Crisalide di Anna Metcalfe è il sesto romanzo della collana “Le Fuggitive” di NN Editore, collana (come già scritto in queste pagine) caratterizzata da copertine fucsia – colore simbolo del movimento femminista di questi ultimi anni – dove si propongono storie di donne in fuga, alla ricerca di libertà e di una rifondazione della propria esistenza. La traduttrice Anna Arduini sottolinea come, per la struttura tripartita di questo strano romanzo, l’autrice si sia direttamente ispirata a La vegetariana di Han Kang, vincitrice del Booker Prize 2016, spingendosi però oltre ricorrendo, nello scrivere questa storia, al solo uso della prima persona, soggetto che, però, non coincide mai con la protagonista, a cui non viene data la parola e di cui non conosceremo il nome: sarà sempre e solo indicata come “lei”.
I nomi dei tre narratori, invece, sono noti e intitolano i tre capitoli del libro: Elliot, Bella e Susie. Pur essendo tre soggetti distinti – rispettivamente amante, madre e amica della muta protagonista – queste voci hanno molto in comune, a volte addirittura usano le stesse frasi. Sono loro a essere testimoni oculari della trasformazione dell’“innominata” e, pur avendola sostenuta nel cambiamento, sono stati poi da lei abbandonati in maniera drastica e distaccata, fino a quando non riapparirà nelle loro vite piuttosto inaspettatamente, sugli schermi dei loro telefoni sottoforma di video – diffusi in rete – che la ritraggono mentre medita immersa nella natura.
C’è qualcosa di disturbante nel venire a conoscenza della storia di una persona, anche nei dettagli più intimi e dolorosi, senza mai sentirne la testimonianza diretta ma raccogliendo elementi per comporre la sua identità dalla narrazione di chi sta facendo i conti con le conseguenze della sua presenza, metamorfosi e assenza: la scrittrice ci mette nella particolare condizione di “voyeur” consapevoli, tra l’altro, di non ascoltare mai un racconto oggettivo dei fatti, ma solo una remota eco delle parole della protagonista filtrate e riferite da altri.
La storia che emerge dai tre racconti non è una storia facile: l’infanzia della “crisalide” è funestata da un incomprensibile tremito del corpo che le provoca non solo sofferenza fisica, ma anche un forte disagio psichico causato da bullismo e offese subiti per via di questa strana sintomatologia che la cataloga, agli occhi degli altri, come diversa. Riuscita a superare questa condizione con l’aiuto della meditazione, “crisalide” si ritrova intrappolata in una relazione con un collega avvocato, abile nel tesserle attorno una fitta ragnatela che in breve tempo la porterà a soffocare: dopo un inizio di convivenza “normale”, lui diventa sempre più paranoico, vuole continuamente sapere dov’è e chi incontra; mette in dubbio ogni sua parola e in discussione ogni sua capacità; se la invitano a un evento sociale lui fa in modo che non possa andare, all’inizio proponendole di rinunciare a fronte di un’alternativa accattivante ma in seguito, terminate le idee, comincerà a chiederle di trascorrere lunghi periodi di tempo in una camera di casa loro, una stanza piccola, un ripostiglio – alcune volte è lei a entrare di sua spontanea volontà, altre è lui a chiuderla dentro a chiave.
Veniamo a sapere che lui non è un tipo violento, nel senso che non le dà pugni, spintoni o calci, ma anche che lei non oppone mai resistenza mentre lui la trascina nella stanza e che, invece di discutere o cercare di divincolarsi, sviluppa strategie per affrontare la situazione cercando di limitare i danni: pare pensare che se ti dai abbastanza tempo puoi abituarti a qualsiasi cosa, anche perché sfinimento e stanchezza spesso rendono impossibile immaginare una vita diversa. A un certo punto, però, troverà la forza di andarsene rifugiandosi a casa di Susie, riuscendo a riconfigurare la propria esistenza, compiendo una trasformazione fisica e mentale che affascinerà tutti, fino a diventare una sorta di divinità virtuale con moltissimi seguaci che abbandoneranno le loro case, affetti e lavori per imitare il suo stile di vita.
A mio avviso, è interessante la scia di domande che solleva questo romanzo: com’è possibile adeguarsi, seppur temporaneamente, a una relazione che ti imprigiona? Cosa succede quando una donna cerca di appropriarsi di uno spazio e di un ruolo ben definito? Cosa ci rimane quando la persona vicino a noi muta la propria pelle? Non solo. In queste pagine vengono posti interrogativi molto attuali sulla solitudine del mondo moderno e sui legami sociali che si disintegrano per il timore di dover affrontare la complessità di un altro essere umano; su come inconsistenti personaggi dietro schermi di telefoni e computer riescono a esercitare potere sugli individui influenzandone il modo di vivere; su come alcune persone riescano a sviluppare un magnetismo per cui, per il solo modo di muoversi, come se modificassero l’aria circostante, s’impongono alla nostra fantasia.
Crisalide dà anche suggerimenti preziosi: si può lavorare sul nostro mondo interiore per eliminare quello di cui non abbiamo bisogno e sentirci meglio – come racconta splendidamente anche il regista Wim Wenders nel suo bellissimo film Perfect days – ma, soprattutto, ci dice la giovane autrice londinese in maniera forte e chiara: è possibile risorgere dalle ceneri di una relazione violenta.