“Il capitale è lavoro morto che si rianima, a guisa di vampiro, solo assorbendo lavoro vivo; e tanto più esso vive, quanto più ne succhia.”
Karl Marx VI capitolo inedito de “Il capitale”
La metafora è facile e pregnante. Anche a conoscere Marx solo per sentito dire, è – diciamo – letteralmente inscritta nel corpo di milioni di sfruttati che alzando i pugni al cielo o chinando il capo (per usare espressioni classiche) si sentono divorare e succhiare il sangue da mostri identificati via via nei padroni più o meno grandi e potenti, o da macchine e sistemi senza volti.
Si può quindi dire che Luca Cangianti l’ha fatta facile. Aveva già la storia sotto mano e gli è bastato scriverla. Vero. Ma l’ha scritta per primo e questo è già un punto in suo onore.
Altri studi e saggi – compreso “FantaMarx” di Cangianti stesso – sono stati scritti sull’argomento collegando la legge del plusvalore assoluto o relativo al vampirismo. Sangue e plusvalore unisce assieme una sicura conoscenza dell’opera di Marx e un gusto preciso per il romanzo horror; il risultato è un libro che non solo si legge con grande divertimento ma anche, contemporaneamente, come “una geniale introduzione al pensiero di Karl Marx” (Valerio Evangelisti)
Di Marx – oltretutto – esce un ritratto molto vivace. Un uomo esule a Londra, dove rimarrà notoriamente fino alla morte, sconfitto dal pasticcio delle rivoluzioni del 1848, con i suoi strascichi di rivalse nel gruppo di rifugiati, le diverse interpretazioni sulla sconfitta e le diverse ipotesi sul che fare. E ancora, lo studioso alle prese con il rompicapo di una vita, con quel Libro che nelle intenzioni più intime dovrebbe fornire agli sfruttati gli strumenti analitici per comprendere la natura di vampiro del capitale sul piano della scienza e batterlo su quello della pratica rivoluzionaria. Marx si dibatte fra la depressione e la consapevolezza del proprio valore intellettuale. Un uomo che non ha paura di essere grossolano nelle battute ma riservato negli affetti e nei sensi di colpa rispetto alla famiglia trascinata nel suo esilio miserevole. Capace comunque di voler un tantino bene al suo compagno di avventure – il giovane assistente Daniel Pieper, unico personaggio inventato da Cangianti – che guarda con lo stesso affetto riservato alle figlie e al piccolo Edgard morto di stenti pochi anni prima.
Un romanzo horror dà corpo e realtà materiale alle metafore e alle paure e quindi la trama è facile anche perché segue con leggerezza e precisione i luoghi topici del vampirismo. In particolare si rifà a Bram Stoker e il suo Dracula – che Marx non poteva conoscere per sfasatura temporale, ma Cangianti gli infila in libreria Varney il Vampiro, un pulp o meglio un penny dreadfull uscito a Londra nel 1845 che già contiene molti elementi della figura del vampiro così come la conosciamo.
La lotta si svolgerà fra gli intrepidi Daniel Pieper e Karl Marx, e il grande industriale/vampiro Constantin del quale basti sapere che a sua volta ha succhiato il sapere di Marx – che chiosa con arguzia – per emanciparsi dai lacci medioevali e dalla violenza plateale dell’arretrata Transilvania ed essere così up to date nella Londra delle grandi fabbriche di plusvalore e delle rotte internazionali dei commerci, dove lo sfruttamento dei corpi altrui avviene con modalità inedite. Il tutto ovviamente in salsa operaia, perché sono loro, gli operai, a essere fagocitati (in questo caso letteralmente) dal capitale in una mutua crescita reciproca. Al lettore scoprire chi alla fine riuscirà a spuntarla, per quanto riguarda noi, chi vivrà vedrà.
Torniamo al Libro che Marx sta scrivendo nel 1858, anno in cui è ambientato il romanzo. Non si tratta, come si potrebbe pensare, di Das Kapital che vedrà la luce nove anni dopo, ma di quello che è universalmente conosciuto come i Grundrisse, testo più informe ma per molti versi più ricco e problematico dell’opera matura. Libro che permette a Cangianti una maggior finezza nel suo lavoro.
Constatin, anzi, mostra di saper fare una lettura dei testi di Marx più audace dell’autore stesso, là dove risponde alle contumelie del tedesco che gli intima di tornare nel suo Paese di alieni, dicendo: “è questo il mio pianeta; sono terrestre come voi e forse più di voi. Posseggo solo una biologia diversa che ho saputo adeguare (…)”.
Ma il lavoro morto accumulato che fronteggia come un moloch il lavoro vivo diventa autonomo anche dal capitalista/vampiro Constantin e “a Marx era ormai chiaro che quelle non erano più macchine singole, ma membra assassine di un nuovo mostro che acquistava forza nutrendosi di carne e sangue umano”. Be’, pensiamo ai social, i più pervasivi estrattori di valore, competenze, saperi e affetti, universalmente diffusi come i capillari periferici di un grande corpo che tutta la ricchezza riconduce al centro. Qualità umane di cui letteralmente si nutre e di cui è costituito. E riproduttori di umanità radicalmente cambiata nelle sue relazioni e interazioni con la realtà che a sua volta è un ibrido di reale e virtuale. Una realtà inedita mai comparsa prima sulla faccia della terra.
Quindi i mostri producono i mostri. Ma che ne è di questi mostri se si ribellano al proprio stato e ai propri creatori? Senza addentrarci in troppo dotte eziologie, i mostri sono dei prodigi, dei portenti fuori dall’ordinario. E come tali si comportano portando scompiglio e sparigliando le carte. Ora, qual è il primo essere “mostruoso”, “semiumano” che per millenni non è stato neanche dotato di un’anima, se non la donna?
Se ne accorge Constantin che con rabbia amara constata di aver permesso a Lucy Campbell di rinascere come vampira per un residuo “dell’annoiata onnipotenza” della precedente vita in Transilvania. Lucy, lungi dall’essere una creatura devota e grata, si mostra fin da subito “entusiasta della sua nuova biologia” accarezza e studia “il suo corpo come ne prendesse possesso per la prima volta”, conducendo una vita sessuale libera e dettata dal puro desiderio. Per non dire che “la rinascita vampirica le ha definitivamente reso chiaro che le donne (..) fungono esclusivamente da “uteri per la fabbricazione a basso costo di braccia da lavoro” ed è un destino a cui proprio non vuole sottomettersi.
Anche Daniel Pieper viene investito e squassato da Lucy Campbell che con la propria libertà e audacia lo rivela a se stesso lasciandolo a chiedersi se ci si può innamorare di un vampiro.
Stranamente – o forse no – Marx non ha argomenti o riflessioni in proposito. Si limita a dispiacersi per la perdita subita da Daniel e cosa pensi della figura mostruosa e potenzialmente libera di Lucy e delle donne non è dato sapere.
Luca Cangianti, “FantaMarx. Critica dell’economia immaginaria” in AA.VV., Immaginari alterati, Mimesis, 2018