Anarchici, capitalisti e tatzelwurm. Note attorno a Contro il giorno di Thomas Pynchon

Thomas Pynchon, Contro il Giorno, Einaudi, tr. Massimo Bocchiola, pp. 1146, euro 22.00 stampa

Ogni volta che viene pubblicato un libro di Thomas Ruggles Pynchon – nato a Glen Cove, Long Island, nel 1937, certamente il più grande scrittore statunitense vivente – si apre un nuovo mondo per i lettori e per critici letterari. È un vero scandalo, e non da oggi o da ieri, che a uno scrittore come Pynchon non sia stato mai assegnato il Nobel per la Letteratura. Sin da quando nel 1963 ha pubblicato il suo primo romanzo, V., Thomas Pynchon ha inanellato tutta una serie di capolavori, tra cui Gravity’s Rainbow, Vineland, Mason & Dixon e, nel 2006, Contro il Giorno (Against the Day), che era già stato tradotto in Italiano da Massimo Bocchiola per l’edizione Rizzoli del 2010, e ora viene riproposto da Einaudi in una nuova edizione.

Un nuovo Libro di Thomas Pynchon non è mai soltanto un libro, una pubblicazione, ma è un nuovo mondo, un nuovo paradigma, un nuovo modo di scrivere la Storia, che si afferma e ci sconvolge con una massa impressionante di nuovi personaggi e di nuove idee, nuove metafore e nuove metonimie. Contro il Giorno è al momento l’ultima opera-monstre che Pynchon abbia pubblicato, un’opera di più di 1000 pagine, un’opera-mondo che descrive il passaggio tra l’Ottocento e il Novecento meglio di quanto qualsiasi libro di Storia potrebbe mai fare. Tutto questo accade perché nei suoi romanzi Pynchon non soltanto va a rintracciare un filo narrativo, una storia, per poi svolgerla fino in fondo: no, Pynchon riesce a gestire contemporaneamente decine di fili narrativi, decine di storie che si dipanano contemporaneamente e riescono a esprimere ciò che accendeva gli animi in quella data epoca, ciò che appassionava gli uomini in termini di politica, sesso, meccanica, elettromagnetismo, matematica, fisica. Soltanto Pynchon può costruire una trama storica in cui si intrecciano eventi assolutamente reali con altri eventi che appaiono del tutto assurdi oppure assolutamente irrilevanti. Pynchon si diverte anche a introdurre nei suoi romanzi alcune celebri “leggende metropolitane”, pescando a piene mani tra quelle storie che suscitavano un grande interesse tra gli appassionati di fenomeni inspiegabili e paranormali negli anni Settanta, come la storia del tatzelwurm (letterale: verme con le zampe), uno strano essere simile a un grosso serpente dotato di zampe anteriori, la cui apparizione sulle Alpi svizzere terrorizzava gli operai che stavano costruendo la Galleria del Sempione agli inizi del Novecento. Non possiamo approfondire in questa sede: basterà dire che il tatzelwurm scava(va) dei cunicoli nello spaziotempo che consentono di passare da un periodo all’altro con estrema disinvoltura. Se consideriamo il nostro Mondo o il nostro Universo come una mela, il tatzelwurm è in grado di portarci da una parte all’altra del Mondo o dell’Universo scavandone la polpa e costruendo una vera e propria scorciatoia spaziale o spazio-temporale. Non è un caso che l’astrofisica contemporanea ipotizzi l’esistenza di cunicoli spaziotemporali che consentono di passare da un universo parallelo all’altro, oppure da un punto nell’Universo a un altro punto distante milioni e milioni di anni luce, cunicoli che sono stati battezzati appunto wormholes (letteralmente: buco del verme). Ecco la Storia come la concepisce Pynchon: bisogna analizzare l’evento reale nell’epoca in cui si è verificato, ma tenendo conto di tutte le storie di contorno che intorno all’evento si sono venute a creare, tenendo conto delle scorciatoie della Storia, dei suoi intrecci spazio-temporali, delle nuove teorie che si stavano affermando all’epoca, come la fisica quantistica, la Quarta Dimensione e le geometrie non euclidee. Bisogna non solo ricostruire gli eventi storici, ma anche ciò in cui gli uomini che vivevano all’epoca credevano, ciò che suscitava in loro curiosità oppure paura. Ecco perché in Contro il Giorno ci sono gli anarchici, ci sono i grandi capitalisti senza scrupoli, ma c’è anche il tatzelwurm.

