La Lincoln Highway che dà il titolo al nuovo romanzo di Amor Towles, già autore, tra gli altri, del fortunato Un gentiluomo a Mosca, è molto più di un’autostrada: è un simbolo, una promessa, un’illusione.
Quando Emmett, in un giorno d’estate del 1954, esce dal riformatorio di Salina, nel Kansas, e ritorna a casa nel Nebraska, sa che ad aspettarlo ci sarà il direttore della banca venuto a informarlo che, alla morte del padre, la fattoria è stata pignorata. Ha così inizio l’avventura che porterà il ragazzo, insieme al fratellino Billy e a due ospiti a sorpresa – Duchessa e Woolly, scappati di nascosto da Salina e intenzionati a recuperare il fondo fiduciario di Woolly – in viaggio lungo l’arteria d’America che da New York porta a San Francisco, a bordo dell’amata Studebaker azzurra, in direzione California, dove il 4 luglio Billy è misteriosamente certo di ritrovare la madre andata via di casa molti anni prima.
Lincoln Highway è un romanzo di formazione che riunisce tutti gli ingredienti tipici del genere, in versione americana: il viaggio, gli ostacoli, il grande sogno, la famiglia, gli amici, i valori a cui aggrapparsi e i vincoli sociali a cui ribellarsi. Il risultato è una felice mescolanza di voci e caratteri a cui il lettore si affeziona presto e volentieri, nonostante alcune rare parti più prevedibili che qua e là spezzano il ritmo di un romanzo per il resto assolutamente godibile e che, anche nelle parti più cupe che non mancheranno di sorprendere e commuovere, resta un inno all’ottimismo, alla giovinezza e al potere dell’immaginazione.
La scrittura limpida e rotonda di Towles tesse una trama ricca di avvenimenti, tuffi nel passato e proiezioni nel futuro che delineano, dalla superficie dell’apparenza fino all’intimità dei sentimenti, personaggi dai caratteri al contempo sfaccettati e tipici, capaci di narrare vicende individuali avventurose e appassionanti e, insieme, di abbozzare i tratti di una storia universale che riguarda il passaggio – reale e metaforico – dell’uomo dall’età dell’adolescenza alla vita adulta. Un percorso tortuoso e per nulla indolore, che i quattro protagonisti sosterranno ognuno a modo suo, incarnando i diversi atteggiamenti di chi si trova a fronteggiare la vita senza un manuale d’istruzioni: chi sicuro di sé, chi stralunato, chi con fiducia cieca nel domani, chi con senso pratico. Accanto a loro, sfilano personaggi variopinti e picareschi (l’indimenticabile Ulysses, condannato a vagare alla ricerca della moglie e del figlio come l’eroe omerico da cui non sa di prendere il nome, o il meschino Pastore John, la rappresentazione stessa delle bassezze a cui può arrivare un uomo in preda alla disperazione) i quali, insieme alle descrizioni degli spazi sconfinati, delle cittadine di provincia, degli immensi edifici di Manhattan (così “terribilmente permanente” e “zeppa di aspettative”) contribuiscono a questo grande spaccato – un po’ nostalgico – d’America, tra fattorie e vaudeville, ferrovie e grattacieli, che è l’opera di Towles.
Un libro di oltre 600 pagine che si legge d’un fiato, proprio come d’un fiato si pronuncia il conto alla rovescia – di cui si scoprirà la tragica portata solo nel finale – che scandisce le parti del romanzo, mentre ogni capitolo porta il nome del protagonista che offre il suo punto di vista sulle vicende narrate. Particolarmente efficace la scelta di raccontare in terza persona i capitoli di Emmett, il protagonista “buono”, e in prima persona i capitoli dell’inaffidabile Duchessa, instaurando così uno stretto legame, una sorta di patto segreto tra il più difficile dei protagonisti e il lettore, che non potrà fare a meno di partecipare emotivamente alle disavventure subìte e provocate dal ragazzo.
Towles si conferma ancora una volta all’altezza delle aspettative con un’opera magistralmente costruita in ogni piccolo dettaglio, dai dialoghi serrati alle citazioni popolari, che connotano un’epoca e un luogo che sono parte dell’immaginario di tutta la letteratura occidentale e fanno di Lincoln Highway un romanzo contemporaneo che ha in sé il fascino della leggenda.