Un’oscura ucronia: Walter Benjamin nel labirinto della lettura

Alex Landragin, Storia di due anime, tr. Claudine Turla, Editrice Nord, pp. 400, euro 18,00 stampa, euro 9,99 ebook

Storia di due anime è il fortunato esordio di Alex Landragin, un autore australiano nato in Francia, ex collaboratore delle guide di viaggio Lonely Planet, che scrive di sé nel suo blog: “Sono uno scrittore che esplora luoghi, migrazioni e il potenziale formale della letteratura”.
Premessa interessante per un autore giovane che ha qualcosa da dire, anche se l’idea più forte di questo romanzo – due percorsi differenti di lettura – a stretto rigore di termini non è un’assoluta novità: il precedente più illustre ha quasi sessant’anni, Rayuela di Julio Cortázar (Einaudi, 2015), libro divenuto oggetto di culto per una generazione di lettori sudamericani.
Appena si sfoglia il volume, salta agli occhi la sua struttura inusuale: in una breve prefazione si racconta di un rilegatore parigino che ha lo stesso nome dell’autore, Alex Landragin, il quale si ritrova senza volerlo in possesso di un manoscritto potenzialmente pericolosissimo, rimasto nelle sue mani dopo la morte violenta della Baronessa, la donna che l’ha incaricato di rilegarlo. Malgrado l’ex proprietaria gli abbia imposto di non leggere il materiale, Landragin si fa tentare dal mistero, scoprendo in questo modo una storia allucinante e incredibile.

Qualche osservazione dopo la lettura, resa rapida da uno  stile scorrevole e da capitoli iniziali abbastanza brevi da incoraggiare a continuare. La cosa più sorprendente è che, nella finzione letteraria, l’intero volume sarebbe il manoscritto che Walter Benjamin portava con sé durante il tentativo di fuga davanti all’avanzata della Wehrmacht in Francia, terminato tragicamente al confine spagnolo con il suicidio del grande pensatore tedesco. Questo manoscritto apocrifo si rivela composto da tre diversi documenti: il primo è un presunto inedito di Charles Baudelaire, “L’educazione di un mostro”, una storia confusa che racconta un periodo particolare nella vita del poeta, e che contiene una quantità di riferimenti “esoterici”; il secondo è un autografo di Benjamin stesso, City of Ghosts (chissà perché, tradotto in italiano diventa “La città fantasma”), una sorta di diario che ha il ritmo e la forma di un thriller, e che racconta gli ultimi mesi di vita del filosofo, la ricerca a Parigi dell’inedito di Baudelaire mentre la situazione militare precipita: c’è un assassino seriale che cava gli occhi alle sue vittime, ma anche la sconfitta militare della Francia, la fuga disperata di Benjamin, tedesco e ebreo, verso il confine spagnolo. La terza parte infine, che occupa oltre metà del volume, è un testo più volte chiamato in causa nei due precedenti manoscritti (e che dovrebbe chiarire i riferimenti di una storia a questo punto della lettura ancora piuttosto oscura): un’avventura fantastica che si dipana attraverso diversi continenti tra il 1791 e il 1940. Il personaggio Landragin, il rilegatore, rivela, dopo averla letta, che “sembrerebbe l’autobiografia di una specie di maga immortale” (“a deathless enchantress”).

Per giustificare l’arcano dei enigmatici tre apocrifi, la cui lettura in sequenza lascia il lettore sollecitato da una quantità di questioni sospese, Landragin propone un secondo percorso di lettura, che “salta” da un capitolo all’altro fra le tre parti, più per contiguità logica che cronologica, ed ecco l’analogia con Rayuela: questa lettura alternativa è più “soddisfacente”, più romanzata, più “drammatizzata”, benché la lettura sequenziale dei manoscritti mantenga un livello più alto di mystery. Io mi sono affidato al percorso tradizionale ma, in questo caso,  attenzione: se volete comprendere fino in fondo la vicenda, al termine della lettura vale la pena di rileggere le pagine da 176 a 179, per non perdere un tassello della storia (SPOILER: tra l’inizio della Seconda Guerra Mondiale e il momento in cui la Baronessa consegna il materiale al rilegatore).

In conclusione una storia, benché non completamente originale, che offre una lettura intrigante, densa di topos e citazioni storico-letterarie, con una ambientazione precisa e suggestiva. La padronanza linguistica di Landragin non è eccezionale, specie quando dovrebbe differenziare i testi dello pseudo Baudelaire e dello pseudo Benjamin, ma il gioco dei rimandi e il percorso guidato tra i manoscritti alla fine funziona, con il risultato di modificare davvero il significato e l’esperienza del lettore. Una sorpresa piacevole in un panorama letterario, il romanzo d’azione, che punta più sul sensazionalismo che sulla sensazione.