Contro il Giorno è tante cose, e cercheremo in poco spazio di elencarle: è un romanzo anarchico, è un western (la storia del Kieselghur Kid, il grande bombarolo del West), è un romanzo di spionaggio, è un romanzo di avventure per ragazzi (la storia dei Compari del Caso, un gruppo di spericolati aeronauti a bordo di una mongolfiera), è un romanzo storico (si racconta tra l’altro la Rivoluzione in Messico e il disfacimento dell’Impero Ottomano), è un romanzo di guerra (le Guerre Balcaniche del 1912-13 e la Prima Guerra Mondiale fanno da sfondo alle vicissitudini dei personaggi), è un romanzo postmoderno che mescola fatti veri e fiction (metafiction storiografica), è una riflessione sulla nostra contemporaneità, che altro? Contro il Giorno è anche un noir: l’ultima parte del romanzo (le ultime 45 pagine) è una sorta di romanzo hollywoowdiano con alcuni elementi tipici del noir californiano come il successivo Inherent Vice, e introduce meravigliosi spunti che Pynchon potrà sviluppare – speriamo che lo faccia – in un successivo romanzo.

In questa sede affronteremo un solo aspetto di questo romanzo-mondo. Contro il Giorno come romanzo iniziatico: la trama presenta un tipico percorso iniziatico di perfezionamento dall’oscurità verso la luce, di riscatto delle scintille di luce che giacciono nascoste e che secondo la dottrina gnostica e la Kabbalah bisogna ritrovare e riscattare. Contro il Giorno rappresenta dunque – tra le altre cose – un nuovo genere di romanzo: il romanzo iniziatico, il romanzo gnostico, il romanzo pitagorico. Infatti innumerevoli sono nel romanzo i riferimenti a Pitagora e alla sua dottrina, compresa l’evoluzione della geometria moderna fino alla nascita della geometria non euclidea e alle teorie sulla Quarta Dimensione che si mescolano appunto con un percorso iniziatico e con una Ricerca Psichica che porterà i protagonisti a superare le barriere delle convenzioni borghesi in fatto di politica, sesso e altro. Contro il Giorno è anche questo: un percorso di liberazione dai vincoli della società borghese attraverso una trasgressione pervicacemente perseguita con lo stesso fervore della setta eretica neogiudaica dei seguaci di Jacok Frank, un tardo seguace di Shabbatai Zevi, con lo stesso fervore con cui gli hippies negli anni Sessanta affermavano di volere cambiare completamente l’uomo e la società in cui viveva. La regola è che non ci sono regole.

