Nonostante sia apparso a settembre, dunque a ridosso delle elezioni americane e quindi, specie dopo il risultato di queste, sia inevitabile leggerlo with hindsight, cioè col senno di poi, il ponderoso libro di Alessandro Carrera (450 facciate) non è per nulla un instant book destinato alla vita effimera di un prodotto collegato a un preciso momento storico. Carrera, formazione in filosofia all’Università di Milano e PhD in Music, media and Humanities in Inghilterra, è poeta, romanziere, critico, direttore di una importante rivista letteraria (Gradiva), ma soprattutto vive in Texas da molti anni, dove è direttore del Dipartimento di Lingue Classiche e Moderne all’Università di Houston: da tutto questo si comprende non solo la sua grande competenza, ma anche una capacità di analisi che il libro dimostra a ogni pagina.
Scritto in presa diretta e in un linguaggio brioso, impregnato di attualità e non raramente di sconcerto e sdegno verso un’America al cui orizzonte si stagliava il possibile ritorno di Trump, il libro si chiude appena prima delle elezioni, ma contiene chiavi preziose (analisi, riflessioni ma soprattutto dati e fatti) sull’America, non solo dal punto di vista elettorale e politico. Ciò che emerge da ogni pagina è infatti il ritratto di una nazione che tutti pensiamo di conoscere attraverso la sterminata filmografia e stereotipi profondamente ideologici, ma che ci è invece aliena per molti valori fondamentali, ideologia di fondo e prassi; questo specie da quando il partito repubblicano è caduto nelle mani di multimiliardari, trafficanti di armi, estremisti religiosi e negazionisti vari e la controparte democratica non è stata in grado di proporre candidati vincenti.
Ogni capitolo del libro di Carrera racconta e riflette, anche tramite episodi emblematici e gustosi aneddoti, su caratteristiche e differenze per molti versi sconcertanti, proponendo una galleria di ritratti dei tanti personaggi che stanno determinando nel bene e soprattutto nel male il presente e il futuro degli Stati Uniti (e probabilmente del mondo intero), ma anche commentando le attitudini del “cittadino medio” americano, in preda a quella che Carrera definisce “una cupio dissolvi”.
È impossibile, sulla scorta di informazioni falsate da ogni tipo di bias cognitivo e ideologico, comprendere a fondo la “mentalità americana” – che ovviamente è già in sé una banalizzazione della grande ricchezza e differenza del Paese: un californiano è tanto diverso da un newyorchese quanto San Francisco lo è da New York; per non parlare delle differenze ideologiche fra le varie aree e fra le tante etnie e culture che compongono il melting pot americano e che pare stiano divergendo, più che convergere in una vera unità che non sia quella dell’astratto Sogno Americano da esportazione. Comprendere l’America, oggi più che mai, è comprendere il futuro che ci attende già dietro l’angolo. I vecchi, i giovani e gli strani è libro che dovremmo tutti leggere.