Amare gli UFO, amare Furio Jesi

Il 1978 è l’anno del “caso Moro” ma anche quello degli avvistamenti UFO record in Italia. Ufo 78, nuovo romanzo di Wu Ming "che senza Peter Kolosimo non sarebbe stato immaginato", guarda agli anni '70 attraverso la densa cortina mito-politica che abbraccia (tra le altre cose) fanta-archeologia, ufologia radicale, antropologie del reincanto e ambigue utopie fantascientifiche.

Più che Esterno notte, extraterrestri e notte della Repubblica. Probabilmente si può condensare in questa battuta una parte, almeno, della descrizione di Ufo 78, l’ultimo romanzo di Wu Ming (Einaudi, pp. 520, euro 19,95 stampa, euro 9,99 epub), in cui il sequestro e l’assassinio di Aldo Moro si confermano una volta di più narrazione per eccellenza della letteratura e del cinema italiano degli ultimi anni. In realtà – oltre a un’espressione come “notte della Repubblica”, che ricorda certamente il giornalismo alla Sergio Zavoli, ma che, con ogni probabilità, non appartiene alla lingua del collettivo autoriale – Ufo 78 è molto altro, ed è proprio grazie alla sua stratificazione tematica che il romanzo riesce a fornire prospettive nuove su uno degli eventi traumatici e (non) fondativi della storia politica e culturale italiana.

Gli extraterrestri, per dire, hanno grande rilevanza, e ancor più degli abitanti di altri pianeti e galassie – in realtà assenti, nel libro – sono importanti gli UFO, in quanto “oggetti volanti non identificati”. Come si legge nella quarta di copertina, infatti, il 1978 non è stato soltanto l’anno del “caso Moro”, ma anche la stagione della “Grande Ondata” di avvistamenti UFO in Italia, analogamente a quanto è poi successo, in tempi più recenti, nel 2020, anno del primo confinamento pandemico. Due momenti di grande incertezza e instabilità, nei quali una risposta comune e, malgrado o forse proprio in virtù dello scetticismo a tal proposito, logicamente prevedibile è stata quella di alzare gli occhi verso il cielo: di questo, una traccia diversa, ma del tutto complementare, si trova nel breve saggio di Wolf Bukowski, Perché non si vedono più le stelle, letto sempre per PULP qualche tempo fa.

Se si ha la costanza di seguire o la pazienza di tornare a scorrere gli articoli di Giap – da molti anni, imprescindibile complemento transmediale della produzione narrativa e saggistica di Wu Ming – si capirà meglio un altro passaggio, accennato soltanto brevemente nel libro, ma che ne è struttura portante: un’altra motivazione forte di questa scelta tematica e narrativa è il fatto che gli OVNI siano Oggetti Volanti Non Identificati; tirandoli in ballo, si oppone la loro non identificazione alle prassi di identificazione che, com’è noto, sono state messe in atto come politica di gestione della crisi in epoca pandemica.

Oltre a questo, la non identificazione rinvia anche alla definizione teorica di “New Italian Epic” – sulla quale il collettivo ha lavorato circa quindici anni fa, pervenendo a una “pubblicazione 2.0” rispetto al dibattito precedentemente sviluppatosi in rete e fuori dalla rete (Wu Ming, New Italian Epic. Letteratura, sguardo obliquo, ritorno al futuro, Einaudi, 2008) – e riporta l’anomalia direttamente a livello formale all’interno degli stessi romanzi di Wu Ming, così come di una buona parte della narrativa italiana a partire dagli anni Novanta del secolo scorso (definizione che ora approda agli anni Venti di questo secolo, senza molti scossoni, e con la riproduzione – in Ufo 78 – dei molti stilemi che, paradossalmente, e pur prendendo per buoni molti degli assunti del dibattito-NIE, rendono una scrittura come quella di Wu Ming chiaramente riconoscibile.)