Per comprendere alcuni aspetti di Contro il Giorno partiamo dunque dalla politica, partiamo dall’anarchia: perché Pynchon si concentra in questo suo romanzo sulle vicissitudini di una famiglia di anarchici statunitensi dediti ad attentati nelle miniere d’argento del Colorado verso la fine dell’Ottocento? Cosa può volerci dire Pynchon presentandoci una dottrina politica che mira a cancellare completamente, a “far saltare in aria” le fondamenta stesse della società borghese? Il sospetto più che fondato è che Pynchon sia partito in questa sua riflessione proprio dall’evento che ha sconvolto il mondo all’inizio del Ventunesimo secolo: l’Attentato alle Torri Gemelle. Dunque Contro il Giorno si inserisce a buon diritto e in modo indiretto, obliquo, anche in quel filone di romanzi sull’11 Settembre che sono stati prodotti negli ultimi vent’anni negli Stati Uniti, come, per esempio, Falling Man (L’Uomo che Cade, Einaudi, 2017) ) di Don DeLillo, oppure Molto forte, incredibilmente vicino (Guanda, 2016), di Jonathan Safran Foer. DeLillo, in realtà, il vero romanzo sull’11 Settembre lo ha scritto prima dell’11 Settembre, cioè Underworld (Einaudi, 2012), un romanzo che profeticamente mostra quegli elementi che faranno infine crollare il sistema capitalista americano (e presenta in copertina le torri del World Trade Center e un uccello che si sta dirigendo verso di esse). Ma proprio come DeLillo è risultato meno efficace quando ha affrontato di petto l’argomento, il vero romanzo scritto da Pynchon sull’11 Settembre non è Bleeding Edge (in italiano La cresta dell’onda, sempre di Einaudi), ma proprio Contro il Giorno. Certo, i riferimenti all’11 Settembre e a Osama bin Laden sono indiretti e ben nascosti, si parla a un certo punto di un misterioso personaggio che vive in una grotta, si racconta la storia del crollo del Campanile di San Marco a Venezia nel 1902, e altri riferimenti velati che il lettore attento saprà rintracciare; ma è soprattutto il paradigma politico del Terrorismo e della guerra al Terrore globale che Pynchon va ad individuare e a rintracciare nella sua ricerca iperstorica: gli anarchici di fine Ottocento sono i precursori dei terroristi odierni, il nichilismo anarchico si è reincarnato in epoca moderna in quello che qualcuno ha definito il nuovo nichilismo islamico.  Ciò che interessa Pynchon è soprattutto il nuovo tipo di evento storico che si va delineando nel mondo post-11 Settembre, un mondo globalizzato in cui ciò che accade a Manhattan è in qualche modo correlato con quanto accade contemporaneamente a migliaia di chilometri di distanza, in una remota grotta sulle montagne di Tora Bora. Passeggiando per le strade di Manhattan, si può incappare in una porta spaziotemporale che ci proietta all’istante nelle più sperdute regioni dell’Asia Centrale, dove l’Occidente ha condotto per più di un secolo il Grande Gioco del potere. Ma ormai il Gioco è sfuggito di mano, e i popoli sottomessi per secoli stanno facendo a pezzi i vari giocattoli dell’Occidente.

Il Grande Tabellone sull’11 Settembre del 2002

L’Attentato alle Torri Gemelle è il tipico esempio di un evento storico nell’era della globalizzazione, un evento storico in cui la bilocazione – titolo di una delle sezioni centrali del romanzo – è un elemento essenziale. Da un lato abbiamo un evento catastrofico di morte e distruzione che ha sconvolto la città di New York e tutti gli Stati Uniti, dall’altro abbiamo la prova che il lampo delle esplosioni di Manhattan è stato un istante di luce che ha segnato la nascita di una nuova Era, l’Era del Terrore Globale. Eppure, guardandosi all’indietro, guardando dal presente indietro verso il passato, anzi guardando indietro dal futuro al passato, questo evento catastrofico è soltanto l’ultimo tassello di una concatenazione di eventi che ha avuto inizio nell’Asia Centrale, in una zona remota del mondo al confine tra il Pakistan e l’Afghanistan, in una regione nella quale si decide ancora oggi il Destino del Mondo, in questo crogiolo di popoli che ormai, da più di un secolo, è protagonista della geopolitica mondiale del petrolio e del gas, parola quest’ultima che, come ci ricorda Pynchon, deriva dal Latino Chaos (il Grande Gioco del Caos…..). Il nostro caos contemporaneo nasce dalla grande partita geopolitica che si sta giocando sui grandi giacimenti di petrolio e di gas, sul loro sfruttamento e sul loro approvvigionamento. Un altro degli innumerevoli sottotesti di questo libro…

