“Il giorno che dirò ti amo a un uomo, mi suiciderò, dice lei, con la risata in salita.” Lei è Eva, protagonista con Sad, Clélio e Savita del libro di Ananda Devi vincitore nel 2006 del Premio dei cinque continenti della francofonia per il miglior romanzo dell’anno in lingua francese. Utopia si propone di pubblicare nel proprio catalogo le opere della scrittrice, tra le più prolifiche e acclamate autrici africane contemporanee.
Eva è mauriziana, ha diciassette anni e vive in uno dei quartieri più poveri e malfamati di Port Louis, Troumaron, “la trincea estrema”, dove “ci si costruisce un’identità per difetto: quella di non appartenenti”. Nelle strade di Troumaron Eva impara a usare il proprio corpo – un corpo fragile, minuto, da bambina – come mezzo per procurarsi ciò che le serve, piccoli oggetti di uso quotidiano ottenuti in cambio di pezzi di sé. Sad la osserva e la ama da lontano di un amore bruciante e rispettoso; Savita, l’amica che è come e più di una sorella, la accoglie senza domande né riserve; e poi c’è Clélio, il rabbioso Clélio che entra ed esce di prigione in attesa che il fratello emigrato in Francia torni a prenderlo.
Ognuna delle quattro voci che costituiscono il romanzo ha la propria forte identità, diversa dalle altre per stile e punto di vista sulla narrazione, tanto che gli eventi stessi non seguono un ritmo lineare, ma emergono disomogenei attraverso le sfaccettature che ciascun protagonista porta all’attenzione del lettore. Quattro voci, quattro narrazioni differenti che mantengono tuttavia un’unità profonda, l’unità dell’umanità di fronte al bivio tra la vita e l’abisso, che l’autrice riesce a convogliare in una prosa dall’eleganza quasi stridente rispetto ai fatti – raccontati, ricordati o evocati – che sanno di lacerazione, povertà, abusi e morte. Nel romanzo corale di Ananda Devi la crudezza della narrazione incontra la poesia che si cela in un linguaggio inaspettato, al contempo corporeo e cristallino, capace di far emergere la complessità delle identità dei personaggi, tramite i quali il lettore occidentale potrà accedere a un mondo che gli è per lo più sconosciuto, l’altra faccia del paradiso turistico dell’isola di Mauritius.
Un crimine efferato quanto insensato si inserisce come un evento stravolgente nelle vite difficili, immerse nella violenza e nell’abbandono dei quattro ragazzi; eppure, allo sguardo del mondo, il delitto risulta crudelmente prevedibile nel contesto in cui si situa – “gli stereotipi sono fatti per noi: rientriamo in tutti. Siamo dei campioni” afferma Sad, che li combatte a colpi di ribellione e poesia. Le frasi di Baudelaire incise sui muri scrostati del suo palazzo fatiscente diventano allora l’emblema doloroso del romanzo, il tentativo inconsapevole dei bann Troumaron (“i Troumaron”) di sfuggire attraverso la bellezza a un destino segnato fin dalla nascita, di rifiutare l’appartenenza a un luogo che avvertono come sbagliato e che tuttavia sentono proprio fin nelle viscere: un luogo che li identifica e li ingabbia, dove tutto è estremo, la povertà e i sentimenti, lo squallore e la voglia di rivalsa.
Eva dalle sue rovine è una lettura superba e dolorosa, di un’intensità bruciante come i corpi adolescenti dei protagonisti che ardono d’amore, desiderio, vendetta, rabbia, vergogna. Non c’è redenzione né riscatto per loro. Ananda Devi sprofonda i suoi personaggi negli abissi più bui della violenza, dell’odio e della desolazione, attraverso una lingua melodica e a tratti onirica, che sa evocare la miseria e la ferocia quanto l’amore e l’inestinguibile tensione dell’uomo verso l’alto, il bello, la giustizia: non c’è salvezza per i ragazzi di Troumaron, ma ad attenderli c’è – può ancora esserci – la vita.