In questo contesto, però, la questione tematica degli Ufo ha anche una valenza più tipica degli ultimi anni di produzione e dibattito culturale di riferimento: è noto come la storia dell’ufologia, a livello transnazionale, e soprattutto negli Stati Uniti, sia collegata a un certo ordine della fantasia complottista, già analizzata da Wu Ming 1 in Q di Qomplotto (Alegre, 2021, recensito qui per PULP) secondo motivazioni ben lontane dal puro e semplice – e non di rado altrettanto ideologico e inefficace – debunking. Ora, in Ufo 78 la questione è riproposta attraverso un’interessante e stuzzicante alternanza tra “ufologia” e “ufofilia”, e cioè tra un approccio sistematico alla questione degli UFO, che non manca di avere addentellati scientifici, e una passione per il tema che è rappresentata come la parte intellettualmente più aperta e disinvolta del dibattito, verso la quale sono inevitabilmente indirizzate anche le simpatie di chi legge. Rifuggendo ogni schematismo ideologico, non si tratta di due attitudini completamente contrapposte – né, come si è accennato, l’ufologia è davvero lontana dall’approccio scientifico di matrice positivista – e tra le varie possibili mediazioni offerte da Ufo 78 c’è quella fornita da un personaggio, una “antropologa della prossimità” che conduce le proprie ricerche sulla comunità ufologica italiana degli anni Settanta. Come non pensare allora a un testo come Favole del reincanto. Molteplicità, immaginario, rivoluzione (Derive Approdi, 2020) dell’antropologa Stefania Consigliere, che tanta parte ha avuto e ha nell’orientamento politico e culturale del collettivo Wu Ming degli ultimi anni? L’ufofilia si presenta, in questo senso, come una sorta di “reincanto” che si contrappone alle fantasie di complotto non sulla base apparentemente razionalista e in realtà altrettanto ideologica della “demistificazione” – o, appunto, del più semplice debunking – ma su quella di un nuovo incanto, la cui presa sull’immaginario possa essere altrettanto forte rispetto a quella del complotto. Ma c’è di più.

Come ricorda l’apparato paratestuale finale – sempre prezioso, nella produzione narrativa di Wu Ming, per aprire nuovi percorsi di senso, poi amplificati, ad esempio, attraverso gli articoli di Giap – “amare gli Ufo” è stata anche una posizione tipicamente comunista. Le prime tre “Riconoscenze” espresse da Wu Ming, infatti, vanno ad Antonio Caronia, “per tutte le ambigue utopie” dell’omonimo collettivo e rivista, nato nel 1977; a Valerio Evangelisti, “per l’amicizia e per aver aperto sentieri” (che sta ora a chi resta, dopo la morte nell’aprile di quest’anno, di portare avanti e non richiudere), e soprattutto, ai fini di questa lettura, di Peter Kolosimo (1922-1984), “perché senza di lui questo romanzo non sarebbe stato immaginato”.

Kolosimo è il fratello maggiore di un personaggio fondamentale di Ufo 78, lo scrittore Martin Zanka: di quest’ultimo viene riportata un’ampia bibliografia nell’apparato finale che, però, oscilla anch’essa – come ogni azione di “demistificazione della demistificazione” che si rispetti – tra realtà documentaria e finzione letteraria; si dica di Kolosimo, allora, ossia di un autore di fantascienza (o meglio, di “fanta-archeologia”) che ha raggiunto livelli di popolarità e diffusione molto alti tra gli anni Settanta e Ottanta. Dato, però, cui non ha fatto seguito – prevedibilmente, di nuovo, in funzione del tradizionale rigetto della “letteratura di genere” nel dibattito culturale “alto” – un interesse critico e teorico duraturo.

La rifioritura di tale interesse negli ultimi anni non è stata trainata tanto dalla ripubblicazione dell’opera di Kolosimo per Mursia; come ha osservato Matteo De Giuli, sottolineando, peraltro, l’innegabile carattere feticistico che assume la letteratura di genere, “a partire dal 2004 Mursia ha ripubblicato parte delle sue opere, ma le nuove copertine non hanno lo stesso fascino di quelle degli anni Sessanta e Settanta, che invece sembravano illustrazioni di dischi krautrock, e oggi i volumi di Kolosimo si confondono tra i paperback sciatti e cospirazionisti, dozzinali, scritti da decine di suoi eredi”.

Negli ultimi tempi, dunque, Kolosimo è stato oggetto di un recupero più teorico-critico che editoriale, con un atteggiamento più guardingo nell’articolo di De Giuli – che si appoggia molto alla testimonianza diretta del giornalista e divulgatore scientifico Piero Bianucci – e più chiaramente apologetico da parte di Wu Ming. Mentre al primo interessa di più l’immaginario letterario e culturale di Kolosimo – sfiorando i territori della discussione sul “complottismo”, per certe sequele della produzione di Kolosimo, secondo un’accezione che sarà poi lo stesso Wu Ming 1 ad approfondire e a delineare con maggior esattezza, in Q di Qomplotto – a Wu Ming sembra interessare anche l’appartenenza politica dello scrittore. Correndo però il rischio, in questo caso, di investire troppo sulle frequentazioni comuniste di Kolosimo, peraltro attestate e assai corpose, e di far passare in secondo piano la sua adesione giovanile all’esercito nazifascista, durante la seconda guerra mondiale.