Un altro filone da seguire in Contro il Giorno è quello delle nuove teorie matematiche che si affermano proprio nel periodo a cavallo tra Ottocento e Novecento, la nuova geometria non euclidea di Bernhard Riemann, la Quarta Dimensione di Hermann Minkovsky. Prima domanda che si fa il lettore: ma tutto ciò che cosa c’entra con l’anarchia? La risposta è semplice: si tratta di quello stesso impulso a valicare qualsiasi confine politico allora conosciuto che spinse gli anarchici di fine Ottocento, e i cosiddetti nichilisti russi, alla loro scelta radicale. Le nuove teorie matematiche facevano parte di quello stesso clima, della stessa “aria” (una miscela di vari gas, appunto) che si respirava in quel periodo, una tendenza all’astrazione che ha reso possibile concepire di sacrificare delle vite umane in nome di un ideale superiore. È più facile uccidere un uomo se lo si riduce a un numero (vedi il Nazismo e altri regimi totalitari), è più facile uccidere un uomo se lo si riduce a una formula astratta…  e qui entra in gioco l’anarchia, i gruppi anarchici radicali, nei quali la possibilità di uccidere degli esseri umani si trasforma in una pura astrazione, in una mathesis, una pura teoria politica astratta che si incarica di ridurre l’essere umano a una macchina, un automa, un cyborg, un androide, un essere che non è veramente umano, come nei romanzi di Philip K. Dick, salvo poi scoprire che questi strani esseri artificiali provano emozioni e sono più umani di noi. Vi ricordate dell’anarchico Verloc nel romanzo L’Agente Segreto (Giunti, 2016) di Joseph Conrad, che vorrebbe con i suoi attentati distruggere non solo la società borghese, ma la mathesis stessa, l’autorità della scienza rappresentata dal Meridiano Zero e dall’Osservatorio di Greenwich?

Un altro aspetto molto interessante di questo libro – un concetto spesso ricorrente in Pynchon – è il connubio e la fondamentale complicità tra anarchia e potere. Il potere e l’anarchia dovrebbero essere nemici irriducibili, radicalmente alternativi: eppure non c’è niente di più anarchico del potere. La vera anarchia è quella del potere, i veri anarchici sono coloro che detengono un potere assoluto e dunque si sentono autorizzati a fare ciò che vogliono delle persone che sono loro sottoposte. I veri nichilisti sono i grandi capitalisti, che non credono a niente tranne il profitto. In Contro il Giorno non manca il solito superbad capitalista, tipico dei romanzi di Pynchon, che calpesta tranquillamente i cadaveri dei suoi dipendenti, sarebbe a dire il magnate Scarsdale Vibe, proprietario delle miniere d’argento a Telluride, in Colorado, parente del Gabriel Ice di Bleeding Edge, del Mickey Wolfmann di Inherent Vice o del Pierce Inverarity de L’Incanto del Lotto 49.

A tre-quarti del Libro appare un evento che ha sconvolto il mondo, proprio come l’11 Settembre: l’evento di Tunguska, in Siberia, nel 1908. Questo evento, come spesso accade in Pynchon, è un momento che irrompe nella Storia, un evento improvviso che cambia la Storia, provoca una rilettura di tutti gli eventi che lo hanno preceduto, ci consente di rileggere tutti gli eventi precedenti alla sua luce, e dunque segna un cambio di paradigma. È un evento che agisce nella quarta dimensione, la dimensione del tempo e dunque cambia tutto, cambia il nostro modo di concepire gli eventi successivi ma anche gli eventi precedenti. Proprio come l’evento di Tunguska, l’11 Settembre ci costringe a scrivere la Storia del Ventunesimo secolo in modo diverso da come avremmo voluto, ma soprattutto ci costringe a riscrivere tutta la storia del Ventesimo secolo.

Questo nuovo paradigma politico-filosofico, che è ancora parte del nostro bagaglio culturale, fu introdotto, sembra suggerire Pynchon, durante alcuni periodi di crisi che hanno caratterizzato la civiltà occidentale, come quello sperimentato alla fine del diciannovesimo secolo.

