introduce GIANLUCA MERCADANTE
«Non so sciare, non so giocare a tennis
nuoto così così
ma ho “il senso della frase”»
Parola di Lazzaro Sant’Andrea, o meglio: di Andrea G. Pinketts, che così apriva uno dei suoi romanzi più noti, Il senso della frase. E di senso della frase il buon Pinketts ne aveva da vendere – e altrettanto ne ha regalato a destra e a manca, attivissimo com’era sul fronte letterario, ben prima che la storica antologia einaudiana Gioventù Cannibale, a cura di Daniele Brolli, sdoganasse sul mercato editoriale italiano nella seconda metà degli anni Novanta una serie di nomi nuovi, interpreti di una narrativa allora diversa dal solito, fra i quali figuravano scrittori oggi alla ribalta quali Nicolò Ammaniti, Aldo Nove. E Pinketts.
Apparso in primissima battuta presso un editore misconosciuto che chiuse battenti, guarda caso, proprio in concomitanza con l’uscita del romanzo che ne avrebbe sancito l’esordio, Lazzaro Vieni Fuori gode tuttavia di una seconda e quasi immediata chance, ristampato e rilanciato in pompa magna da Feltrinelli nel 1991. Faranno seguito, presso il medesimo editore, Il vizio dell’agnello (1994), il già citato Il senso della frase (1995), Io, non io, neanche lui (1996), per poi passare a Mondadori che pubblicherà il quarto capitolo della saga dedicata al personaggio di Lazzaro Sant’Andrea, Il conto dell’ultima cena (1998).
Sono noir particolarissimi, contraddistinti da una scrittura rivelatrice di una verve letteraria schizofrenica e creativa quanto lo era la personalità di chi stava dietro quelle pagine, di chi viveva almeno in parte le tragicomiche vicende che vi si rappresentano. La Milano di Pinketts, e la fauna che la abita, si sorreggono gioco forza in bilico tra finzione e realtà, narrazione tout-court e autobiografismo. Ed è complicato incasellarne l’autore: la vena narrativa di Pinketts, la sua prosa, strabordante giochi di parole e sagaci osservazioni sull’universo umano, un’etichetta qualsiasi non gliela puoi affibbiare a cuor leggero. Attribuirgliene una è necessario a fini commerciali e basta. Che noir sia, perciò, ma spumeggiante come una buona birra, bevanda per altro molto apprezzata fra gli autori di genere, nonché da Lazzaro e da Pinketts.
La cui produzione letteraria naturalmente non si ferma al 1998, ma tutto questo e molto altro potete trovarlo con una semplice ricerca su Google, soprattutto dopo la prematura scomparsa, avvenuta a Milano il 20 Dicembre 2018, a seguito di un lungo periodo di malattia. Aveva 57 anni e anche questo lo troverete navigando in rete senza alcuna fatica.
Quello che non troverete ve l’abbiamo cercato noi, chiedendo ad uno dei suoi amici più cari e vicini, lo scrittore Andrea Carlo Cappi, milanese a sua volta, di comporre il ricordo umano di uno scrittore che con la propria cifra esistenziale ha plasmato il suo “io” letterario, il suo mondo narrativo, raccontando senza veli, ma con moltissimi velli, avrebbe detto lui, pregi e difetti di una società che viaggia veloce sotto i nostri occhi, incapaci di fermarne almeno per un istante un frammento.
Per quanto Milano corra, e si espanda, e muti aspetto ogni singolo giorno, lo sguardo di Pinketts l’ha invece ritratta con la minuzia di un provinciale che si sofferma sui piccoli dettagli, separando dal generale, magmatico caos dell’insieme qualcosa di così prezioso da poterlo raccontare. A lingua sciolta. Guidando nella nebbia, amava dire. Sapendo dove giungere, sì, ma mai, e doverosamente, come arrivarci.
In fin dei conti, chi ha il senso della frase può permettersi questo ed altro, «poiché, se lo possiedi, permette a una tua bugia di essere, se non creduta, almeno apprezzata».
Pinketts, l’uomo
ricorda ANDREA CARLO CAPPI
Per raccontare che uomo fosse Andrea G. Pinketts, cito un episodio raccontatomi pochi giorni fa da una donna con cui ho vissuto a lungo e che ha condiviso con noi un’infinità di serate e trasferte. Una volta ha regalato a un amico in ospedale una copia di Lazzaro, vieni fuori e ha pensato di presentargli l’autore per telefono. Pinketts ha risposto cordiale, intrattenendo da par suo un perfetto sconosciuto per diversi minuti, come un vero, dice lei, “milanese col cuore in mano”.
Da anni sostengo che esistano due tipi di milanesi: i più noti sono quelli che pensano solo a successo, denaro e vanagloria; in dialetto i baüscia. Poi ci sono i milanesi veri, umani e lavoratori. Pinketts pareva burbero, specie se di malumore, eppure il più delle volte era generoso, come ben sanno le centinaia di autori esordienti che gli hanno chiesto prefazioni, presentazioni, consigli. Poteva sembrare uno scansafatiche che passava le giornate al bar, ma in realtà faceva “lo scrittore” a tempo pieno.