In questa intervista per il CISU (Centro Italiano Studi Ufologici), pubblicata nel gennaio di quest’anno, Caterina Kolosimo, moglie, collaboratrice e coautrice di alcuni volumi, cerca di tirare le fila di un passato dai tratti ancora incerti: “Per quanto riguarda la sua visione politica e della vita, sicuramente lui è stato dapprima influenzato dalla madre, a modo suo molto severa. Non so che cosa sia successo in seguito, ma a Bolzano aveva fatto la guerra con i tedeschi e lì ha subito la loro influenza in più di un ambito, non solo quello morale, ma anche per quanto riguarda i temi che avrebbe coltivato. Dobbiamo ricordare che era un ragazzino di diciotto-diciannove anni e l’età offriva terreno fertile a certe suggestioni. A quello che ne so io lui ha sentito parlare in quelle circostanze del superuomo di Nietzsche, delle civiltà antiche con uomini-dei, e sempre in Germania ha sentito parlare delle esperienze sul paranormale; sappiamo che Hitler era affascinato da certe ipotesi, aveva mandato spie nel lontano oriente… Questa esperienza deve averlo influenzato e poi ne deve avere distillato una sua visione della vita con una sua morale di fondo”. Per poi aggiungere: “Lui poi ha cercato anche di riscattarsi dal fatto che aveva operato insieme ai nazisti”.

Dichiarazione, questa, che getta una nuova luce sulla biografia di Kolosimo, questione che non è possibile qui dirimere o determinare, né in una direzione né nell’altra; tuttavia, se presa cum grano salis, può aprire a un’interessante riconsiderazione del pantheon culturale di riferimento dell’autore-Kolosimo, facendo intravvedere – oltre alla nota frequentazione della letteratura sovietica (resa iconica dalla K scelta, per il proprio nom de plume, da Pier Domenico Colosimo) o al fatto, ricordato da De Giuli, che “l’ultimo amuleto” nascosto tra le sue pagine era il fatto di “iniziare ogni libro con una citazione di Pablo Neruda” – riferimenti anche tra autori di fantascienza e fanta-archeologia di orientamento reazionario come Robert Charroux (1909-1978) o nazista tout court come Ivar Lissner (1909-1967).

Non vi è giudizio di valore in questi accenni, ma la consapevolezza che si tratta di un panorama composito; d’altronde la cosiddetta “teoria degli antichi astronauti” e, più in generale, la fanta-archeologia di Kolosimo – tesa a delineare storie alternative, ed extraterrestri, della civiltà umana – può essere descritta con queste parole, tratte sempre dall’articolo di De Giuli: “Vi sono particolari propri ai miti delle più antiche e lontane civiltà, che non permettono di dubitare della loro origine comune”.

Mito appare qui come parola-chiave: i lettori futuri di Kolosimo, nonché di Ufo 78 di Wu Ming, sembrano dover fare i conti non tanto con una derivazione della fanta-archeologia dalla “cultura di destra” del primo Novecento, quanto con il funzionamento più generale di una nuova “macchina mitologica”. Quanto ci manca Furio Jesi, si potrebbe dire, e del resto i Wu Ming – che hanno perorato per molti anni la lettura di Jesi – lo sanno bene: come si legge in un articolo di Enrico Manera pubblicato su Giap nel 2018, “Ogni materiale mitico è frutto di una costruzione ed è politico […] non solo per il contenuto della storia che narra, ma per il fatto che questa narrazione è individuante, performativa e coesiva; è condivisa da un gruppo a cui fornisce prestazioni di identità e di significatività per condizioni politiche, che sono relative al conflitto per la distribuzione del potere e delle risorse o per il controllo materiale o l’egemonia culturale”.

Anche le narrazioni ufologiche, o ufofile, sono state parte di questo conflitto: nel 1978, nel 2020 e ora, con lo sguardo “non identificato” e “reincantato” di Ufo 78, lo sono sempre di più.