Grazie al verificarsi di misteriose e complesse alchimie, alcuni luoghi divengono particolarmente propizi alla fioritura culturale in determinate epoche storiche: è accaduto a Firenze nel Rinascimento e a Parigi fra la conclusione dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, per portare due celebri esempi. Meno nota è la centralità di Jena nell’Europa tra la fine del Settecento e l’alba del secolo romantico, ora indagata con dovizia di particolari da Andrea Wulf nel suo ultimo libro dal titolo Magnifici ribelli. Le particolari condizioni della sua università, soggetta a quattro diversi sovrani e dunque paradossalmente meno legata a regole stringenti, favorirono un allentamento della censura e un clima di emancipazione intellettuale e di progressismo; un modello unico nel continente. In nessun altro luogo si poteva godere di una simile libertà, o trovare una tale concentrazione di talenti in un’area geografica tanto ristretta.
Siamo nel periodo immediatamente successivo alla Rivoluzione francese, foriero di aneliti libertari ma anche minacciato dall’espandersi del terrore e dal proliferare dei conflitti. Su tutti il nume tutelare di Goethe, refrattario a schierarsi con una fazione o con l’altra, orgogliosamente autonomo nel pensiero. Gli sta accanto Schiller il quale, dapprima entusiasta dei fermenti rivoluzionari, deve convenire che per acquisire una vera libertà occorre prima conquistare una autentica maturità morale.
Particolare spazio è dedicato alle figure femminili, sovente trascurate dalla narrazione ufficiale. Incontriamo così Caroline Michaelis-Böhmer-Schlegel-Schelling, donna caparbia i cui molteplici cognomi ne definiscono il carattere libero e anticonformista, sia nella vita quanto nelle aspirazioni intellettuali. La leggerezza commessa con un ufficiale francese le stampa sul corpo il marchio dell’infamia, quella definizione di “puttana rivoluzionaria” che la bandisce dai territori della Germania. Un peccato, che sarebbe stato perdonato a un uomo, diviene un segno irrevocabile per una donna. Gli ideali rivoluzionari di uguaglianza sono ben lontani dal trovare compiuta realizzazione. Per Caroline l’unico mezzo di riscatto sociale si trova nel matrimonio con August Wilhelm Schlegel, con il quale instaura un sodalizio intellettivo di inestimabile valore, oltre che un’unione perfettamente libera.
Anche Caroline von Humboldt sfoggia un atteggiamento non convenzionale nei confronti del matrimonio. In un’epoca in cui la vita delle donne viene governata da padri e mariti, Caroline Schlegel e Caroline von Humboldt prendono in mano il proprio destino in maniera moderna, accettandone le conseguenze. Tutto questo è possibile a Jena, dove le regole appaiono meno pressanti. Accanto a loro troviamo Dorothea Veit, altra mente brillante refrattaria alle convenzioni. Grandi geni vengono colti nelle loro manifestazioni più umane. Vediamo Goethe padre affettuoso, affranto per i numerosi lutti che colpiscono la sua prole. Lo osserviamo legare un pezzo di torta a un filo, calandolo ai bambini nel cortile dalla finestra del suo studio. Lo sentiamo entusiasmarsi per la curiosità vorace di Alexander von Humboldt, con il quale condivide la passione per gli esperimenti e per l’indagine della natura. Lo scopriamo incantato come un bambino mentre supervisiona il restauro del teatro di Weimar. Assistiamo alle movimentate lezioni di Fichte sulla predominanza dell’Io e sull’avvento di un mondo nuovo. Vediamo sorgere il talento di Novalis, mosso da un’ariosa levità fanciullesca e da un ipnotico carisma. Il suo genio poetico gli permette di svelare lo straordinario che si cela nell’ordinario. Le sue discese nei meandri della terra per attingere ai misteri della creazione sono vere e proprie immersioni dell’Io. La sua utopia, in anticipo sui tempi, era quella di un’Europa unita e pacifica al di là dei confini nazionali. Insieme all’amico e mentore Friedrich Schlegel, svilupparono in senso dinamico e critico la filosofia del già citato Fichte. I due, in maniera estremamente moderna, elevarono la poetica del frammento a genere letterario. Incurante dell’amore del fratello August Wilhelm per Caroline, anche Friedrich subisce il suo fascino. Fra l’altro lei era l’unica ad aver fatto esperienza diretta della Rivoluzione.
Divenuto amante di Dorothea Veit, Friedrich Schlegel scrive un romanzo, Lucinde, che è una celebrazione dell’uguaglianza fra uomo e donna, della loro vicinanza sensuale e intellettuale; una maniera di pensare insolita per l’epoca. Il genere romanzesco, inteso come crogiolo di elementi eterogenei, inizia il suo glorioso cammino. La guerra lambisce il territorio per poi allontanarsi, risparmiando momentaneamente Jena dalla distruzione. La tempesta si manifesta sotto forma di gelosie e contrasti che minano le basi di quel magnifico sodalizio, definito da Goethe: “la nostra piccola accademia”.
Nel 1806 le smisurate ambizioni napoleoniche investono Jena, sede di una cruenta battaglia. La città viene saccheggiata dalle truppe francesi. L’inebriante atmosfera intellettuale sfuma nel clamore della lotta; è la fine di un periodo aureo, foriero di conseguenze per la cultura occidentale. Con ammirevole competenza, Wulf ricostruisce nel dettaglio la geografia umana e intellettuale della città, brulicante di studenti con i libri sotto il braccio diretti verso le entusiasmanti lezioni di Friedrich Schelling, conduce il lettore per le sue vie, nelle taverne, nei salotti dove nascono le idee e si recitano poesie; l’autrice descrive i protagonisti di quest’epoca irripetibile con abilità romanzesca, rendendoli vivi ai nostri occhi. Ne scaturisce un quadro complesso e accattivante, infiammato da vibrante passione, animato da perizia narrativa e al contempo sorretto da rigorose basi documentali. Un lavoro ammirevole per la sua capacità di immergerci, seguendo l’ispirazione di Novalis, in un mondo magico intessuto di tenebra e di stupore.