Era uno dei pochi autori privilegiati in tal senso. Un po’ per essersi finanziato – a suo dire – “dilapidando l’eredità della zia Olghina”, un po’ per aver lavorato come giornalista quando la retribuzione era pari al suo talento, un po’ per il meritato successo editoriale, poteva permettersi uno stile di vita unico cui si dedicava con sorprendente senso del dovere. Al bar – da una cert’ora, Le Trottoir – leggeva ogni giorno quotidiani, settimanali, fumetti e almeno un libro; concedeva interviste e udienze; scriveva romanzi, racconti e articoli, sempre con un tocco di genialità e la sua Mont Blanc. Qualcuno poi glieli batteva al computer: lui lasciava ad altri i dettagli pratici, perché “se Napoleone avesse dovuto pensare alla dichiarazione dei redditi, non avrebbe conquistato l’Europa”. E quasi tutti i giorni aveva eventi da presentare, nell’ambito di un’attività culturale continua, gratuita e altruistica cui negli ultimi anni Milano non faceva più molto caso, troppo impegnata a perseguire successo e denaro.
Aveva vissuto vicende così incredibili, specie come giornalista, che poteva mescolarle con noncuranza alle leggende che inventava su se stesso. A cominciare dalla data di nascita: per Andrea “Genio” Pinketts il 12 agosto 1961, per Andrea Giovanni Pinchetti lo stesso giorno nel 1960. Come nei suoi libri, era arduo distinguere realtà e fantasia. E qui emerge l’uomo dietro la maschera pubblica.
Forse per la perdita del padre da bambino e di una figura paterna da adolescente, aveva una voragine affettiva perennemente da colmare, cominciando con l’intenso rapporto con la madre, continuo e fatto solo in apparenza di battibecchi. Ma Pinketts doveva sempre essere circondato da amici, amato da tutte le donne, adorato da lettori e spettatori, in una perenne ricerca di conferme. Il suo alter ego Lazzaro Santandrea (vale per molti di noi scrittori) era il portatore sano delle sue macchie e paure: quanto più Lazzaro era amato dal pubblico, tanto più si sentiva amato il suo autore.
Per questo, se l’amore veniva meno – per il timore di relazioni troppo serie, che spesso lo portava a romperle prima di perderle – o se per capricci editoriali un romanzo tardava a uscire, o quando temeva di non essere alla propria altezza, usciva l’artista maledetto. “Non posso essere un alcolista anonimo”, diceva, “semmai un alcolista famoso”. Ma non era, come si crede, un vero alcolizzato: reggeva benissimo, aveva un fegato eccezionale e una volta alla settimana non beveva né fumava per un giorno intero. Tanto che nel 2016 riuscì ad abbandonare senza problemi i superalcolici, ancor prima di scoprirsi un tumore all’intestino; e all’inizio del 2018 chiuse di colpo anche con birra e toscani quando gliene fu trovato uno alla gola. Ad averla vinta è stato un altro tumore che, simbolicamente, lo ha colpito alla schiena. Da morto, diceva anni fa, “voglio farmi cremare. Anzi, cromare.” Ma forse gli basta essere ancora ristampato, letto e soprattutto amato.
Bibliografia di Andrea Pinketts
1991 – Lazzaro, vieni fuori, Metropolis
1994 – Il vizio dell’agnello, Feltrinelli
1995 – Il senso della frase, Feltrinelli
1996 – Io, non io, neanche lui, Feltrinelli
1996 – Un saluto ai ricci, Il Minotauro (con Silvia Noto)
1997 – L’enciclopedia dei serial killer, 4 volumi, Pulp Press
1998 – Il conto dell’ultima cena, Giallo Mondadori n. 2738
1999 – E chi porta le cicogne?, EL
1999 – L’assenza dell’assenzio, Mondadori
2000 – Il dente del pregiudizio, Mondadori
2001 – Fuggevole Turchese, Mondadori
2002 – Sangue di yogurt, Mondadori
2003 – Nonostante Clizia, Mondadori
2004 – I vizi di Pinketts, Edizioni BD
2005 – L’ultimo dei neuroni, Mondadori
2005 – Laida Odius, edizioni BD (fumetto illustrato da Maurizio Rosenzweig)
2006 – Ho fatto giardino, Mondadori
2007 – La fiaba di Bernadette che non ha visto la Madonna, Edizioni Il Filo
2011 – Depilando Pilar, Mondadori
2012 – E l’allodola disse al gufo: «Io sono sveglia e tu?», Europa Edizioni (con Laura Avalle)
2013 – Mi piace il Bar, Barbera Editore
2014 – Ho una tresca con la tipa nella vasca, Mondadori Editore
2016 – La capanna dello zio Rom, Mondadori Editore