Chissà dov’è oggi e cosa pensa della guerra in corso Asmaa Alghoul, protagonista nonché autrice -insieme a Sélim Nassib – di La ribelle di Gaza, libro uscito nel 2016. Ho provato a fare una ricerca in rete e sui social ma non ho trovato praticamente nulla di una ragazza (adesso donna di più di 40 anni) che – a leggere il libro – fin da giovanissima è stata attivista, autrice, giornalista, e blogger con uso continuativo dei social. Oltre a essere impertinente (a volte addirittura incauta), piena di spavaldo coraggio, di amore sconfinato per Gaza e per il babbo, figura molto affettuosa e rispettosa che le trasmette amore per la lettura, sicurezza e autonomia. Nella biblioteca del papà anche Lolita di Nabokov!
La realizzazione di questo ‘romanzo giornalistico’ è stata laboriosa: i due autori si vedevano quando e dove potevano fuori da Gaza – con confini che diventavano sempre più invalicabili man mano che crescevano l’influenza di Hamas e le restrizioni di Israele – parlavano in arabo e lui trascriveva in francese per poi rivedere il tutto.
La voce di Sélim Nassib nel libro si eclissa completamente, mentre quella di Asmaa Alghoul esce in modo dirompente e la sua figura sembra travalicare la biografia per dipingere quasi una donna ideale. Malgrado Asmaa viva a Gaza, città folle e sempre ribelle a cui né Israele né Hamas sono riuscite a rubare la vita secondo le sue stesse parole, pare impossibile che una unica donna reale riesca a condurre una vita così intensa e spericolata a cominciare da quando giovanissima scrive e rende pubblica una lettera contro lo zio importante leader di Hamas! Incrocia in prima persona tutte, ma davvero tutte, le personalità (dall’iconico Mahmoud Darwish alla raffinatissima scrittrice Adania Shibli) e tutti i momenti topici della disgraziata storia di Gaza nel periodo attraversato dalla vittoria e dal consolidamento di Hamas, dalle rivoluzioni arabe che hanno toccato di striscio anche Gaza, e naturalmente dalle guerre scatenate da e con Israele, compresa la vicenda del nostro Vittorio Arrigoni ucciso da una banda di islamisti o forse da delinquenti comuni. E trova il tempo per votare e gioire dell’amatissimo cantante pop Mohamed Assaf vincitore di Arab Idol. Insomma Asmaa passa tutto il libro in contrapposizione e a dire “IO!”, “Io ho fatto questo, io ho fatto quello, io ho organizzato…” Mai che sia solidale con le altre donne, che sempre mancano di coraggio e iniziativa! Sempre e solo lei, lei, lei che è la più coraggiosa, impudente, sconsiderata. Insomma la “più”… da qualsiasi parte la si guardi. Ti viene da pensare “ma guarda questa ‘stronza’ chi si crede di essere”. Anche perché a volte fa delle riflessioni proprio ingenue, come quando dice che agli uomini di Hamas e delle brigate al-Qassam “L’unica cosa che gli manca è un buon libro. Di questo ha bisogno Gaza, di questo e nient’altro!” Eppure è proprio questo “parlare” e “fare” senza freni, a volte appunto ingenuo, a rendere il libro vivo: sia la protagonista che gli abitanti di Gaza non sono mai rappresentati come delle vittime, gli stessi orribili uomini di Hamas sono anche delle persone – alcuni simpatici altri meno – al di là dei loro ruoli… Inoltre i poteri – seppur sempre oppressivi per una ragazza come Asmaa – sono in parte bilanciati con la famiglia e i clan…
La ribelle di Gaza è stato scritto nel 2016, ben 8 anni fa, ma potrebbe essere stato scritto oggi. Sebbene oggi il livello di distruzione di Gaza sia più alto, fino a livelli inimmaginabili, anche allora non si scherzava sia sul fronte esterno (siamo, fra le altre guerre, in piena operazione Piombo fuso) sia su quello interno. Il lettore è proprio sconsolato e non può che pensare che da quelle parti si viva in un eterno giorno della marmotta. Anche le considerazioni che Asmaa scrive nell’ultimo capitolo (“Quelli che hanno vinto la guerra”) sono per molti versi le stesse che da diverse parti si fanno oggi. “Chi ha vinto e chi ha perso, in quell’estate del 2014? Hamas ha tirato un sasso contro Israele e Israele ha bruciato Gaza. Ecco com’è andata!” e poi continua dicendo che nessuno dei due ha vinto e che seppure lei ami tantissimo Gaza non starà ad aspettare un’altra guerra perdente contro Israele.
Oggi in piena nuova guerra, le parole e l’esperienza di una donna come Asmaa Alghoul che di tanto in tanto si definisce “liberale” cosa possono dire alle donne e ai civili palestinesi? Le sue distinzioni e critiche precise ad Hamas sono rilevanti per chi sostiene e cerca di dare voce alla “resistenza” palestinese? In particolare mi ha colpito moltissimo quando dice che finita la guerra del 2014: “(…) quando le esplosioni sono cessate ho sentito una mancanza, tutti l’hanno sentita, era terribile. Come esiste un baby blues, una depressione post partum (…), così esiste una depressione postbellica”. Quando all’adrenalina del pericolo succede la calma perché “Dopo non c’è più niente da fare”.
Infine, a proposito dei libri – forse non è così ingenuo quel che dice la nostra protagonista: abbiamo un bisogno disperato di leggere libri in cui si scopre che in tutto il mondo i bambini giocano a “noi e loro” chiunque siano questi “noi” e questi “loro”; a Rafah “noi” sono gli “arabi” e “loro” “gli ebrei”. I maschi facevano gli ebrei che correvano a cercare le femmine – gli arabi – che si nascondevano. Precisa Asmaa che nessuno si chiedeva cosa volesse dire questo gioco: lo facevano e basta perché era molto divertente, come possono confermare tutti gli ex-giocatori di “noi e loro”.