Patrizia Valduga, Per sguardi e per parole, Il Mulino, pp. 128, euro 12,00 stampa, euro 8,49 eBook
Appare un libro che contiene tutto. Il libro della miglior prosa della poetessa Patrizia Valduga, dove si rappresentano, con ammirevole e disinvolta classicità, i poteri dello sguardo: dunque l’interezza dei contenuti del cosmo viene decifrata tra un lampo e l’altro del battito di ciglia. Ieri alcuni dissodatori ne erano ancora consapevoli, il lampeggio della chiusura e riapertura dell’occhio contiene le relazioni fra tutte le cose. Oggi però occorre farsi largo fra smanie di scarsa competenza, lontani dalla biblioteca gli intellettuali sono travestiti e oltremodo banali.
Propizia pertanto è l’autrice, mentre riaggancia il pensiero operoso in un centinaio di fittissime pagine. Della pausa l’uomo terreno ha bisogno, per riaffermare un sentore di comprensione, altrimenti gli sarebbe riservato uno sbando letale. La mente ha bisogno di decidere cosa vedere fra tutte le cose che si sanno – e, lasciando perdere l’accademia, la sorpresa è l’esperimento ermetico (e vitale!) per eccellenza. Non sono cose, in verità, che si conoscono per regolamento, ma sono cose che si imparano leggendo Per sguardi e per parole.
Non vi albergano direzioni comuni, entrando nel tema proposto, ma occorrono
tempestive convergenze di studio se si vogliono oltrepassare i soliti problemi dell’età adulta: come discernere la complessità del mondo? Questo libro insegna come tutto sia già lì, presente allo sguardo, nel puro occhio della mente inventato dall’universo per sé stesso. La cognizione delle cose, nel groviglio della complessità, viene dispiegata da Valduga affidandosi (e fidandosene con intensità vitale e carnale) a Proust, Baudelaire, Beckett, Buñuel, Eliot, Matte Blanco, Raboni, de Sade. E, di tanto in tanto, ad altri autori permette di sobillare certe attualità perdute.
Se vorremo rinascere, non dovremmo perdere quel che sta fuori dalle regole della
letteratura ma che tutte le contiene: Caravaggio, indirizzandoci al portento dell’opera di Longhi. Non come “unico” pittore, ma colui che porta di colpo Valduga nell’eterna Palestina, dove Gesù si moltiplica con differenti espressioni e posture, di fronte al nostro sguardo all’improvviso potente. Qui salpa l’autrice per il suo viaggio: è pieno Caravaggio! Cena in Emmaus e lampo visivo cristallizzato. Alla luce della ragione, è perentorio, può scintillare l’irrazionalità, lucidità e sentimento insieme fanno dell’uomo più di un vero corpo dotato di mente. Guardare negli occhi è essere veri. Il “punto di sella”, varco, rende conciliabili modi d’essere opposti, equivalenze in grado di trasformare il libro in un’opera contenente tutto.
Valduga afferra la poesia trasformando il precario del sangue in qualcosa di osservato dal divino, così come avviene in ogni raccolta pubblicata dalla poetessa. Tutto il sangue vero e metaforico a disposizione di chi legge con occhi bene aperti. L’arte rappresentata in Per sguardi e per parole si avvale di ricognizioni appassionate, e queste amano il divertimento serio dei corpi dipinti sotto lo sguardo acceso fintanto che il cuore non rimane chiuso. È piena letteratura, fra ragione e sogno, come il libro stesso spiega e raffigura, contenendo tutto quanto c’è, mentre sfolgora e rabbuia, esattamente come fa l’universo col suo meccanismo.