Antonio Damasio / La mente è più ampia del cielo

Antonio Damasio, Sentire e conoscere, tr. Isabella C. Blum, Adelphi, pp. 211, euro 14,00 stampa, euro 7,99 epub

Il grande neurologo portoghese, direttore del Brain and Creativity Institute alla University of Southern California, premette all’inizio di questo breve testo – appena pubblicato da Adelphi – di essersi avviato alla scrittura con l’intenzione di praticare l’arte dello haiku: scrivere un libro focalizzato solo sulle idee essenziali delle sue ricerche, eliminando ogni impalcatura, orpello o inquadramento innecessario. Un libro sui meccanismi della coscienza e sui processi ad essa correlati.

Scandito in capitoletti brevi e brevissimi, spesso illustrati da schemi e grafici, il libro è organizzato in cinque principali sezioni: Essere, Le menti e la nuova arte della rappresentazione, Sentimenti, Coscienza e conoscenza, In tutta franchezza: un epilogo. Si parte dall’evidenziare la differenza tra il nostro modo di risolvere i problemi e quello non meno complesso dei batteri: se la sensibilità è la funzione elementare comune a tutti gli organismi semplici, la mente “che richiede un sistema nervoso e la creazione di rappresentazioni e immagini”, è il passo successivo. Il collegamento fra mondo interno e mondo esterno, l’omeostasi, cioè la rete di sistemi di controllo che autoregola il flusso di energia in modo da conservare immutato, o quasi, l’ambiente interno, indipendentemente dalle modificazioni di quello esterno è il dato fondamentale che l’organismo deve essere in grado di attuare misurando le condizioni esterne e interne, di temperatura e di luce, mediante le percezioni. Il sistema nervoso è stato una conquista fondamentale per lo sviluppo della mente: la capacità di un organismo di comunicare con ogni parte di se stesso. Procedendo dal più semplice al più complesso l’evoluzione degli organismi passa prima dall’essere, dopo dal sentire, infine dal conoscere: “affinché siano in grado di sentire, le creature devono in primo luogo aggiungere al proprio organismo alcune caratteristiche: devono essere pluricellulari; e devono possedere sistemi d’organo differenziati, più o meno elaborati, tra i quali spicca un sistema nervoso, ovvero un naturale coordinatore sia dei processi vitali interni, sia delle interazioni con l’ambiente esterno”. A questo punto entrano in campo i sentimenti: la rappresentazione nelle rispettive menti dello stato del proprio corpo impegnato a regolare le funzioni vitali necessarie alla sopravvivenza. I sentimenti danno agli organismi esperienze della loro stessa vita: “offrono all’organismo proprietario una valutazione del suo relativo successo nella vita, una sorta di voto d’esame naturale che si presenta sotto forma di una qualità: piacevole o spiacevole, leggero o intenso”. Con i sentimenti comincia a costituirsi un “sé”. Se la mente è un flusso di immagini e di schemi privo di proprietario, la coscienza è quel particolare stato della mente “arricchito” in cui “tutti i contenuti mentali ai quali attualmente ho accesso appartengono a me, sono cosa mia, si stanno effettivamente dispiegando nel mio organismo”.

L’importanza dei sentimenti sta nella loro natura ibrida: la caratteristica di raccogliere in una sola impressione, tanto le rappresentazioni del mondo esterno, quanto quelle del corpo e del mondo interiore. “Quello che sentiamo ‘davvero’, nel senso proprio del termine, è lo stato in cui si trovano, momento per momento, le parti o l’insieme del nostro organismo”. I sentimenti sono il collegamento fra le percezioni e il soggetto che le percepisce. Paura, gioia, malinconia sono lo specchio della realtà esterna che si modula in base alle nostre condizioni fisiche interne e che determina la nostra reazione a quanto accade fuori di noi.

Damasio chiude con un riferimento alle intelligenze artificiali: finora, nei robot, abbiamo apprezzato soprattutto la robustezza, dovremmo invece progettarli più vulnerabili. Senza una quota di vulnerabilità, senza cioè la modificazione di sé che ogni contatto comporta, non si dà coscienza. E la coscienza è ciò che ci rende quello che siamo. Come nella poesia di Emily Dickinson, cui Damasio dedica un capitolo: The brain – is wider than sky / For – put them side by side – / The one the other will include/ With ease – and you – beside.