Il potere assoluto si afferma tramite la deumanizzazione degli esseri umani, la loro trasformazione in una sorta di bambole o meccanismi, in bambole del sesso che si possono tormentare e stuprare a proprio piacimento. Questa trasformazione degli esseri umani in macchine, in meccanismi, è quello stesso impulso che è alla base dello straordinario progresso scientifico e tecnologico tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento che ha dato forma alla nostra contemporanea civiltà occidentale. Questa riduzione ha portato da una parte ai campi di concentramento e alle “fabbriche della morte”, dall’altra agli straordinari sviluppi dell’automazione e della robotica, alla costruzione di macchine che cominciano ad avere reazioni umane, e a uomini in carne e ossa che invece si comportano come degli automi. Alla base di questo progetto scientifico – ci dice Pynchon – c’è fondamentalmente un impulso anarchico: i grandi scienziati, i grandi inventori, i grandi magnati delle corporations, sono tutti individui che si sono svincolati dalle credenze comunemente accettate e si sono eretti a giudici assoluti della realtà e delle vite degli altri, senza farsi alcuno scrupolo nella loro costante ricerca del sapere oppure del potere e di nuovi illimitati guadagni. L’anarchia e il potere convergono su questo obiettivo comune: distruggere l’umanità.

Ma cosa c’entra l’anarchia con il Vettorismo, cioè la teoria dei vettori che ci indica non solo l’intensità della forza, ma anche la direzione verso cui la forza è indirizzata, un altro dei sottotesti della complicatissima trama del romanzo? La spiegazione è, in fondo, abbastanza semplice. L’intento degli anarchici è proprio quello di intervenire nella storia con una forza vettoriale: non è un caso che nei simboli di alcune formazioni anarchiche le frecce abbondino, frecce dirette contro un bersaglio ben preciso, mentre invece l’anarchia del potere mira a cambiare la Storia agendo nella quarta dimensione, la dimensione dello spaziotempo, introducendo quella che il critico David Auerbach definisce come una “decoerenza quantistica”, un concetto che rappresenta una novità assoluta per quanto riguarda un’opera letteraria. Ecco, Contro il Giorno è anche questo: un romanzo quantistico, nel quale non si capisce bene quali siano le cause e quali siano gli effetti, nel quale ci sono eventi estremamente luminosi che però assorbono tutta la luce proprio come un buco nero (Tunguska), nel quale ci sono personaggi speculari (i due scienziati rivali, il Professor Renfrew e il Professor Werfner) che si trovano contemporaneamente in due posti diversi e si influenzano a vicenda a distanza di migliaia di chilometri, proprio come le particelle nella fisica quantistica (oppure è la stessa particella-personaggio presente contemporaneamente in due luoghi differenti?), nel quale alcuni eventi accadono simultaneamente e non si riesce a capire bene quale sia la causa e quale l’effetto.

Un’altra connessione tra anarchia e potere è che l’anarchia rafforza il potere. Il terrore prodotto dalle esplosioni degli anarchici genera nella popolazione una reazione che prepara la strada al rafforzamento e alla restaurazione dell’Ordine costituito. La destabilizzazione del potere porta paradossalmente a un rafforzamento del potere. Ecco perché l’anarchia e il potere sono due facce della stessa medaglia: la trama apparente-mente complicata e contraddittoria di Contro il Giorno si rivela essere l’ennesima versione della vecchia prescrizione esoterico-massonica Ordo ab Chao, Ordine dal Caos, sarebbe a dire un tentativo di dare forma, promuovendo il Caos, “all’immenso panorama di futilità e anarchia che è il mondo contemporaneo” (come scritto da T.S. Eliot nel saggio su L’Ulisse di Joyce) al fine di consolidare e rafforzare il proprio potere. Dalle bombe degli anarchici (o presunte tali), e dalle guerre costruite a tavolino, è nato il Nuovo Ordine Mondiale. Ecco perché ci sono Stati nazionali che promuovono la Guerra e il Terrorismo, finanziano e favoriscono proprio coloro che in teoria dovrebbero essere i suoi più acerrimi nemici. I tutori dell’Ordine sono i promotori e gli agenti del Caos. Come ci ricorda Pynchon ad un certo punto del Libro, il Gas è quella sostanza in cui le particelle si muovono in modo anarchico – dunque è impossibile dargli una forma e una direzione precisa – eppure possiede un potenziale energetico enorme. Il gas può illuminare le nostre case e le nostre città, come accadde con l’acetilene alla fine dell’Ottocento, e può anche diventare un sistema di comunicazione estremamente sofisticato, come ci spiega uno dei protagonisti del romanzo. Luce dalle Tenebre, Ex Tenebris Lux, come direbbero i massoni, e questo romanzo di Pynchon fa la stessa cosa. Estrae delle scintille di Luce dalle tenebre e ce le mostra. Sta a noi saperle trovare tra le centinaia di pagine che costituiscono il romanzo.

