Proviamo a pensare di dover ricostruire il nostro vissuto. Insieme a questo anche la storia del nostro paese, almeno per i fatti salienti ovvero per i fatti che ci sono rimasti impressi nella memoria o che sono stati significativi. Da dove partiamo? Quali sono gli approdi che utilizziamo durante la nostra rotta? Potrebbero essere le foto, come hanno già fatto molti scrittori. Oppure gli oggetti o anche le lettere, gli abiti e tanto altro. Ma si può scegliere anche un percorso diverso. Con risultati sorprendenti.
Andrea Bajani, valente scrittore romano già autore di quattro libri di narrativa e due di poesia, appoggia tutta la narrazione – fatta di una scrittura raffinatissima – sulle case, sulle abitazioni. Antiche, moderne, immaginate, metaforiche. Una scelta inconsueta che mette a disposizione del lettore una sensibilità e un punto di vista che si vedono solo raramente.
Nel suo recentissimo Il libro delle case, Bajani ci invita a entrare in molti, diversi ambienti che custodiscono memorie, sentimenti, dolori, gioie, attese, delusioni, interrogativi e riflessioni. Per ognuna delle case c’è una caratterizzazione che ci porta a restringere lo sguardo e ci costringe a entrare in profondità. Sono la casa signorile di famiglia, la casa sotto la montagna, la casa del sottosuolo, la casa del tumore, la casa del prigioniero, la casa delle parole, la casa dello Stato, la casa del recinto e la casa sopra i tetti, la casa dell’amicizia e la casa della morte del Poeta, la casa dell’adulterio e la casa della radio. L’elenco, capitolo per capitolo, potrebbe continuare ancora. Ogni tanto, a intervallare la narrazione con interventi pertinenti che certamente soddisfano la curiosità del lettore, troviamo le planimetrie delle protagoniste di questo romanzo, le case appunto. Sono le abitazioni dove “Io”, il personaggio principale, ha vissuto con genitori e Sorella. Dove è andato a vivere quando era a Parigi, oppure dove risiedeva, a Torino, con moglie e figlia. Ma sono anche la prigione di Aldo Moro dietro un pannello di cartongesso nascosto da una grande libreria, in una casa arredata in modo talmente convenzionale da eliminare ogni traccia di quello che vi stava accadendo e affogare tutto nel più grigio anonimato. Sono la casa del Poeta, il grande e amatissimo P.P. Pasolini nella Alfa Romeo all’idroscalo e nell’ultima casa all’EUR. Oppure quella di una giovane mamma di due gemelli che in un paese di provincia intratteneva con Io un rapporto erotico clandestino.
Sbaglieremmo moltissimo se pensassimo a un “catalogo”. Questo libro di Bajani usa le case per dar loro un valore che spesso si disconosce. Anche se, intorno a noi, si moltiplicano i tour letterari che prevedono visite alle case dei grandi scrittori e delle grandi scrittrici. Ma non si tratta di questo.
Per Bajani le case sono vive. Fanno parte di noi e della nostra storia. A seconda di come sono arredate; di qual è la loro condizione materiale che può rimandare a una o un’altra classe sociale; a seconda di quale sia la collocazione geografica o urbanistica, le case sono testimoni attive della vita nostra e di chi ci sta intorno.
Accanto alla definizione di ciascuna casa, Bajani colloca una data che ci aiuta, in linea generale, a ricostruire gli ultimi cinquant’anni della via di Io. Ma non siamo di fronte a un romanzo di formazione. Si tratta di molto di più. Le case infatti ci vengono proposte, spesso ripetutamente, nel corso del libro, distribuite durante tutto l’arco della narrazione. Si può passare dagli anni Settanta agli anni dieci del Duemila, nell’arco di pochissime pagine. Ma questo non disturba. Anzi. Ci aiuta a capire immediatamente che possiamo guardarci dentro con l’opportunità di vivere una certa distanza da noi stessi, senza smarrirci perché le case sono lì ad aiutarci a prendere contatto con il nostro profondo. Ci proteggono e fanno parte di noi come il carapace delle tartarughe, animale timido e discreto che ogni tanto si affaccia tra le righe di un romanzo che meglio non si poteva scrivere.
Proprio nella scrittura troviamo il grande punto di forza del lavoro di Bajani. Egli cambia registro più volte. Passa dalla fredda descrizione della disposizione delle stanze e dei mobili a episodi intensi di vita quotidiana. Nei confronti di questi episodi le case svolgono il ruolo della presenza attenta e discreta. Proteggono solitudini come quelle di un bambino vestito di tutto punto con la divisa della sua squadra del cuore che calcia, tira, gioca e palleggia in un grandissimo campo di calcio. Da solo, tutto il tempo.