Il paradosso è uno strumento, nell’arte come nella vita comune, per evidenziare con maggior forza ingiustizie e contraddizioni. C’è sempre il rischio di scadere nell’umorismo bieco e volgare e nella parodia più squallida, ma non è il caso di questo testo. Annie Denton Cridge, (1825-1875) è considerata l’antesignana della fantascienza femminista e pubblica questo libro nel 1870. Dopo i primi cinque sogni gli altri quattro, che compongono il testo completo, verranno pubblicati alla fine dello stesso anno a puntate su una rivista di New York. Emigrata con il fratello negli Stati Uniti dalla provincia inglese a diciassette anni, a soli ventuno pubblica un articolo autobiografico, La schiavitù della mia anima e la sua liberazione, nella rivista “Social Revolution” dove esprime le sue idee socialiste e si schiera per l’emancipazione delle donne.
Nei sogni che racconta la realtà dell’epoca viene ribaltata: su Marte esiste una società in cui sono le donne a detenere tutte le posizioni di potere e gli uomini sono relegati ai lavori domestici. Uno schiaffo alla società dell’epoca che mantiene intatta la sua attualità: la strada per la completa emancipazione femminile sembra ancora lunga, sbarrata da pregiudizi e comportamenti che non possono essere sanati da sterili prese di posizione politiche. È quel “sentire comune”, come afferma Valeria Palumbo nella sua splendida introduzione, che non è che una convenzione dura a morire a essere il maggior ostacolo: in Italia Lidia Poët, diventata avvocata nel 1883, nonostante non ci fosse una legge che le impedisse di esercitare, fu esclusa fino al 1920 da giudici che la fermarono in forza di questo “sentire comune”. E se fino al 2000, afferma ancora Palumbo, le posizioni apicali erano occupare quasi esclusivamente da uomini si comprende come la strada da percorrere sia ancora agli albori.
Siamo di fronte a un romanzo di fantascienza? Io credo di sì, nella sua migliore forma speculativa che ci apre le porte sul presente. Una realtà speculare e paradossale che strappa al lettore sorrisi amari, riflessioni su come situazioni considerate ancora normali dovrebbero essere al di fuori di ogni logica sociale. Denton Cridge usa l’eleganza e la raffinatezza stilistica e di contenuto, un umorismo misurato e senza fronzoli per ridicolizzare i retaggi di una società primitiva rispetto ai diritti delle donne. Ma non lo fa con la durezza di altre scrittrici (un esempio per tutti, Female Man di Johanna Russ), ma mostrando molta comprensione verso gli uomini che rivendicano i loro diritti. Perché il sogno vero che l’autrice a fine volume auspica sia una profezia, è una società dove ci sia uguale dignità e gli stessi diritti per tutti.