viene accolto da numerose critiche per il suo contenuto ritenuto oltraggioso: non poteva essere altrimenti perché il testo ha una forza sovversiva, sconcertante e perturbante che colpisce prepotentemente il lettore. Nascono anche diverse ipotesi su chi fosse l’effettivo autore che non contemplavano che potesse essere una donna. Si possono usare solo aggettivi superlativi ed estremi per un’opera che in centoquaranta pagine racchiude una capacità di straniamento totale e che affronta molteplici temi universali. Tutto è eccessivo per scelta, un’azione che più che sorprendere vuole scuotere le coscienze e l’intimo del lettore, puntando l’attenzione sui sentimenti più profondi e nascosti del genere umano.
La protagonista, Rebeca Linke, il giorno del suo trentesimo compleanno, si reca in una casa in campagna in mezzo a un bosco. L’età è pericolosa, come tutti gli anni che terminano con lo zero, sostiene la donna, perché spesso portano a voler decidere il da farsi da quel punto in poi. Ma lei, come negli anni passati, sembra non sapere cosa fare o volere. Lasciato il soprabito che indossava per il viaggio in treno, sotto non indossa niente, comincia a vagare per la casa vuota: in una stanza trova uno stiletto e non riesce ad allontanare l’impulso di decapitarsi. E da qui entra in un’altra dimensione, in un’altra vita che cancella di colpo la precedente: vede la sua testa a terra e con un colpo deciso la rimette al suo posto. Comincia a camminare nel bosco, nuda e con la ferita al collo che sanguina, e si avvicina al fiume come se potesse guidarla e difenderla. Nel suo peregrinare arriva nei pressi di un piccolo paese dove gli abitanti rimangono sconvolti dalla sua apparizione. All’uomo che la chiama Antonia durante il dormiveglia, avendola scambiata per la moglie, risponde con orrore che lei ha molti nomi ma che sono declinabili solo al femminile. Eva, Giuditta, Semiramide, Maddalena, Gradiva: lei compie il suo viaggio scatenando il desiderio degli uomini del villaggio e l’odio delle mogli.
È l’eros che permea il racconto, un sentimento che sprigiona desiderio e odio, è l’atavica volontà di possesso dell’uomo sulla donna che attraversa il romanzo, è la ricerca dell’estasi dell’amore puro che viene richiamato di continuo, è la paura del diverso che arma gli abitanti del piccolo paese di una disumanità senza limiti, è la nudità della protagonista quella che distrugge l’ordine sociale e religioso della comunità, è il contatto diretto con la natura che sembra poter dare un minimo di sollievo. Un romanzo di rottura degli stilemi letterari sia dal punto di vista del linguaggio sia del contenuto, a volte osceno altre surrealista, con immagini ancestrali e dissacranti e con rimandi intertestuali che ne fanno un’opera di fortissimo impatto. Il punto di vista narrativo passa da un personaggio all’altro senza soluzione di continuità: La donna nuda, a distanza di tanti anni, rimane attuale e sconvolgente, moderno ed eversivo, non di facile lettura ma che alla fine lascia tanto al lettore. Di questa scoperta non possiamo non ringraziare Laura Putti, traduttrice del testo e direttrice editoriale della nuova casa editrice Ventanas, che propone novità letterarie dell’America Latina cercando nel passato anche gioielli come questo e autori francesi del secolo scorso: un inizio davvero promettente che merita un grande in bocca al lupo.