La fantascienza, nonostante il suo orgoglio un po’ snob, è negli ultimi tempi soggetta a un infittirsi di mode, di manifesti letterari e politici, di correnti estetiche e di inevitabili opportunismi editoriali. Uno dei motivi fondamentali è che la fantascienza vende poco e quindi si bruciano rapidamente filoni e nuovi autori. Qualcuno, però, procede in direzione ostinata e contraria, sposando la logica cyberpunk originale del prosumer, ipotizzato da Alvin Toffler nel suo saggio di successo La terza ondata (1980), che descrive un consumatore attivo e capace di partecipare all’intero processo produttivo.
Sto parlando di Francesco Verso (scrittore, editore, traduttore, divulgatore e attivista) che pratica, nella vita quotidiana e nella sua professione, l’etica cyberpunk del conoscere e sperimentare, smontare e rimontare, modificare le prospettive canoniche degli oggetti e dei meccanismi produttivi per ipotizzarne degli altri. Scrittore affermato in Italia, con due Premi Urania, e-Doll e Bloodbusters, e altri romanzi interessanti come Antidoti umani e Livido, è il primo scrittore italiano di genere a pubblicare un romanzo di fantascienza negli Stati Uniti. I suoi punti di forza narrativi sono la conoscenza della scienza di frontiera, cioè quelle scoperte che sono al limite tra laboratorio e diffusione di massa, e che costituiscono il suo contesto forte e credibile, e un’attenzione sempre maggiore ai rapporti umani e al ruolo che la persona può assumere e praticare in questa nuova realtà.
I camminatori è una trilogia di cui I Pulldogs è il primo volume. Da un personaggio all’altro, fino a stabilire una serie di rapporti d’amore, di solidarietà e di amicizia, si delinea la geometria di un collettivo che è il vero protagonista del romanzo. L’idea che condividono è quella di non subire le tecnologie ma di reinterpretarle, di cambiare il progetto di profitto con cui sono state registrate e vendute, realizzando piccole reti di condivisione. La natura evidentemente politica della narrativa di Verso può oggi essere associata alla nascente corrente del solarpunk, anche se il suo percorso individuale è caratterizzato da forte autonomia politica e letteraria. Sicuramente Verso ha sviluppato attraverso le sue opere un’evoluzione che ha portato lui e altri attivisti a ritrovarsi in questa nuova estetica che ha forti connotazioni sperimentali e anarchiche.
In antitesi allo scontato steampunk, il solarpunk ha il suo centro nella pratica politica e nella sperimentazione di tecnologie alternative; è rivolto al presente e al futuro in maniera dichiarata, e intende scendere attivamente nel campo delle lotte sociali attraverso una propria interpretazione della tecnologia. In tutto lo scorrere della trama de I Pulldogs assistiamo alla presa di coscienza di alcuni personaggi attraverso il contatto con gli attivisti. È una vera comprensione della propria realtà di vita e di disvelamento delle logiche di sfruttamento, impoverimento e precarietà che dilagano nella Roma di un domani così immediato che potrebbe essere quello dell’anno prossimo. I temi sono molti, dall’idea di diffusione di massa delle nanotecnologie alla lotta per la reinterpretazione e occupazione degli spazi urbani, fino alla loro difesa di massa. Scienza e tecnica dialogano con la passione politica e con una bella idea, che la liberazione sia innanzitutto personale, dal basso, e che si sviluppi con l’affetto, il rispetto, l’amicizia e l’amore. Verso riesce – e secondo me è un valore della sua narrativa – a scrivere una fantascienza attenta ai sentimenti che sfugge al sensazionalismo eroico della tradizione avventurosa, descrivendo una rivoluzione delle piccole cose, giornaliera, fatta di delicatezze diffuse. E forse la Rivoluzione, quando ci sarà, inizierà così.