A un certo punto della complicatissima trama di Contro il Giorno si comincia ad intrecciare la storia di questi anarchici americani (i fratelli Traverse) con la sopravvivenza di antiche tradizioni pitagoriche ed esoteriche, e qui sorge un altro dilemma: cosa c’entra l’anarchia con la dottrina pitagorica? Eppure una connessione c’è: queste cellule di pitagorici, questi piccoli gruppi eretici, seguaci di dottrine che si opponevano alle convenzioni e al senso comune dell’epoca, rappresentavano una opposizione radicale rispetto alle concezioni della loro epoca, rappresentavano un rifiuto e un distacco totale dal mondo, in qualche modo paragonabile alla negazione radicale del mondo borghese da parte degli anarchici. Non è un mistero che esiste tutto un filone di storiografia che ricollega i gruppi terroristici radicali nati tra la fine del Diciannovesimo e l’inizio del Ventesimo secolo ad alcune correnti religiose radicali che si svilupparono fin dal 1500 in Europa come, per esempio, l’eresia degli anabattisti di Johan van Leyden, Giovanni di Leida, che secondo questa interpretazione sarebbe l’antenato degli anarchici e dei terroristi odierni. Pynchon sembra riprendere questo filone storiografico quando accosta i complotti anarchici al Grande Gioco delle spie e alla persistenza di questo pensiero antinomico anche nella nostra epoca, come dimostra la conversione finale della spia omosessuale Cyprian Latewood, che, dopo essere sprofondato negli abissi delle peggiori perversioni sessuali, si converte al monachesimo bulgaro profondamente intriso di elementi eretici provenienti dall’antica setta cristiano-gnostica dei bogomili, praticamente degli anarchici ante-littteram. Proprio Cyprian è protagonista, nella parte finale del romanzo, di quella che secondo noi è una delle scene di sesso più perturbanti della storia della letteratura, una scena di sesso a tre in cui l’atto sessuale prescinde completamente dalla penetrazione, e nella quale Cyprian si fa vettore e contenitore delle scintille di luce (lo sperma, come era concepito anche da alcune sette gnostiche) nel vaso alchemico rappresentato dall’utero di Yashmeen Halfcourt, la protagonoista femminile del romanzo, che in questo modo si trasforma in un semplice contenitore passivo dello sperma del cowboy Reef Traverse senza partecipare all’atto sessuale vero e proprio. Eppure Yashmeen non è affatto un soggetto passivo: è lei che orchestra tutto il meccanismo di questa scena, è lei l’ideatrice e l’esecutrice di questa macchinazione che mira a procreare un bambino (anzi una bambina) senza che ci sia una interazione sessuale vera e propria tra chi ha prodotto lo sperma e chi lo ha ricevuto. È un atto sessuale che secondo noi ha un profondo significato alchemico: la scintille di luce vengono introdotte nell’utero umido e oscuro e lì produrranno una nuova vita, tramite una sessualità che appare totalmente svincolata rispetto ai canoni delle convenzioni borghesi sulla sessualità e sulla procreazione.

Il sesso come forma di liberazione… ma non l’avevamo già sentita da qualche parte? Ancora una volta, come in Vineland, Pynchon riproprone alcuni dei principi ideali affermati dal movimento Hippy degli anni Sessanta sotto una nuova luce, dimostrando come quegli ideali non sono nati all’improvviso dal nulla, ma sono il frutto di una lunga opera di “sregolamento di tutti i sensi” che può portare ad una superiore consapevolezza e ad un superamento delle convenzioni borghesi relative alla politica e al sesso.

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